Ognuno di noi ha i propri dischi
preferiti. “Album del cuore”, li chiamano. Hanno un significato speciale,
diverso da tutti gli altri. Talmente importante da considerarli parte
integrante della nostra vita.
Parlo di quei dischi che
conserviamo in un angolino speciale, un posto protetto. E lì, li
custodiamo con gelosia, al riparo, come se avessero il bisogno di essere
accuditi amorevolmente.
Di essi non parliamo volentieri, quasi
a non volerli scomodare. Quasi credendo che il parlarne, magari con chi non li
tiene a cuore come noi, li ferisca. Li possa “deteriorare”. Ogni tanto,
periodicamente, anche se li conosciamo a memoria, sentiamo la necessità di
andare a riascoltarli. Li andiamo a trovare, come si fa con un caro amico col
quale abbiamo bisogno di confidarci. Noi e loro. Senza nessun’altro.
Figuriamoci a parlarne su un
Blog. Improponibile. Non troveremmo le parole. Ci sembrerebbe di sminuirli e
non trasmettere nemmeno l’1% di quello che vorremmo trasmettere.
“Terria” di Devin Townsend, per me, è uno di questi album. E’ per
questo che, nonostante il folle canadese sia stato spesso ospite di Metal
Mirror, non lo è mai stato attraverso “Terria”. Proprio per tutta la sbrodolata
che ho scritto sopra.
Avendo centinaia di dischi da
ascoltare, per passione e per “lavoro”, va da sé che negli ultimi anni sia
andato a “trovarlo” sempre meno. Ma sono riuscito a mitigare questo senso di colpa attraverso un escamotage: ho impostato “Stagnant” (uno dei brani
capolavoro inseriti in “Terria”) come soneria dello smartphone. E questo da quasi quattro anni, dal primo giorno in cui ho avuto il mio primo (e ad oggi unico) “telefono intelligente”. Almeno, ad ogni telefonata
ricevuta, sentivo l’incipit di “Stagnant” con la voce di Devin. Mantenendo
costantemente quindi un legame con “Terria”.
Almeno fino ad oggi. Questo mese
infatti ho deciso di cambiare “Stagnant” (anno nuovo...soneria nuova!) ma ho mantenuto un brano di Townsend,
o per meglio dire della Devin Townsend
Band, come soneria dello smartphone. La scelta è
ricaduta su “Away”, brano strumentale di oltre sette minuti. Non è scopo di
questo post soffermarsi a descrivere questa superba canzone, ma da essa
vogliamo trarre spunto per puntare le luci su “Accelerated Evolution” (2003), per chi scrive il secondo miglior
disco della sterminata discografia di Devin.
L’album (figlio di una gestazione
particolare, posto che è stato concepito e realizzato parallelamente al ritorno
sul mercato discografico degli Strapping Young Lad, che sempre nel 2003
pubblicavano il loro disco omonimo) ha potuto contare ancora sull’onda lunga dell’ispirazione di “Terria”, è un mirabile esempio di quella miscela che solo
Devin sa proporre, costituita da prog/alternative/extreme metal e hard rock. E
senza rinunciare (questo giammai!) al suo unico ed inimitabile wall of sound, creato attraverso le tipiche stratificazioni sonore di tutti gli strumenti.
“Accelerated Evolution” è un
disco bellissimo, compatto, senza cedimenti di sorta sia quando ci propina
delle mazzate nei denti (come nell’opener “Depth charge” o “Random analysis”)
sia quando va a riprendere gli umori intimisti e melanconicamente positivi di
“Terria”: (“Storm”, “Traveller”, “Sunday afternoon” o la conclusiva “Slow me
down”). 54’ che certificano l’esaltante status artistico di Devin a metà anni
duemila. Status che verrà nuovamente confermato due anni da una seconda doppia uscita mica da ridere
griffata SYL/DTB, “Alien”/”Synchestra” (da lì in avanti la qualità delle uscite
scenderà, pur rimanendo più che buona).
Ma tornando ad "Accelerated Evolution": ciò che lo
rende unico, è il fatto che, nel processo di consapevolezza e maturazione, come
uomo e come artista, Devin, ancora più che in “Terria”, dà corpo e vita a un
sound più accessibile, che utilizza maggiormente la forma canzone e le toccanti
e melodiose clean vocals (che già si facevano apprezzare, più centellinate nel
suo illustre predecessore), tanto che, se non suonasse comunque devin townsend
al 100%, potremmo definirlo “commerciale” (con tutte le virgolette del caso).
Se “Terria” si configurava come una
sorta di flusso di coscienza, il prodotto di un’introspezione dove tutto il
vissuto di Devin (che ricordiamo, soffre di disturbo bipolare) sembrava essere
stato sì accettato, ma ancora sotto forma di un magma incandescente che a
tratti sfuggiva al raziocinio dell’artista, “Accelerated Evolution” sta a lì a
dirci che tutte le proprie contraddizioni, oltre ad essere state accettate,
sono state comprese e assimilate. Quel magma si è raffreddato. Lo si può
maneggiare, seppur con grande cura. In definitiva Devin, in “Accelerated Evolution”
(titolo che è già un programma) appare un artista risolto.
E se in giro vi capita di sentire all'improvviso uno sfrigolare di chitarra elettrica, che sprigiona le note magnetiche che vanno a formare la melodia ipnotica di "Away", non vi preoccupate...non è un'allucinazione uditiva ma solo qualcuno che mi sta telefonando...
A cura di Morninrise