È ancora difficile comprendere pienamente alcuni
eventi storici, talvolta per la scarsa reperibilità dei documenti mentre altre
volte sono talmente unici e complessi che spiegarli diventa una
sfida difficile.
Alla fine dello scorso anno è ricorso il centenario dell’impresa dannunziana a
Fiume, una delle svariate volte in cui, purtroppo, un uomo solo al comando ha
avuto un seguito spesso immotivato (o al contrario con così numerosi motivi che
non si è mai in grado di sintetizzarli).
“Italiani di Fiume! Nel mondo folle e vile, Fiume oggi è il segno della
libertà; nel mondo folle e vile vi è una sola cosa pura: Fiume; vi è una sola
verità e questa è Fiume! Vi è un solo amore e questo è Fiume! Fiume è come un
faro luminoso che splende in mezzo a un mare di abiezione”.
Le parole di D’Annunzio sono esagerate, sono uno sproposito, ma la folla lo esalta perchè quella folla, nel settembre 1919, aveva bisogno di quelle parole. Il poeta è vivente ma è già icona, celebra se stesso e la sua gloria è già postuma.
In questi momenti di occasionale ricostruzione storica, grazie al tempo libero che mi dona la quarantena del Coronavirus, scopro e ascolto con piacere un
breve Ep degli IANVA intitolato “1919” dedicato proprio a questa
ricorrenza.
Renato “Mercy” Carpaneto duetta in un cabaret dark folk con
Stefania D’altero in una delle die tracce che riprendono l’esordio del
gruppo genovese nel loro tema prediletto. Una sorta di chiamata alle armi come
fosse una sfida lunga un secolo e, in qualsiasi modo la si pensi, è più una rappresentazione
teatrale lunga cento anni che una sfida.
È tutto teatro.
Fiume unisce un letterato e un commediante, un eroe e un
politico, un uomo e un sognatore, una persona reale ma anche immaginaria e il
tutto in un solo momento.
Così come questo dischetto che trovo inaspettatamente
negli scaffali fonde un dialogo tra reduci e borghesi, tra annoiati e
fatalisti, tra interventisti e nostalgici.
Non sono io un nostalgico dell’impresa di Fiume e non mi
interessa neanche rifletterci sopra in questa sede, ma quando inizia
“Disobbedisco!” odo echi di battaglia, momenti marziali e corali con
protagonista l’attore Edoardo Sylos Labini che interpreta proprio il poeta vate
in un modo così amaro che non possiamo che applaudire nella solitudine di casa.
La foto in copertina raffigura due bambini davanti a un muro su cui c’è
scritto: “Chi Fiume ferisce di Fiume perisce” e mi colpisce, così come mi
impressiona pensare a D’Annunzio che parla senza microfono alla folla, con la
vena del collo gonfia e usa quel balcone come fosse un dialogo uno a centomila.
Non c’è più spazio per la figura del poeta vate e in generale, a pensarci bene,
non c’è proprio spazio per il poeta nel mondo contemporaneo ma forse non c’era
neanche al tempo ed è stato D’Annunzio a ricavarselo.
Svaniscono le ultime note e mi stupisco nel voler visitare oggi Fiume e magari
affacciarmi da quel balcone solo per vedere l’effetto che fa...