Noi di MM, già che ci abbiamo messo quattro post per
introdurre il tema, vogliamo “premiare” chi ci ha letto fin qui. Di solito
abbiamo strutturato le nostre classifiche in una top ten di dischi. Questa
volta invece ci vogliamo superare…preparate il vostro lettore CD/mp3/quel che volete
perché abbiamo pronta per voi una…compilation delle migliori dieci canzoni!
Si…avete capito bene…non album…canzoni!
Più sintetici di così…si muore! Del resto…di death metal
stiamo parlando…
1. MERCILESS - “Pure
hate” da “The awakening” (febbraio 1990)
Parli di Euronymous e pensi alla Norvegia, al Black Metal e…alla
mitica etichetta Deathlike Silence
Production. Ma quanti sanno che il primo disco licenziato dalla DSP, in
appena 1000 copie, non fu un disco di musica estrema norvegese ma il debut dei
grandissimi Merciless, “The awakening”?
I racconti sulla registrazione del disco, fatti dal leader
della band, il bassista Fredrik Karlén,
sono uno spasso, con i membri dei Mayhem che entravano in sala prove a fare
headbanging! Dead parlava a ruota
libera di cose assurde, alto alto coi sui lunghi capelli biondi; mentre gli altri
due, scuri e bassotti, se ne stavano dietro, "che tutti assieme parevano Gandalf con gli hobbit al seguito"! Necrobutcher faceva il
figo, il “sostenuto”, scolandosi litri di whiskey, mentre Øystein beveva coca-cola tutto il tempo e
fantasticava di lunghe tournée nell’Est Europa (salvo poi sputtanare i soldi
che servivano per organizzarla in fuochi pirotecnici e sangue finto per i live
dei Mayhem…).
Ma torniamo alla musica: in un disco che non ha cedimenti
scegliamo l’opener, “Pure hate”, caratterizzata da un mix micidiale di riff
gelidi, rallentamenti e ripartenze mortifere, una voce demoniaca, praticamente
un grugnito blasfemo ma al contempo evocativo, che fa di questa canzone il
miglior biglietto da visita di uno SDM che si stava affrancando dall’eredità
thrash, ancora però ben presente, di Slayer, Destruction e Possessed, per
giungere a qualcosa di altro. Ma non era solo puro odio…quando c’era da
rallentare e farsi evocativi i Merciless sapevano il fatto loro e brani come
“Realm of the dark” e “Dying world” stanno lì a dimostrarlo nella sua
avvolgente bellezza.
2. TIAMAT – “Nocturnal funeral” da “Sumerian Cry” (giugno 1990)
La track n. 02 della nostra ipotetica compilation ci fa
cambiare decisamente registro. Scrivi Tiamat ma leggi Treblinka. Eh si, perché il materiale presente sul debut della band
di Johan Edlund era già stato
composto dalla band madre dei Tiamat: i Treblinka appunto, pioneristica death
metal band che ebbe anche l’onore di essere la prima a registrare ai mitici
Sunlight Studios di Tomas Skogsberg con il loro EP del 1989 “Severe Abominations”.
Difficile scegliere tra i 9 pezzi + intro che compongono il
platter. Alla fine ricadiamo su “Nocturnal Funeral” in quanto
probabilmente la track più cupa e per certi versi disturbante. Nonché per certe
soluzioni intelligenti, che mischiano brutali stacchi death ad assoli
slayerani, parti in mid tempo e vocals cangianti che fanno uso anche di
inquietanti sussurri, e partiture di chitarra in clean nel sottofondo dello
splendido finale.
Sarà il growl profondo di Edlund (che all’epoca si faceva
chiamare con il malevolo nomignolo di Hellslaughter!),
sarà una produzione decisamente perfettibile ma che ne esalta la malvagità,
sarà un’atmosfera “nera”, proto-black più che “mortifera”…sta di fatto che
“Sumerian Cry” (che si fregia di una delle prime copertine di Necrolord) è un
album di grande importanza per lo SDM. Si paga grande tributo ai Celtic Frost
(ma va là…strano!) ma escono prepotentemente le originali idee dei Treblinka,
che si distaccavano proprio per il corpsepaint e la volontà di ammantare il
loro thrash/proto-death, a tratti anche ingenuo e confusionario, da un’aura
decisamente “satanica”. Riuscendoci appieno…
3. UNLEASHED –
“Before the creation of time” da “Where
no life dwells” (maggio 1991)
Licenziato, come già accennato, dai mitici Nihilist, Johnny Hedlund non si perde d’animo e
il giorno dopo l’epurazione forma gli Unleashed. Dopo ben tre promettenti
demos, sui quattro baldi giovani di Stoccolma mettono gli occhi i colossi della
Century Media. Se li portano a
Dortmund e li affidano alle sapienti mani di Waldemar Sorychta. Ed è per questo che WNLD è così diverso dalle
coeve produzioni death svedesi: sound più pulito, chiaro, essenziale.
Sicuramente meno “marcio”.
Ma non si pensi che tutto ciò voglia dire materiale più
rammollito…il disco è una bella mazzata nei denti, un crudo e violentissimo
assalto sonoro. Tutta la critica mette in risalto la conclusiva “Where life
ends”, brano vario, che alterna parti lente a parti iperveloci, con un riffing
oscuro e a tratti profondamente sabbathiano (manco a dirlo…). Ma chi scrive
invece è rimasto più impressionato da “Before the creation of time”, canzone
marchiata da un groove incredibile, parti di blast beat (all’epoca non del
tutto scontato) e un rallentamento doomico a metà davvero riuscito, con linee
melodiche di lead guitar che fanno emergere il brano sul resto della track
list. Qui anche la voce di Hedlund è capace di emozionare non solo col tipico
growl cavernoso e violento, ma con urla in screaming davvero brutali. Proprio
Hedlund e la sua ugola, effettivamente un po’ “legnosa”, costituisce un limite
per WNLD che ad ogni modo entra di diritto nel gotha dello SDM.
4. DISMEMBER – “Override
the overture” da “Like an everflowing stream” (maggio 1991)
Ancora Sunlight Studios, ancora Skogsberg. E ancora i
tedeschi che mettono le mani sull’”oro” svedese. Non è più la Century Media ma
i “gemelli” della Nuclear Blast che
mettono sotto contratto i Dismember di Matti
Kärki e Fred Estby.
LAES potremmo definirlo il “Reign in blood” del death
svedese. 31’ appena per una devastante brutalità trasposta in musica, con brani
diretti quasi in stile punk, tanto da spingerci a dire che questo debut è il
più aggressivo dell’intera scena.
Scegliamo di estrapolare dal full lenght proprio l’opener, in
quanto, assieme alle ottime “Dismembered” e la conclusiva “In death’s sleep”,
costituisce la prova più matura e articolata (non a caso sono le uniche tre
tracce che sforano i 5’ di durata). Il primo mezzo minuto è un’intro
inquietante fatto di pioggia battente, rimbombi e urla (o sirene?) soffocate.
Da lì partono i riffoni grassi, rotondi, già diventati standard come insegnato
dagli Entombed l’anno precedente. Se a tratti i Dismember possono alquanto
apparire “legnosi”, questa canzone è la più piacevole delle eccezioni.
E poi: quanto è bella la cover? Solo per quella il disco è da avere a tutti i costi…
E poi: quanto è bella la cover? Solo per quella il disco è da avere a tutti i costi…
5. GRAVE – “Into the grave” da “Into the grave” (agosto 1991)
Se gli inglesi della Earache Rec. credevano, dopo aver
pubblicato “Left hand path”, di avere mano libera sul mercato death svedese, ebbene
si sbagliavano di grosso. Ancora Century Media a mettere sotto contratto i
campioni Grave, che potremmo definire come svedesi molto…americani! I ragazzi
dell’isola di Gotland non vanno in Germania a registrare come avevano fatto gli
Unleashed, ma, guardalà, si affidano al guru Skogsberg e ai Sunlight e sfornano
“Into the grave”, uno dei più influenti dischi death di sempre. Merito della
verve compositiva di Ola Lindgren e Jörgen Sandström che, chissà, forse proprio per
essere cresciuti su una piccola cittadina fuori dalla terraferma, si
differenziano da tutta la genie di band dell’epoca grazie a un sound ancora più
brutale ed efferato dei loro già violentissimi colleghi. Chitarre tipicamente
“a grattugia” ma ribassate e il growling iper-gutturale, profondissimo e
oscuro, di Sandström donavano al tutto un mood, rispetto a Entombed e Dismember, ancora più
malato e “sporco” nei 42’ di durata. Tra essi andiamo a scegliere la title
track per il suo essere “diversa”, più cadenzata, fortemente doomish. Almeno
nei suoi primi 2’, che di fatto formano una sorta di intro davvero suggestivo.
Perché i restanti due e mezzo tornano a martoriare le orecchie del povero
ascoltatore fino al conclusivo, isterico assolo. E la sensazione di aver davanti
la top song del disco è immediata...
6. CARBONIZED – “Monument” da “For the security” (dicembre 1991)
Se i 31’ dei Dismember vi avevano annichilito, allora accorciate ancora di più i tempi e ascoltatevi 'sta sberla di 28’ dei Carbonized! Superlativo death/grind quello di questa super-band (e ve lo dice uno che non ama il grind!), nati da un’idea del futuro Entombed, Lars Rosenberg, qui anche alla voce (con risultati apprezzabilissimi). Al suo fianco a distruggerci le meningi alle sei corde un certo Christofer Johnsson, futuro deus ex machina dei Therion, autentico mattatore per tutta la durata del platter. Seppur Skogsberg non sia riuscito a maneggiare come in altri casi la materia fumante che aveva tra le mani, la produzione Sunlight è ancora una volta più che valida. In questo magma incandescente, caratterizzato comunque da grandi innesti di stop&go e tecnicismi assortiti (a volte al limite del jazz, come nelle stranianti “Euthanasia” e “Blinded of the veil”), inseriamo nella nostra compilation la conclusiva “Monument” che miscela in modo perfetto furia grind, stacchi jazz/thrash, evoluzioni technical degni dei migliori Voivod e un pizzico di psichedelia (peraltro centellinata più volte lungo l’album). Monumentale…
A cura di Morningrise