"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

18 mar 2025

VIAGGIO NEL DEPRESSIVE BLACK METAL: NONE

 


Quarantanovesima puntata: None - "Damp Chill of Life" (2019) 

Capisco benissimo che non ci si mette a suonare depressive black metal con l’obiettivo della notorietà, per la brama della fama e del successo, mossi dal desiderio di esser fermati per la strada per un autografo o dall'idea che una folla di groupy si accalchi alla porta del proprio camerino. Al tempo stesso mi chiedo quale sia la reale motivazione per cui certe band preferiscono puntare sull’anonimato assoluto in un mondo in cui oramai a nessuno frega un cazzo di nessuno, tanto più se suoni depressive black metal. In fondo non chiediamo nome e cognome, indirizzo e codice fiscale: ci bastano anche solo il nome d’arte più idiota di questo mondo (e nel depressive si sprecano) e lo strumento che si suona, giusto per capire chi fa cosa, per meglio comprendere la natura delle forze messe in campo, il modus operandi della band e dunque la musica stessa. 
 
Potremmo pensare che questa storia dell'anonimato sia tutto un modo per ammantare di mistero un progetto artistico, ma, ripeto, dove sta il surplus di fascino fra non sapere assolutamente nulla dei - che ne so - VeneFradice (tanto per fare un esempio inventato) e sapere invece che sono di Roccella Ionica e che ci canta l’ing. Mortarelli e il dott. Valium suona tutti gli strumenti? Mi viene dunque il dubbio che in certi casi, piuttosto che una strategia di marketing, l’anonimato sia un modo per non metterci la faccia, soprattutto se hai una reputazione da difendere, un posto di lavoro a contatto con il pubblico, che ne so, se sei un impiegato di banca o uno che lavora nella pubblica amministrazione, un insegnante o anche il CEO di una compagnia di successo. 
 
Ora, non ci si stupisce che una band che decide di chiamarsi None (Nessuno) non avrà tutta questa voglia di condividere la biografia dei propri componenti, ma mi piace pensare che dietro a tutto il mistero che ha deciso di imbastire questo duo operante da Portland in Oregon (sgamati!) si celino due stimati professionisti della reputazione intaccabile...Quel che è sicuro è che ad essere intaccabile è l'integrità artistica del progetto, formatisi nel 2015 e artefice di un pregevolissimo depressive atmospheric black metal.

Fermi tutti! Se appena avete letto atmospheric black metal e Portland vi si è accesa una lampadina nel cervello e vi è venuto in mente che anche gli Agalloch vengono da lì, allora toglietevi dalla testa ogni tangibile e significativo collegamento stilistico fra le due band! L’unica cosa che accomuna i due gruppi è probabilmente l’influenza esercitata da parte dei maestosi paesaggi dell’Oregon, gli arditi picchi montuosi, le vaste foreste di conifere, i corsi d’acqua ghiacciati: tutti elementi che compaiono puntualmente nelle copertine dei None. 
 
L’indole paesaggistica si trasmette alla musica, che, in ultima analisi, può essere riassunta con un unico aggettivo: imponente.  
 
Imponente e visionaria come la musica dei vecchi Tiamat... 
Imponente ed emotivamente pregnante come quella degli Isis...
Imponente ed epica come quella dei Summoning... 
 
Se la scelta di questi nomi è del tutto arbitraria, non sono casuali i generi di appartenenza in quanto la proposta dei None si colloca in un luogo dove convivono armonicamente doom/gothic, post-metal ed atmospheric black metal. Il tutto ovviamente immerso in un mood di indomita mestizia e sanguinante sofferenza, cosa che davo per scontata sennò non saremmo qui a parlarne. 
 
None”, il debutto targato 2017, non era certamente passato inosservato agli occhi degli amanti del black metal più oscuro ed ascetico. Chitarre in tremolo, gloriosi riff e rancidi arpeggi si sposavano particolarmente bene con lugubri tappeti di tastiere ed affondi ambient per tre lunghi brani che andavano a definire i contorni di una visione artistica già molto a fuoco. Ma come spesso capita con il secondo album le cose riescono meglio, mantenendo intatta la visione ma aggiustando quei due o tre elementi che in un debutto, seppur brillante, possono ancora essere fuori fuoco. Eccoci dunque al grandioso sophomore dell’anno successivo “Life Has Gone On Long Enough”: 52 minuti di monolitica disperazione, come del resto il titolo (bellissimo!) ci suggerisce. A prevalere è un asfissiante senso di spossatezza: i brani si trascinano faticosamente avanti, uno dopo l’altro, fino alla fine, culminando nella cover pianistica di “Illa tiðandi” di Burzum tratta dall'album “Dauði Baldrs” (scelta originale che intende rovistare nel repertorio dungeon synth di Varg Vikernes e coerente nel perseguire la strada dell'ambient che è componente fondamentale nel sound dilatato ed ondivago dei None). 
 
I due misteriosi figuri sembravano procedere con lo stesso modus operandi dei Summoning, imbastendo un pachidermico black metal con un’impalcatura di percussioni lente e fiere, riff epici a girare per lunghi minutaggi, incursioni di arpeggi per tirare il fiato e le due voci che si alternano furiose in un contesto di apocalisse interiore. I suoni sono corposi, impastati, non sviliscono l’impatto sonoro dell’incedere pomposo delle chitarre. Un impatto sonoro che, come si diceva sopra, richiama anche la forza d’urto di certo post-metal, soprattutto quando i vuoti si avvicendano ai pieni, restituendo quella sensazione di collasso psichico che è tipico di band del settore. Non ci si dimentichi assolutamente della componente più squisitamente depressive che, oltre nel mood generico dei brani, ritroviamo principalmente nelle voci, in particolar modo quando si abbandonano a piagnistei o si stemperano come sibili echeggianti in stanze vuote e miserabili. 
 
Se già questo tomo meritava di presenziare con orgoglio nella presente rassegna, la nostra scelta ricade clamorosamente sul successivo “Damp Chill of Life”, che non solo costituisce un passo avanti quanto a produzione ed arrangiamenti, ma anche rimescola un poco le carte in tavola consegnandoci una perla di metal intimistico come raramente se ne son sentite. 
 
L’asse stilistico si sposta lievemente nella direzione dell’atmospheric black metal dei Panopticon, campioni nel fondere le recrudescenze del metallo più nero all’introspezione del cantautorato. 44 minuti bastano ai nostri compari dell’Oregon per farci sprofondare nella tristezza più nera. Sulla carta la formula rimane la stessa (ambient/depressive black), ma è il tocco ad essere diverso, costituendo l’album un fluido alternarsi di delicati passaggi tastieristici e momenti più vigorosamente elettrici. Se tirare in ballo i Pink Floyd vi pare una bestemmia, allora concedetemi di evocare almeno i Tiamat della fase “Wildhoney”/“A Deeper Kind of Slumber”: pensate ai dieci minuti e mezzo della visionaria title-track, innervata di vibrante elettricità e trasportata da un languido quattro quarti, il tutto animato da un canto evocativo a metà strada fra la voce rauca di un cantautore nicotinomane ed uno screaming dimesso; pensate anche alle tastiere paesaggistiche, persino all’assolo (gilmouriano!) nel finale. 
 
Siamo solo all'inizio di un viaggio di emozioni che si aggrappano alla cabina di montagne russe che si muovono al rallentatore, fra quieti contrappunti di tastiere, suggestive note di pianoforte ed un riffing ipnotico, sospeso continuamente fra l'arpeggio ispirato e l'epico e reiterato accordo. Fra gli highlight segnalo due epidosi anomali, le strumentali “You Did a Good Thing” e “I Yearn to Fill”: la prima gela le vene con un monologo da crisi di nervi tratto dal film horrorBlack Moutain Side” (2014); la seconda, invece, si affida a mesti fraseggi blues che riaffermano l'anima tinta a stelle e strisce del duo. Ma questi sono solo guizzi di genio che si vanno ad integrare alla perfezione in un’opera iper-bilanciata ed estremamente raffinata, dove ogni dettaglio ha il suo perché e confluisce armoniosamente di un’unica sinfonia del dolore
 
Curioso notare, infine, che i primi tre album dei None sono usciti in tre anni consecutivi, tutti in occasione della stessa data, l’11 aprile. Ma coloro che erano a graffiare la vetrina del negozio di dischi alle 6 del mattino dell’11 aprile del 2020 saranno rimasti delusi: il quarto album dei None, “Inevitable”, sarebbe infatti uscito il 30 giugno del 2023, rompendo l’aurea regola dell’uscita annuale. 
 
Chissà, forse i Nostri si sono ritrovati particolarmente occupati durante la pandemia come manager di una fabbrica di mascherine o in prima linea come medici o infermieri al pronto soccorso. In ogni caso è stato un vero peccato che non abbiano pedissequamente rispettato la loro tabella di marcia visto che durante il lockdown la musica dei None ci avrebbe fatto davvero molto comodo...