"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

30 mar 2019

LORDS OF CHAOS, PARTE II: DEAD



Eccoci alla prima appendice del nostro scritto su “Lords of Chaos”, pellicola incentrata sui fatti sanguinari che hanno ruotato intorno alla figura di Euronymous e alla sua band. 

Abbiamo già detto che il film non ci ha fatto saltare dalla sedia, ma perlomeno ci ha offerto interessanti spunti di riflessione. Dead, di tutta la giostra di personaggi bislacchi che gravitarono intorno ad Euronymous, è l’unico che in questo film sembra conservare una certa dignità. 

Partiamo dicendo che non condividiamo più di tanto la scelta di Jack Kilmer, figlio del celebre Val Kilmer (fra l'altro anch'esso volto di un poeta della morte che fece una brutta fine - il Jim Morrison nel “The Doors” di Oliver Stone). Il giovane attore americano (classe 1995), pur avendo un'età maggiore di quella del cantante all'epoca della narrazione dei fatti (ricordiamo che Dead morì suicida a ventidue anni), ha un che di bambinesco che non scorgiamo nei severi e drammatici tratti somatici dell'originale (con o senza face-painting), perlomeno se andiamo ad osservare quei pochi scatti fotografici (orami mitici) a nostra disposizione. Esile di corporatura, di statura non eccessiva, il Dead di Jack Kilmer cozza con il profilo titanico ed omborso di colui che è da ritenere il vero iniziatore della filosofia black metal in senso moderno.

Il "personaggio Dead", invece, emerge in modo convincente grazie ai pochi ma significativi episodi con cui gli sceneggiatori hanno deciso di descriverlo. Fin dall’inizio egli risulta essere un ragazzo “diverso” dagli altri, animato da un disagio più profondo e sincero. Fra turbe psichiche, solitudine, vezzi strani e reale depressione, il Nostro non risulterà mai patetico. Trapela carisma da questo personaggio, fin dal momento in cui la sua voce lo precede in scena, sgorgando feroce dal nastro inviato ad Euronymous, il quale rimarrà segnato a vita dall'incontro con quello strano ragazzo a cui piaceva raccattare e brandire come trofei i corpi di animali morti ai lati della strada. Anche dopo la sua morte, Dead sopravvivrà nei sogni di Euronymous, che nella pellicola si traducono in inquietanti fughe oniriche, unici rigurgiti visionari dei trascorsi da regista di videoclip Jonas Akerlund

Al netto di gatti uccisi, di vesti sotterrate per “odorare di morte” e di inalazioni di carcasse di animali, il Dead qui narrato ha un che di commovente, forse perché, nonostante tutte le sue stramberie, si dischiude in lui un'umanità che sembra essere estranea alla maggior parte degli altri personaggi, disegnati alla stregua di macchiette, salvo ovviamente Euronymous e Varg Vikernes che meriteranno un discorso  a parte.

Emblematica la scena in cui Dead grida esaltato: “We are the Lords of Chaos!” (il titolo del film!), ammirando allo specchio il suo caratteristico face-painting e caricando il più teso Euronymous prima di un concerto. 

Particolarmente suggestive si riveleranno inoltre quelle strane scorribande nei boschi armati di fucile a caccia di gatti: unici momenti, oltre a quelli sulle assi del palcoscenico, in cui il cantante appare dinamico, "vitale", considerato il fatto che spesso, per lunghe ore, egli amava piombare nella più completa immobilità cercando di approssimarsi a quello status che egli riteneva centrale nella sua condizione esistenziale: la morte

Quei paesaggi norvegesi che nel black metal hanno costituito una componente fondamentale e che invece nel film non sono stati sfruttati adeguatamente, nelle vicende legate a Dead acquisiscono una maggiore rilevanza: si pensi in particolare alla sequenza, sempre nella foresta, in cui Dead agguanta la canna del fucile dell’amico e, puntandosela alla fronte, lo intima a sparare. Lo sconvolto Euronymous, non premendo il grilletto, ritarderà solo di poco quello che sarebbe stato un epilogo inevitabile: la morte di Dead.

L’angosciante sequenza del suicidio, descritta in tutta la sua crudezza, è un altro momento topico del film. Prima i vari tentativi di tagliarsi le vene, poi, visto il fucile, la stesura del famoso biglietto ed infine il colpo in testa: tutti i drammatici atti sono descritti in modo discreto, freddo, senza commento musicale né enfasi alcuna. E per questo risulteranno allo spettatore ancora più disturbanti. 

Nichilismo, autolesionismo (vedasi le cruente scene di autoflagellazione durante il concerto) e ricerca costante di una purezza che è da considerarsi al di fuori del mondo terreno (si pensi alla scena in cui, sempre sotto gli occhi sbalorditi di Euronymous, Dead si toglie i vestiti e, completamente nudo, si avventurerà nella foresta con fare trasognato, come se si trovasse in uno stato di trance): queste sono le costanti che, insieme ad una patologica ossessione per il tema della Morte, hanno caratterizzato il più carismatico dei cantanti dei Mayhem

Il black metal deve molto, almeno da un punto di vista concettuale, iconografico ed attitudinale, a questo ragazzo che sembrava vivere seguendo dinamiche interiori proprie ed indipendenti dal mondo esterno: un universo, il suo, in cui l’arte doveva essere pura, senza compromessi, scevra da quelle pulsioni imprenditoriali che invece hanno sempre indirizzato l'agire di Euronymous (vedremo successivamente anche questo aspetto). 

P.S. Celebrando il carisma di Dead tendiamo sempre a trascurare il grande Attila Csihar. Anche la sua persona troverà spazio nel film in un breve frangente durante le registrazioni in studio di “De Mysteriis dom Sathanas”, impersonato niente meno che dal figlio Arion. Questioni di pochi secondi (come già detto, non si poteva riprodurre i brani dei Mayhem per più di quanto consentito dalla legislazione in fatto di diritti d’autore), ma ho trovato significativa la scena, con le urla becere dell’ungherese che, fra l’altro, sfoggia un taglio di capello da est Europa che già rappresenta una interessante peculiarità rispetto ai colleghi norvegesi. Per lo spettatore non metallaro, invece, si sarà trattato dell’ennesimo passaggio privo di senso, a conferma del fatto che il film non doveva provare a sedurre il grande pubblico, ma concentrarsi sullo sguardo attento ed esigente del metallaro...


To be continued