Non ho paura di ammalarmi ma di tutto quello che il contagio può cambiare, compresa la consueta classifica dei migliori dischi di fine anno.
Il mondo in fondo è ancora un
luogo selvaggio come la nostra musica, dove pipistrelli, uomini e gorilla vivono
a stretto contatto generando patologie; la nostra aggressività verso l'ambiente
rende probabile il contatto con elementi nuovi che se ne stavano tranquilli
fino a poco tempo fa nelle loro nicchie naturali.
I virus sono come profughi della
distruzione ambientale, accanto a batteri, funghi o protozoi; e i dischi che la pandemia ha prodotto in questo 2020 sono figli di questa società.
Mi ricordo pomeriggi passati ad ascoltare album usciti in questo nefasto anno con una profonda attenzione: fuori diventava scuro e il paesaggio lasciava il posto alla mia faccia illuminata dalla lampada. Suppongo che tutto questo faccia di me un nerd musicale; lo accetto, per così dire, me ne assumo la responsabilità ma mai come oggi la musica è stato un salvagente mentale.
Le epidemie, prima ancora che emergenze mediche, sono infezioni della nostra rete di relazioni e la classifica di quest'anno è matematica, certa, profonda e inattaccabile come mai negli anni passati.
Ormai c'è chi non si interessa di altro che del bollettino della Protezione Civile, c'è chi immagina scenari, chi elabora proporzioni matematiche tra tamponi e contagi, mentre noi ascoltiamo musica.
Una sera emblematica di uno dei vari Dpcm, ho soffocato la voce del Premier con i rumori degli Oranssi Pazuzu, ho sorriso guardando le persone con la mascherina tricolore mentre ascoltavo quel caos melmoso. Eravamo tutti in una palude, solo che io avevo compagni di viaggio affidabili come i finlandesi.
Ricordo ancora una sera di luglio
in cui ero a cena da amici, pur confessando a me stesso che sarebbe stata
l'ultima. Più che altro c'erano persone perplesse, dubitavano del vicino ed
entrando non si baciava nessuno; c'era chi litigava con la mascherina per bere
un bicchiere di vino, eppure nessuno era ipocondriaco ma fu così che andai a
letto triste e mi soccorsero i Paysage d'Hiver.
Alla cena si ripeteva che a breve
la questione si sarebbe risolta ("Ma sì, dai...è questione di settimane!"); ho
scrollato le spalle senza rispondere: il difetto di un pensiero illusorio in
una crisi non è tanto di essere falso quanto di condurci più velocemente
verso l'ansia.
E così mentre le persone si chiedevano come fermare qualcosa che cresce molto in fretta, a me suonavano spesso alla porta i corrieri portando dischi usciti nel 2020.
Mi sono commosso riabbracciando dopo tanto tempo Ray Alder e i Fates Warning, ma anche scoprendo i Fluisteraars o i Sacred Outcry che non avrebbero avuto spazi nelle mie giornate passate prima del Covid. Tanti dischi che non sono in classifica mi hanno accompagnato nel lockdown, nelle zone rosse, arancioni e gialle, nelle misure di contenimento, nel distanziamento sociale e, sotto il cappuccio o dietro la mascherina, ho sentito lo sforzo dei singoli musicisti.
Code Orange, Hum, Psychotic Waltz, Ulthar, Necrophobic, AC DC, Spectral Lore, Mare Cognitum, Ulcerate, Grave Digger, Katatonia, Paradise Lost, My Dying Bride, Napalm Death, Igorrr e tanti altri non ce l'hanno fatta a passare la selezione eppure mai come quest'anno mi andrebbe di citarli tutti perché grazie a loro, anche grazie ai loro brani meno indovinati, mi sono sentito vivo e non solo.
Ora sappiamo come contrastare questa epidemia in attesa del vaccino, cioè con forza, sacrificio e molta pazienza. Per non uscire dal seminato quindi bisogna dedicare la nostra mente alle passioni, solo così torneremo a vedere le stelle, anzi gli oceani...
Best metal albums 2020:
1. The Ocean - "Phanerozoic II - Mesozoic / Cenozoic"
2. Paysage d'Hiver - "Im
wald"
3. Fates Warning "Long day
good night"
4. Oranssi Pazuzu - "Mestarin kynsi"
5. DGM - "Tragic
separation"
6. Draconian - "Under a
godless veil"
7. Enslaved - "Utgard"
8. Haken - "Virus"
9. Sacred Outcry - "Damned for
all time"
10. Fluisteraars - "Bloem"
Vedi le classifiche finali di Metal Mirror degli altri anni:
