Cantanti
carismatici non mancano nemmeno nel metal
estremo, laddove il profano potrebbe dire: basta gridare, ringhiare, emettere suoni incomprensibili. Ed invece
il cultore del metallo sa molto bene che per essere buoni cantanti estremi
bisogna essere preparati e dotati di metodo, tanto che nel corso degli anni
sono state codificate diverse tecniche, fra cui le più popolari sono
indubbiamente il growl e lo screaming.
La paternità del growl
la si deve indubbiamente a Jeff Becerra
dei Possessed, indicato dal grande Chuck Schuldiner come fondamentale
fonte di ispirazione per quel canto così brutale, totalmente composto da suoni
gutturali. Come stile il growl,
impiegato per lo più nel death metal,
conoscerà una miriade di declinazioni a seconda delle personalità che di volta
in volta lo interpreteranno. Abbiamo così lo stile virile, autorevole e ben
scandito con sprazzi di recitato a fare da atmosfera (David Vincent), quello satanico blasfemo epilettico condito da screaming spiritati (Glen Benton), quello vomitato (John Tardy), quello putrefatto (Chris Barnes), quello
claustrofobico-criptico (Martin Van
Drunen), quello claustrofobico-spaziale (Patrick Mameli) e così via.
Per quanto riguarda lo screaming
(un canto sempre gutturale, ma costruito prevalentemente su tonalità più acute,
mediante suoni più “raschiati” per generare l’effetto disperazione e quindi appannaggio principalmente del black metal), è più difficile stabilire
un’origine precisa. Saranno sicuramente di ispirazione gli acuti orripilanti di
King Diamond e le urla stridule e sgraziate
di certo thrash ottantiano, ma
probabilmente i primi veri vagiti di questo stile canoro si avranno con le
grida agonizzanti di Quorton, poi
riprese, estremizzate e canonizzate dai vari Dead, Attila Csihar, Nocturno Culto, Varg Vikernes, Abbath e compagnia “nera”.
In mezzo a questi due mondi
troviamo un "fantasista" come Tom
G. Warrior dei Celtic Frost,
diviso fra urla belluine e lamentazioni di derivazione dark wave: un connubio che avrà fortuna in modo particolare nel gothic metal. Noi partiremo proprio da
qui: andremo a vedere coloro che, da queste premesse, sapranno sviluppare nuovi stili, tornando ad annettere nel
proprio range espressivo registri
puliti, finendo paradossalmente per smettere
di essere estremi...
10)
Dani Filth
A molti la voce del leader dei Cradle of Filth risulterà insopportabile, ma non si può negare al
Nostro una certa originalità. Partendo dallo screaming del black metal,
il Nostro ha saputo costruire uno stile estremante personale e difficilmente
imitabile: un modo di cantare velocissimo, quasi epilettico, impostato
principalmente su tonalità alte, ma che all'occorrenza sa contemplare momenti
di pastoso growl e altri di
suggestivo recitato, con acuti lunghissimi lanciati in ogni dove, fra parti
tiratissime e pause atmosferiche. Pervaso da testi veramente sopra la media, il
canto del vampirello si sposa
perfettamente al mood gotico-sensuale-erotico-orrorifico
ed al dinamismo ed alle continue variazioni della musica dei Cradle of Filth.
Pur debolissimo sul pulito (ma si farà spesso aiutare da gentil donzelle),
saprà garantire una grande varietà di registri, finendo per meritare
l'appellativo di King Diamond dell'estremo…
9)
ICS Vortex
Rimaniamo in tema di black sinfonico. Non ha forse una
personalità debordante Simen Hestnaes,
in arte Vortex, ma nessuno potrà non
riconoscere al cantante un innegabile talento nell'alternare screaming a parti pulite di pregevole
fattura. La tecnica della sovraincisione aiuta e conferisce un maggiore
spessore ad inserti vocali che penetrano felicemente nel maelstrom sinfonico, donando al tutto un surplus epico, drammatico, oseremmo dire faustiano.
Ma da solista, libera dalle sovraincisioni, quella voce sa essere dolce,
malinconica, persino bizzarra ove richiesto, e non è un caso che il Nostro sia
presente laddove il black diviene esigente per davvero. Negli Arcturus a sostituire l'amico Kristoffer Rygg, nei Dimmu Borgir a dare una mano con i suoi
raffinati controcanti al rustico Shagrath;
nei Borknagar a sostituire ancora
una volta il dimissionario Rygg: più che un semplice "toppino",
Vortex è un'ugola malleabile, vellutata, fluida capace di fronteggiare ogni
tipo di sfida (velocità, partiture complesse, momenti atmosferici) con eleganza
ed indubbio gusto.
8)
Vintersorg
Un gradino sopra ICS Vortex troviamo Vintersorg (all'anagrafe Andreas Hedlund), un altro grande
interprete del black, dotato di uno screaming
ben calibrato e comprensibile, ma soprattutto di uno spiccato gusto per
melodie intime ed avvolgenti, ereditate direttamente dal folclore popolare nord-europeo. E con un pizzico di fantasia in più
che lo distingue dai tanti ex-strillatori del metal estremo. Grazie ai primi
album solisti e a quelli con i Borknagar
(in cui, già affermato, presterà la voce), egli si dimostrerà un ispirato
narratore di storie ambientate in mondi antichi e selvaggi, e il suo evocativo
canto pulito, fra Mito e Tradizione,
andrà ben oltre certi berci baritonali che nell'ambiente vanno per la maggiore.
Nel proseguo della carriera, inaspettatamente, la sua musica (poiché è anche
chitarrista) si tingerà di colori inediti (di progressive, persino di technical
death-metal), sfruttando l'altra grande passione: l'astronomia. Dai boschi fitti di conifere, dunque, ai cieli stellati
dello spazio infinito, dai falò
consumati nella notte all'algebra e alle sequenze numeriche: questo è il
viaggio strabiliante di un autore indubbiamente intelligente, oltre che dotato
di un gran cuore.
7)
Burton C. Bell
Ritrovare il cantante dei Fear Factory in mezzo a tutte queste
ugole prestate alla causa gotica, sinfonica, pagan black & folk è perlomeno
un pugno nell'occhio, eppure c'è da dire che il Nostro è stato fra i primi a
dare un'anima al freddo e meccanizzato industrial-metal.
Negli anni novanta, negli anni del successo della Fabbrica della Paura, Burton
C. Bell è stato un vero eroe
generazionale, con il suo rabbioso growl
(a metà strada fra Mark
"Barney" Greenway e Max
Cavalera), ma soprattutto con il suo sofferto pulito, che nel tempo ha
saputo conquistare spazi crescenti, fino a far sì che divenisse in certi episodi
persino protagonista. Ma è nella continua alternanza fra questi due approcci
che il Nostro trova la formula ideale, tingendo di inediti umori introspettivi
il mondo alienato ritratto dalla sua band. Ed aprendo, al tempo stesso, la
strada a tutta una generazione di cantanti, dal nu-metal al post-metal,
che del bipolarismo rabbia/fragilità
faranno la loro bandiera.
6)
Aaron Stainthrope
Altro
versante, stessa grandezza. Il vocalist
dei My Dying Bride non è solo il
capostipite dei cantanti gothic-metal
(ambito in cui si rivelerà fra i più imitati), ma un vero pioniere della voce
pulita nel metal estremo. Dalle efferatezze death degli esordi (da cui ha
ereditato un growl arcigno ed
espressivo) sboccerà un lacrimevole
canto che farà letteralmente scuola. Quel lamento (parole scandite con
insanabile rassegnazione) è una stupefacente epifania, l'espressione di nobili
e tragici sentimenti che si aprono faticosamente un varco fra la pesantezza
delle chitarre e la dolente danza di un violino: bellissimi versi decadentisti (scritti di proprio pugno dal
cantante, avendo ben in mente la feconda tradizione
dei poeti romantici inglesi) descrivono tragedie senza tempo, Eros e Thanatos indissolubilmente
intrecciati, come lo sono fra loro questo canto con quella musica, in perfetta
simbiosi nel tratteggiare scenari di una tristezza infinita. E Stainthrope,
considerato un avanguardista ad inizio carriera, diverrà presto uno standard: il suo canto, nondimeno, si
affermerà come di un genere intero, quel doom-death
che proprio nella Sposa Morente vedrà
un imprescindibile punto di riferimento.
5)
Fermando Ribeiro
Anche per il carismatico
cantante dei Moonspell la
prerogativa sarà quella di saper alternare parti aggressive a momenti più
soffusi e suadenti. Per quanto riguarda il primo versante, si parla di uno screaming potente che derivava dalle
efferatezze black metal a cui i
Nostri, con tutte le loro peculiarità, erano ricondotti ad inizio carriera. Ma
la vera fortuna dei lusitani è stata quella di poter disporre di una bellissima
voce pulita che ha arricchito ulteriormente le loro fascinose composizioni: un timbro
caldo, sensuale, un'interpretazione ardente, piena di sentimento,
caratteristiche che certo permetteranno alla band di avvicinarsi in modo
credibile ai lidi del gothic-rock (la
voce da baritono del Nostro è stata non a caso accostata in più circostanze a
quella di Peter Steele). In più
mettiamoci un approccio teatrale,
fantasioso, che non disdegnerà delle gradite incursioni nel folclore portoghese: capirete dunque il
motivo per cui abbiamo deciso di collocare il Fernandone ai piani alti della nostra classifica. Ascoltare "Vampiria" per credere!
4)
Jonas Renkse
Il cantante dei Katatonia costituisce senz’altro un
caso a parte in questa classifica, in quanto egli abbandonerà assai presto il
mondo estremo per cimentarsi in uno stile vocale che guardasse alla dark-wave (Robert Smith in primis) e al cantautorato affranto di Jeff Buckley. Egli non farà mai
coesistere le due dimensioni: solo infatti nel debutto "Dance of December Souls" lo
udiremo alle prese con un aspro e claudicante screaming, mentre già dal successivo "Brave Murder Day" preferirà concentrarsi su vocalità pulite,
lasciando il "lavoro sporco" all'amico Akerfeldt. Da "The Discouraged Ones" egli perfezionerà il suo stile sobrio, puntando
sull'introspezione, sull'assenza di enfasi (cosa rara da queste parti) e su testi
minimali. La sua crescita come interprete sarà misurabile album dopo album,
curando egli linee vocali sempre più raffinate e limando quei toni dimessi e
decadenti che tanto verranno imitati nel resto dell'universo gotico (e non
solo). Raggiungendo così un traguardo importante: quello di essere in grado di
cavalcare un'evoluzione stilistica che si lascerà presto alle spalle il black/doom degli esordi e di sorreggere
dunque (forse con un pizzico di monotonia di troppo) interi album con la sola
voce pulita (sfida che hanno perso in tanti, da Staintrope a Ribeiro stesso,
presto tornati a quella formula "mista" che aveva decretato il loro
successo).
3)
Michael Akerfeldt
Il connubio fra growl e voce pulita raggiunge con il leader degli Opeth la sua forma più riuscita. Un growl mostruoso ed estremamente profondo cederà il passo, nel corso
degli anni, ad un canto suadente e cristallino. Ma Akerfeldt non è solo intonato (tanto da permettersi di abbandonare
totalmente il growl da un certo punto
della carriera in poi), ma è dotato di un bel timbro che non avrebbe sfigurato
anche fuori dal metal (ho in mente le intense ballate ed in particolare la
spettacolare "Windowpane"),
proprio perché distante dai piagnistei o dai cori vichinghi tipici del metal
estremo. C'è malinconia, fragilità,
ma anche vigore, teatralità nella
gola di Akerfekdt, il cui amore per il prog
rock degli anni settanta ed un costante studio per migliorarsi, lo
aiuteranno a divenire un interprete istrionico e brillante, proprio come la
musica da lui composta.
2)
Vincent Cavanagh
Subentrato in extremis dietro
al microfono per sostituire il dimissionario Darren White, il buon Vincenzino,
da chitarrista nella media, si rivelerà inaspettatamente un cantante
superlativo da tutti i punti di vista. C'è comunque da ammettere che fin dagli
inizi si era resa lampante questa sua straordinaria
capacità di trasmettere emozioni, in linea con le bellissime composizioni
degli Anathema. Da quel mix di growl e singulti che guadava senz'altro al Tom G. Warrior di "Into
the Pandemonium", egli attraverserà un periodo di transizione in cui i
suoi lamenti rimarranno ruvidi ed imperfetti (ma incredibilmente vibranti), per
poi approdare a vocalità straordinariamente limpide e forti che guardano a
grandi interpreti del disagio
esistenziale 2.0 quali Thom Yorke
(Radiohead) e Jonsi (Sigur Ros): uno
"strumento", questa voce, che si è raffinato di album in album in una
crescita che ha del sensazionale, di pari passo all'evoluzione della band,
diretta verso i lidi del rock
progressivo e del post rock più
emozionante.
1)
Kristoffer Rygg
Al primo posto della nostra
classifica non poteva che presenziare il cantante più carismatico, versatile e
geniale che il metal estremo abbia mai conosciuto. Potremmo citare i primi
album degli Ulver, dove il nostro (ancora
con il celebre nickname Garm) sfoggiava uno screaming espressivo come pochi abbinato
ad epiche e sognanti vocalità di estrazione folk, spesso sovraincise per creare il caratteristico effetto "a cappella" (una
formula utilizzata con successo anche nell'esordio degli Arcturus e nei primi due lavori dei Borknagar); potremmo citare i guizzi teatrali, i vezzi surreali, le
mosse sbilenche ed imprevedibili espresse negli album degli Arcturus o nel
monumentale doppio album degli stessi Ulver "Themes from William Blake's The Marriage of Heaven and Hell"
(dove vocalmente accade di tutto);
potremmo infine evocare la scaltrezza elettronica, dolcezza pop,
le arditezze avanguardistiche degli
ultimi album degli Ulver stessi. Potremmo, in definitiva, citare i mille volti
di questo straordinario interprete che, con la sua cultura trasversale, ha saputo portare nel metal un po' d'avanguardia e nell'avanguardia un po' di metal, sapendosi confrontare, senza snaturare
la propria identità, con i generi più distanti (dall'hip-hop al jazz, dall'industrial al
rock degli anni sessanta, passando per i gorgheggi astratti richiesti da generi
quali l’ambient e la drone-music): dalle foreste alla
metropoli, dunque, e dai miti ancestrali alle nevrosi urbane. Potremmo persino
scrivere un post apposito sul grande
Rygg, ma ci limiteremo ad enunciare un solo, fondamentale concetto: ovunque
egli abbia messo bocca, è stata pelle
d'oca! Non senza imperfezioni, con qualche stecca che poteva essere evitata
o qualche difetto di pronuncia da correggere, ma sempre e costantemente con la
capacità di saper emozionare, comunicare ed al tempo stesso amalgamarsi ad ogni
sottofondo su cui egli si sia confrontato, sfoggiando in ogni circostanza grande
equilibrio e gusto, e permettendosi di farsi da parte, ove necessario, se non
addirittura eclissarsi per interi album. Silence
teaches you how to sing…