4 lug 2023

VIAGGIO NEL DEPRESSIVE BLACK METAL



Tanto per cominciare andate tutti affanculo! Lo so, non è una maniera elegante per iniziare, ma mi pareva il miglior modo per inaugurare una rassegna su un genere indisponente quale è il depressive black metal. Detto questo, poiché sono di indole gentile, mi tocca subito contraddirmi e condividere con voi qualche rudimento metodologico riguardo alla rassegna stessa in uno slancio comunicativo che non sarebbe mai parte della sensibilità di un esponente medio del DBM (uso l'abbreviazione perché è da fighi). 

Dunque, ripartiamo dicendo che questa è la rassegna gemella di quella sul funeral doom, che abbiamo iniziato con una pandemia ed abbiamo concluso nel bel mezzo di un conflitto mondiale. Non c'è molto da ridere di questi tempi e quindi perché non sprofondare ancor di più nel degrado? 

Partiamo da un distinguo importante: anche il funeral doom ci parla di dolore, morte, talvolta di depressione, ma lo fa in modo più distaccato, in un'ottica spersonalizzante, universale, come se a parlarci delle umane afflizioni fosse una voce fuori campo e il focus fosse l'elaborazione di un lutto piuttosto che agonizzare in prima persona. Da un punto di vista strettamente formale, il funeral doom si serve di un sound massimalista, corposo, imponente. È come se quel suono intendesse delineare i contorni di un titano che ha da sostenere sulle proprie spalle il dolore del mondo intero. Vuoi per il pragmatismo ereditato dal death metal, vuoi per la compostezza del doom, vuoi per l'eleganza che deriva dal gothic metal, il funeral doom si rivela essere, a conti fatti, un genere più accomodante di quello che ci si potrebbe aspettare dalle premesse. E quello che più ci ha stupito nel nostro viaggio attraverso 50 dischi circa è stato di esserci imbattuti in un range espressivo che può contemplare discreti margini di variazione stilistica e l'impiego, talvolta, di una strumentazione diversificata con organo, tastiere, orchestrazioni, violino e voci femminili a seconda dei casi. 

Con il DBM le cose si complicano in quanto è un genere ben più minimalista, scarno, avaro nelle soluzioni, volutamente isolazionista e spesso immerso in suoni lo-fi. Qui la sofferenza si fa individuale, si respira una maggiore intimità, l'espressione dell'emotività è più immediata e dunque disturbante. Per certi aspetti il DBM è più vicino alla dimensione del cantautorato che al metal stesso. Se avete avuto un amico depresso, se relazionandovi con lui avete percepito un urticante senso di auto-referenzialità, se, in altre parole, questo amico vi avrà sommerso sotto una valanga di lamentele, sfoghi, invettive, negatività e in cambio avete da esso ricevuto un bel nulla, zero di zero (no interesse nei vostri confronti, no ascolto attivo, no empatia), allora avrete una idea di cosa significhi ascoltare un album di DBM. 

Sì, indubbiamente c'è una componente auto-lesionista sia nell'artista che nell'ascoltatore, aspetto questo che non facilita chi intende cimentarsi in una esperienza di ascolto di questo tipo. Ma stiano tranquilli i neofiti incuriositi: il DBM piace o non piace, non vi sono vie di mezzo. Quindi non saranno queste parole a convincervi né tanto meno a scoraggiarvi, perché basteranno un paio di minuti di ascolto superficiale per stregarvi o respingervi per sempre. 

Non è sufficiente essere amanti del black metal per poter apprezzare la sua variante depressiva, che è da considerare fra i filoni più estremi del metal estremo. Il linguaggio è quello del black metal, a partire dalle linee di chitarra, gli arpeggi marci, il tremolo, lo screaming, le produzioni a bassa fedeltà. Ma qui i suoni si fanno ancora più confusi, rarefatti, cacofonici, lo screaming si fa lamento, grido straziante, in certi casi acquisisce toni tanto esasperati da divenire teatrale; la dimensione melodica è più accentuata e preponderante rispetto alle istanze dell'impatto frontale, sebbene la velocità non sia del tutto bandita. Ma probabilmente nel DBM a contare più di ogni altra cosa sono l'atmosfera (cupa, asfissiante), gli umori (grigi, malinconici, disperanti) e le liriche, incentrate in modo morboso ed ossessivo sui temi della morte, della depressione e della repulsione nei confronti dell'umanità e della vita stessa

Esiste una variante ancora più estrema del DBM che viene denominata depressive suicidal black metal che noi, in quanto fighi, indicheremo con la sigla DSBM. Ci perdonino i puristi, ma faremo confluire questa corrente all'interno della nostra rassegna sul DBM, anche perché spesso le due etichette vengono utilizzate come sinonimi in quanto non vi è una netta separazione stilistica fra i due filoni. Delle differenze possono comunque essere individuate, laddove il DBM predilige umori malinconici ed un approccio più contemplativo (derivato dalle varianti atmosferiche ed ambient del black metal) mentre il suicidal ha una più spiccata indole nichilista, autolesionista ed ovviamente ha il pallino per l'alienazione mentale, per le pratiche di auto-flagellazione e per l'annientamento del sé, sfociando molto spesso nella istigazione al suicidio vera e propria. 

È triste doverlo precisare, ma vi è chi si è ucciso per davvero, cosa che aggiunge morbosità all'ambiente, infestato da millantatori ed opportunisti, certo, ma anche da veri casi clinici - con alcol, droga e psicofarmaci sullo sfondo a complicare le cose. Fortunatamente c'è chi non concretizza i propri propositi, ma preferisce continuare a muoversi su un piano ehm... poetico. Contrariamente al black metal, infine, nel DBM e nel DSBM vi è paradossalmente chi affronta il tema non rinunciando ad una certa dose di sarcasmo e di macabra ironia, come dimostrano monicker quali Lifelover e Happy Days, aspetto che, volendo, rende ancora più inquietante la proposta. 

Ad onor di completezza, esiste infine una ulteriore sotto-corrente che viene denominata post-suicidal black metal e che costituisce un superamento degli stilemi del DBM e del DSBM. Si tratta di artisti e band di seconda (terza?) generazione che, pur mantenendo la missione di esprimere in musica i temi sopra menzionati, decideranno di ampliare il range di sonorità della loro proposta aprendosi ad influenze post-punk, post-rock e shoegaze. Ovviamente non mancheremo di considerare esponenti appartenenti a questo filone che, invero, è composto da band molto valide e creative.  

Anche a livello iconografico si misura una certa distanza fra la matrice di base del black metal e il DBM / DSBM. Sopravvivono le foreste, i paesaggi invernali, il più delle volte richiamanti umori malinconici o facenti da specchio ad una interiorità afflitta e lacerata. Può capitare tuttavia che in queste foreste penda un uomo impiccato ad un ramo spoglio, che è già una indicazione chiara sui contenuti di un'opera. Ma in molti casi la natura viene sostituita da una tetra urbanità o addirittura da squallidi interni di appartamenti: una dimensione del tutto estranea al black metal classico. L'uomo torno al centro, il corpo, la carne, il sangue soprattutto: spesso gli stessi musicisti si fanno ritrarre sulle copertine in pose di ostentata disperazione, accucciati per terra o con le mani sul viso. C'è infine chi espone le proprie ferite, quelle vere, i tagli sulla pelle o, in un contesto di macabra finzione (ci auguriamo) corpi sanguinanti riversi su freddi pavimenti in mattonelle o dentro a vasche da bagno. Non è escluso imbattersi in qualche siringa, lametta o pistola. Scatti in bianco e nero, spesso sfocati: segnali inequivocabili che ci troviamo innanzi ad un disco di DBM o di DSBM.  

Ma quando e come nascono le sonorità depressive? Non è facile dirlo, ma di certo i primi semi possono essere rinvenuti nel laboratorio scandinavo della prima metà degli anni novanta. Si pensi al caso di Dead, un precedente importante per chi avrebbe gettato le basi del depressive. I Mayhem, anche quelli più evoluti, erano lontani dai canoni che poi sarebbero divenuti i cliché stilistici del sotto-genere, ma Dead innestava nel black metal (ancora in fase di formazione) elementi indubbiamente originali: si feriva gli arti, si auto-flagellava durante i concerti fino allo svenimento, mostrando una attitudine auto-distruttiva che era effettivamente inedita. L'attrazione morbosa per la morte (lui stesso si considerava un morto - pare fosse affetto dalla sindrome di Cotard) era un altro elemento da tenere in considerazione. Il fatto poi che si sia anche suicidato lo rende sicuramente un punto di riferimento credibile per l'intero movimento. 

Se bisogna tuttavia andare ad individuare le origini stilistiche del depressive, è necessario passare ancora una volta dalla musica di Burzum, così come abbiamo fatto per l'atmospheric black metal e dovremmo fare per il post-black metal. I primi quattro seminali album vergati Burzum sono una fonte inesauribile di idee ed innovazioni per chiunque voglia tingere di toni meditativi il metal estremo, quindi il nostro discorso dovrebbe essere esteso a tutti e quattro quei lavori, così diversi ed uguali, coerenti nel portare avanti un percorso dai marcati risvolti stilistici e concettuali. Ma se vogliamo andare alle origini, alle prime tracce di depessive, esse sono già rinvenibili fra le pieghe del debutto, rilasciato nell'oramai lontanissimo 1992: in esso Varg Vikernes impostava inconsapevolmente le direttrici generali della variante depressive del black metal, che peraltro all'epoca era ancora nella sua fase di gestazione. 

Quelle linee di chitarra così ispirate e malinconiche, la rarefazione elettrica, gli arpeggi lasciati a friggere da soli, i tempi lenti, l'assenza di ritmica in certi passaggi, le esplorazioni ambient, quel latrato di cane che esprimeva una inedita ed inaudita sofferenza: tutto questo sarebbe rientrato nell'armamentario espressivo degli adepti del DBM. Anche il format della one-man band sarebbe divenuto il modulo privilegiato di chi avrebbe operato in questo ambito. In pratica il 90% delle soluzioni stilistiche del depressive sarebbero state ereditate dal canzoniere di Burzum, che tuttavia rimane non propriamente riconducibile al filone: c'è della fierezza nello sguardo nostalgico di Vikernes, quasi una connotazione evoliana (dritto fra le rovine). Egli guardava al passato con un senso di perdita insopportabile che certo non rendeva allegra la sua musica, ma che nemmeno istigava all'auto-soppressione. 

Per quello si sarebbe dovuti passare dalle (presunte) sedute di tortura degli Abruptum. Gli svedesi erano promotori di una forma assolutamente deviata di black metal, più vicina alla musica ambient che agli standard classici del genere. I brani erano infinite jam d'improvvisazione dove fraseggi black metal e riffing doom si scontravano su basi ritmiche disconnesse che non lasciavano molti punti di appiglio all'ascoltatore. Non è mai stato accertato se, come da loro stessi dichiarato, i membri della band si torturassero davvero durante le sessioni di registrazione, ma certo le grida strazianti che corredavano il loro esercizio di destrutturazione sonora hanno fornito utili spunti a chi si sarebbe dedicato a tempo pieno alla causa del depressive. 

Fra i precursori del genere sono indicati anche due gruppi più defilati della scena norvegese, i Forgotten Woods e i Manes. Per i primi l'associazione con il DBM è palese fin dal loro debutto "The Garthering of Wolves", anno 1994: il loro era un black metal d'indubbia impronta burzumiana, ma anche dotato di un insolito slancio melodico, drammatico nella resa finale ed irrimediabilmente intriso di torbida e selvaggia misantropia. Quanto ai secondi, bisognerebbe andare a rispolverare le prime tre torbide demo uscite ad inizio anni novanta: materiale che avrebbe visto la luce ufficialmente solo nel 1999, anno di uscita del notevole debutto "Under ein Blodraud Maane". Opportuno, infine, menzionare  le famigerate Le Légions Noires, sorta di alter ego francese del più noto Inner Circle norvegese: congrega di musicisti che, con le loro produzioni rozze e cacofoniche, seppe alzare l'asticella quanto a cupezza, auto-referenzialità e disprezzo per l'ascoltatore (anche se c'è da dire che i Nostri non si rivolgevano ad un vero pubblico, distribuendo i loro lavori in edizioni ultra-limitate ed entro un circuito ristretto di eletti - elitarismo allo stato puro!). 

Saranno i norvegesi Strid ad essere comunemente considerati i veri iniziatori del filone, sebbene si sarebbero limitati a rilasciare solamente un demo ("End of Life", 1993) e un EP (l'omonimo "Strid", del 1994). Questi lavori, considerati oggi seminali, non hanno tuttavia rappresentato un netto spartiacque, in quanto per qualche anno si è continuato a "ballare" fra black metal classico e il depressive che verrà, come testimoniano le opere di band quali Bethlehem e Judas Iscariot, poi considerati influenti per il consolidamento stilistico e tematico del depressive. Spetterà agli americani I Shalt Become l'onore di essere considerati gli autori del primo full-lenght ufficiale di DBM ("Wanderings", anno 1998): una proposta così cruda e rancida negli umori da essere inizialmente schifata per poi, come spesso capita, essere rivalutata successivamente. All'epoca non si parlava ancora di DBM. Lo si sarebbe iniziato a fare in modo esplicito solo qualche tempo dopo con nomi come Abyssic Hate, Shining, Silencer, Xasthur, Forgotten Tomb, i quali avrebbero rilasciato i loro full-lenght di debutto fra il 2000 e il 2002. Con l'avvento del nuovo millennio il fenomeno avrebbe assunto una dimensione globale: presto sarebbero emerse in ogni angolo del Pianeta Terra orde di misantropi pronti a riversare il loro malessere in musica, tanto che viene il sospetto che realizzare un disco depressive sia cosa semplice, bastando un microfono, una chitarra ed un buon software per mettere tutto insieme. 

La produzione discografica è imponente e la nostra sfida è stata di selezionare una quarantina (!!!) di opere che ben descrivessero il fenomeno. Un discorso fluido, il nostro, volto a delineare l'evoluzione del genere partendo da quei precursori che abbiamo appena citato per poi confluire nelle forme più consapevoli e stilisticamente definite del genere. Uno sguardo ampio, il nostro, che non mancherà di lambire i lidi del funeral doom, dell'atmospheric black metal e del post-black metal, che certo non sono generi "allegri" e che possono presentare delle zone di intersezione con la dimensione del depressive. Ma se la rassegna sul funeral doom fu annunciata come un viaggio potenzialmente infinito, questa sul depressive - che sulla carta si presta ad essere ugualmente consistente - potrebbe interrompersi in ogni momento, perché tutto ad un tratto mi potrei rompere i coglioni di scrivere sull'argomento. Oppure potrei decidere di suicidarmi. 

A proposito: ammazzatevi!

1) Burzum - "Burzum" (1992)
2) Abruptum - "Obscuritatem Advoco Amplectère Me" (1993)
3) Forgotten Woods - "As the Wolves Gather" (1994)
4) Manes - Demos (1993 - 1995) 
5) Le Légions Noires (1993 - 1997 circa)  
6) Strid - "Strid" (1994)
7) Bethlehem - "Dictius Te Necare" (1996)
8) Judas Iscariot - "Thy Dying Light" (1996) 
9) I Shalt Become - "Wanderings" (1998)
10) Sortsind - "Sår" (1999)  
11) Abyssic Hate - "Suicidal Emotions" (2000)
12) Shining - "Livets ändhållplats" (2001)
13) Silencer - "Death - Pierce Me" (2001)
14) Wigrid - "Hodffnungstod" (2002) 
15) Forgotten Tomb - "Songs to Leave" (2002)
16) Beatrìk – “Journey Through the End of Life” (2002)
17) Leviathan - "The Tenth Sub Level of Suicide" (2003)
18) Xasthur - "The Funeral of Being" (2003)
19) Krohm - "A World Through Dead Eyes" (2004)
20) Nyktalgia - "Nyktalgia" (2004)
21) Mortifera - "Vastiia Tenebrd Mortifera" (2004)
22) Make a Change...Kill Yourself - "Make a Change...Kill Yourself" (2005) 
23) Anti - "The Insignificance of Life" (2006) 
24) Nocturnal Depression - "Nostalgia - Fragments of a Broken Past" (2006)
25) Sterbend - "Dwelling Lifeless" (2006) 
26) Lifelover - "Pulver" (2006) 
27) Life Is Pain - "Bloody Melancholy" (2006) 
28) Wedard - "Einsamer Winterweg" (2006) 
29) Be Persecuted - "I.I" (2007)
30) Hypothermia - "Rakbladsvalsen" (2007) 
31) Austere - "Withering Illusions and Desolation" (2007)  
32) Trist - "Zrcadlenì Melancholie" (2007) 
33) Gris - "Il était une Forêt..." (2007) 
34) Thy Light - "Suici.de.pression" (2007) 
35) ColdWorld - "Melancholie²" (2008)
36) Selvhat - "Jgennom Moerket Famlende" (2008) 
37) Veil - "Sombre" (2008) 
38) I'm in a Coffin - "One Last Action" (2008) 
39) Totalselfhatred - "Totalselfhatred" (2008)
40) Apati - "Eufori" (2009)
41) Exiled from Light - "Descending Further into Nothingness" (2009)
42) Unjoy - "Worthless Life End" (2010)
43) Woods of Desolation - "Torn Beyond Reason" (2011)
44) Happy Days - "Cause of Death: Life" (2012)
45) Ghost Bath - "Moonlover" (2015)
46) Psychonaut 4 - "Dipsomania" (2015)
47) No Point In Living - "I Will Die Tomorrow..." (2017)
48) My Useless Life - "My Useless Life" (2018)
49) None - "Damp Chill of Life" (2019) 
50) Ethereal Shroud - "Trisagion" (2021)