Buon 2022!, anzitutto. Quest’anno, ve lo dico subito, sono sereno. I nostri lettori sanno che l’umore non è mai alle stelle nella redazione di Metal Mirror durante i primi giorni di gennaio, forse per colpa delle festività natalizie, che affaticano sempre e gettano su di noi nefasti pensieri, ma quest’anno sento che qualcosa è cambiato.
In me, intendo, perché il metal, quello va avanti incurante delle paturnie di uno che si avvia per i quarantaquattro.
Per favore, cercate di comprendermi: è logico che uno che come me si è formato musicalmente una trentina di anni fa, debba attraversare la classica crisi di mezza età musicale.
Dopo tanti anni di onorata militanza nell’esercito del metallo, qualcosa inevitabilmente si incrina. Si inizia ad avere la fastidiosa percezione che il meglio sia alle spalle e non più davanti agli occhi. Si percepisce che qualcosa è cambiato, che il metal è cambiato, e questo cambiamento in genere non piace, o meglio non lo comprendiamo, e dunque eccoci a puntare il dito contro il mondo al grido di “Il metal è morto!”.
Si va avanti per un po’ di tempo con questa convinzione e il disagio cresce. In molti casi ci si arrende e si decide di abbandonare la contemporaneità, rifugiandosi nelle antiche certezze. In altri si prova ad andare oltre il muro della incomprensione, rimanendo però vittime delle proprie categorie mentali che non sono più in grado di decifrare l’Odierno. Ed allora si inizia a gettare acido sul mondo, strepitando e sputazzando (financo si poteva fare), farneticando che non ha più senso scrivere di musica nell’epoca della riproduzione digitale.
Infine si comprende che il problema non sta “fuori”, ma “dentro”, e che dunque l’unico modo di convivere pacificamente con il metal ad una certa età è rimanere calmi, apprezzare quello che si può, non pretendere di poter abbracciare tutto lo scibile "metallico" ed essere consapevoli dei propri limiti cognitivi. Subentra a questo punto una velata malinconia, una serafica accettazione della propria decadenza, una condizione che si tinge dei colori rosso accesso del viale del tramonto.
Poi arriva la pandemia, chiude tutto, stiamo tutti a casa, escono meno dischi, non si va più per concerti, ma soprattutto non si vive più la vita sociale come prima. Da qui quella necessità di evasione, per lo meno con la mente, sensazione che ho già descritto più volte e che ho ribadito quando ho presentato la rassegna sull’atmospheric black metal.
Quell’immersione totale in suoni fuori dal mondo, talvolta oscuri, arcani, altre volte fantastici, fiabeschi, onirici, astrali, metafisici, mi ha in un certo senso purificato. Per mesi non ho praticamente ascoltato altro, totalmente incurante della contemporaneità (sebbene sette band su dieci di quelle che abbiamo inserito nella top-ten abbiano pubblicato un album nel 2021, a dimostrazione che proprio fuori dal mondo non eravamo).
Ma è stato bello calarsi nelle acque placide dello Stige, dedicarsi con metodo alla scoperta di un universo musicale a sé stante: assaggiare, consumare di gran lena, assorbire quei contenuti e farli propri. Scrivere per imparare, imparare per scrivere, divenire persone migliori e di traverso esperti mondiali di black metal atmosferico. E pazienza se non ci legge nessuno.
Terminata la stesura di tutti gli articoli (che poi sono stati programmati per essere pubblicati nei mesi successivi – i tre dell’appendice lo saranno nelle prossime settimane), mi sono sentito come svuotato, tanto che non ho più avuto voglia di scrivere. Ma se l’attività di redattore ne ha risentito, la visione della musica contemporanea si è come rigenerata. Tutto ad un tratto ho come avuto voglia di suoni del presente, suoni legati alla mia quotidianità.
Mi sono cosi fatto trovare pronto per l’abbuffata di fine anno, visto che da settembre hanno iniziato a fioccare nuove uscite come non succedeva da tempo. Son tutte quelle band, per lo più nomi importanti, che hanno riaperto le “danze discografiche” nella speranza di lanciarsi in tour nel 2022, cosa che ahimè non è ancora certa.
Nuova musica, nuovi stimoli ed eccomi in un battibaleno tornato a scrivere per il puro piacere di scrivere, senza quelle ambizioni enciclopediche che avevo coltivato nel concepire e stendere la guida definitiva sul black metal atmosferico.
Ma vi dirò, me gusta la catarsis, per questo, ripreso fiato dall’immane sforzo, e divagato un pochino con qualche nuova uscita, mi sono gettato in una impresa ancora più pantagruelica (e fuori dal mondo), ossia quella di addentrarmi nell’universo del Funeral Doom: una roba improbabile di una trentina di articoli che non so nemmeno se riuscirò a terminare. E già accarezzo l’idea di dedicarmi, successivamente, al depressive black metal e al dungeon synth, che probabilmente è il genere più estraniante e congeniale per chi vuole fuggire dal logorio della vita moderna. Beninteso, tutto allegramente in culo al metaverso di zuckerbergiana invenzione!
Atmospheric black, funeral doom: forse non sono questi i migliori auspici per affrontare una pandemia di cui non si avvista ancora la fine, ma il richiamo alla fuga è forte e probabilmente sarà questo il mio approccio alla scrittura nei prossimi tempi. Difficilmente mi ritroverete a scrivere sull’ennesimo album metal degli anni novanta che conosco solo io: i tempi della nostalgia sono finiti, adesso è tempo di andare avanti, anzi oltre, anzi in profondità, tempo di abbracciare l'abisso.
Ci vediamo dall’altra parte!