"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

21 feb 2025

VIAGGIO NEL DEPRESSIVE BLACK METAL: NO POINT IN LIVING



Quarantasettesima puntata: No Point in Living - "I Will Die Tomorrow..." (2017) 
 
Se con i Be Persecuted ci siamo spinti fino in Cina, non ce le sentiamo di liquidare l'intero Oriente con un solo (ottimo) album. Di sicuro ci saranno in area asiatica milioni e milioni di band valide dedite al depressive black metal, quanto a noi decidiamo di fare tappa in Giappone, per la precisione a Sapporo, che non è solo il luogo che dà il nome ad una delle più note birre giapponesi, ma anche la base operativa di Yu, attivo dal 2015 con il progetto disumanamente prolifico No Point in Living
 
Dico disumanamente prolifico, perché una discografia così sterminata non si è mai vista: dopo manco nove anni di attività, già siamo quasi a quota quaranta full-lenght e si è perso il conto delle altre release fra EP, singoli e split. Non scherzo: si pensi solo al fatto che il progetto esordiva discograficamente nel 2017 con il singolo "End of My Life" e che entro la fine dello stesso anno avrebbe rilasciato ben cinque (dico cinque) full-lenght. E per non farsi mancare nulla ci ha fatto incastrare anche il singolo di Natale ("A Mournful Christmas").  
 
Come orientarsi in casi come questo? Andare a caso e sperare di avere fortuna... 
Dopo qualche poco fruttuosa ricerca in rete, dove più che altro mi sono imbattuto in servizi di assistenza per aspiranti suicidi (del resto cosa ti vuoi aspettare digitando "No Point in Living"?) la mia indagine è partita da "Depression", secondo full-lenght targato 2017, solo perchè il titolo mi ha fatto ben sperare. Un  vero lucky strike, perchè già dai primi istanti l'album mi ha dato le giuste vibrazioni, contrariamente a molti altri album minori di DBM. 
 
L'opera si divide in quattro lunghi brani ("Depression" part 1, 2, 3 e 4), di cui le due centrali sono strumentali. La prima e la quarta traccia sono invece infestate da un sibilo felino che sembra provenire dal vicolo infestato da gatti affamati dietro la cucina di un sushi bar. Diciamo che il Nostro non sembra voler puntare sulle sue qualità canore, ma con la chitarra ci sa davvero fare, imbastendo un blues burzumiano che, con semplicità, sa toccare le corde giuste: si indugia su poche note, ma quelle poche note sono buone, e questo basta per confezionare un album dignitoso di DBM. 
 
Rincuorato dall'antipasto, mi rivolgo con grandi speranza a quello che, vagando su internet, mi è parso di capire sia il lavoro migliore. E se non il migliore, è il più spesso citato: "I Will Die Tomorrow...", quinto full-lenght uscito a dicembre dello stesso anno. 
 
Si parte molto bene con una copertina che cattura subito l'attenzione: una foto leggermente sfocata che ritrae una figura maschile seduta su una panchina innanzi al mare e con un albero che slancia i rami spogli al cielo (presumibilmente) grigio. Uno scatto che trasuda solitudine, malinconia, contemplazione, grandi decisioni. Non a caso il primo brano si chiama "Decision": si tratta di una strumentale di due minuti (un bell'arpeggio elettrificato accompagnato da drum-machine a diverse velocità), la prima delle sei tracce che compongono i quasi cinquanta minuti dell'album. 
 
Non disponiamo dei testi (pur redatti in inglese), ma dai titoli potremmo azzardare l'ipotesi di un concept. I primi quattro brani rappresentano una sorta di premessa al nucleo pulsante dell'opera. Trascorso l'intro, "Nothing" e "I Am Useless" (la prima cantata e la seconda strumentale) descrivono i contorni di un DBM tanto semplice quanto efficace, ispirato melodicamente e sospeso fra ossessività burzumiana e influssi post-rock (bella l'introduzione arpeggiata di "I Am Useless", un brano dalla forte ascendenza alcestiana). "Sound of Silence", infine, è un'altra strumentale di chitarre arpeggiate che chiude la prima parte dell'album ed al tempo stesso fa da preludio alla parte saliente dell'opera: trenta clamorosi minuti spartiti peraltro fra solo due brani. 
 
Il primo si intitola "semplicemente" "Life" e nei suoi ventidue minuti di durata sembrerebbe aver l'ambizione di racchiudere il senso della vita: è un brano tumultuoso e dai frequenti cambi di umore che contempla pause riflessive, interludi acustici, passaggi più tirati e splendidi intrecci di chitarre, svelando all'ascoltatore quella vena progressiva che prenderà il sopravvento nel futuro del progetto. In questa avvincente maratona possiamo inoltre comprendere la bravura alle sei corde di Yu, molto migliorato anche sul piano vocale (del resto questo è il quinto album, sebbene sia passato meno di un anno dal debutto...). La crescita si nota su tutti i reparti, dalla scrittura all'esecuzione (si pensi alla chitarra solista, a tratti evocante certo metal classico) e "Life" nel complesso finisce per candidarsi ad essere uno dei momenti più ambiziosi di tutta l'epopea del depressive
 
La successiva (e conclusiva) title-track è ancora meglio, costituendo a parere di chi scrive l'episodio migliore del platter (e probabilmente il brano più iconico dei No Point in Living, condiderata la maggior frequenza con cui ci si imbatte in esso online). La traccia riprende gli umori di "Life", conservandone la verve progressiva e le qualità melodiche, deliziando l'ascoltatore con inframezzi acustici e fasi solistiche di grande intensità. Dal punto di vista del concept, il brano sa tanto di decisione presa e destino segnato. 
 
"I Will Die Tomorrow..." è un album che cresce al suo interno e che tocca l'apice proprio nel suo finale. Bravo Yu, che "con una scarpa ed una ciabatta" confeziona una grande opera, emozionante come sa essere solo certo post-rock nipponico (penso ai Mono, maestri assoluti nel trasferire intensi paesaggi interiori in trame sonore di grande forza e maestosità). 
 
Ovviamente non ho avuto modo di approfondire l'intera discografia del Nostro, ma non potevo non saggiare lo stato attuale dell'arte dei No Point in Living, che oggi sono definiti, più che depressive, progressive black metal: fra i titoli più quotati troviamo "Beautiful Tragedies" del 2023, un altro bell'album che va a confermare le potenzialità del progetto espresse sei anni (ed innumerevoli pubblicazioni) prima: se lo stile è ancora riconoscibile, sono evidenti i passi avanti nella direzione di una musica meglio confezionata, meglio arrangiata e registrata, più elaborata, dinamica, progressiva...ma un po' meno depressive...