Tutto si volge a Bishkek, per la precisione, la
capitale. I Necronomicon (che nel mondo hanno più di un omonimo) “hanno rilasciato un demo nel 1996”, ma per il resto fatevi i
fatti vostri. Del gruppo fa parte l'onnipresente kirghistano Asbath,
che ha suonato la batteria anche dal vivo coi Nargaroth. Qui Asbath
suona strumenti “sconosciuti” secondo Metalarchives, ma tutto da
solo però. Un demo di cui non si conoscono titoli né strumenti
ufficiali. Nel 1997 arriverà tale Warg col basso, per non fare sostanzialmente niente.
Il mistero non finisce qui: gli Odyn's Nocturnal North pubblicano come one-mand band un demo sempre nel 1996, ed è sempre Asbath a operare nell'ombra. Sarà poi coadiuvato anche qui nel 1998 sempre da Warg, credo per pura compagnia a questo punto visto che anche qui tutto tace.
Menomale che Asbath è
anche e soprattutto un membro dei Darkestrah, dove si esibisce in percussioni e scacciapensieri. Kirghistani poi trasferiti in Germania, i
nostri hanno all'attivo sei album dal 2004 in poi. E anche Warg, il
basso lo suona per davvero, ma con i suoi Kashgar. E' la congiunzione
dei due che evidentemente produce una stasi compositiva fatale ad
ogni progetto.
Iniziamo con i Darkestrah
di Asbath. Fortunatamente il gruppo merita, perché altrimenti non
avremmo potuto perdonare affermazioni circa l'origine del nome.
Secondo una versione accettata a livello popolare, il nome sarebbe la
fusione fonetica di Dark e Orchestra, ma la “h” finale non torna
molto. E infatti con questa pulce nell'orecchio un giornalista chiede
conferma a Asbath, il quale così sibila “in verità, il
significato del nome Darkestrah può essere svelato solo da chi è
iniziato ai Misteri Superiori: se i comuni mortali lo conoscessero,
il destino di tutti sarebbe segnato. Verrebbe Akyr Zaman, la
fine dei tempi, e l'umanità sarebbe distrutta.”.
Va precisato che di
discorsi come questi se ne leggono anche sulle riviste nostrane ogni
tanto, e anche ahimé ad opera di artisti nazionali. Merito comunque
agli Asbath di un titolo a cui il black metal in terra islamica, e
cioè “Shaitan Akbar!” Un po' tutti sanno ormai, grazie anche al
terrorismo, che “Allah Akbar” (Allah è grande!) è uno dei
proclami di fede più comuni dei musulmani.
Il fatto più interessante è che la figura di Shaitan, l'equivalente di Lucifero, è meno scontata di quanto si possa supporre. Così come anche nella versione “luciferiana” che ad esempio è citata da King Diamond/Mercyful Fate in “The Oath”, Shaitan non è tanto l'avversario di Dio, ma una sua specie di controfigura, o alibi, per l'amministrazione del mondo. Shaitan nasce ribellandosi ad un ordine di Dio, un ordine di obbedienza. Dio reagisce condannandolo alla dannazione e mandandolo a far compagnia ad Adamo ed Eva, con la ricostituzione della triade: Uomo-Donna-Serpente che già aveva fatto casino nel Paradiso Terrestre. A questo punto Shaitan, come ultimo atto ultraterreno, chiede a Dio di consentirgli di fare il male, sul mondo e sugli uomini, e Dio acconsente. Shaitan quindi è il concessionario del male del mondo per conto di Dio, ed è pertanto – qui scatta la sorpresa teologica – colui che ha il merito, a volte, di non farlo. Dio, paradossalmente, viene tagliato fuori, perché ha creato una nuova volontà indipendente: il suo concessionario terreno può scegliere se fare il male, o no. Dio/Allah invece gli ha semplicemente affidato un compito maligno, cosicché la felicità umana è il risultato della riluttanza di Shaitan a obbedire alla delega per la malvagità. Mentre Shaitan ne esce coerente, ovvero uno che rifiuta l'obbedienza, e dimostra la sua natura rifiutando di obbedire sia alla presunta bontà (obbligata) di Dio, sia alla esplicita malvagità che chiede di poter esercitare, in quanto anche quella sarebbe concessione di Dio. Così esiste “fuori” dall'obbedienza. Dio/Allah invece, nell'escludere chi non gli obbedisce, e proteggere così la sua bontà “cieca", approfitta per affibbiare la responsabilità del male al ribelle, senza contare che il ribelle, in quanto tale, potrà rifiutarsi di compierlo fino in fondo.
Il fatto più interessante è che la figura di Shaitan, l'equivalente di Lucifero, è meno scontata di quanto si possa supporre. Così come anche nella versione “luciferiana” che ad esempio è citata da King Diamond/Mercyful Fate in “The Oath”, Shaitan non è tanto l'avversario di Dio, ma una sua specie di controfigura, o alibi, per l'amministrazione del mondo. Shaitan nasce ribellandosi ad un ordine di Dio, un ordine di obbedienza. Dio reagisce condannandolo alla dannazione e mandandolo a far compagnia ad Adamo ed Eva, con la ricostituzione della triade: Uomo-Donna-Serpente che già aveva fatto casino nel Paradiso Terrestre. A questo punto Shaitan, come ultimo atto ultraterreno, chiede a Dio di consentirgli di fare il male, sul mondo e sugli uomini, e Dio acconsente. Shaitan quindi è il concessionario del male del mondo per conto di Dio, ed è pertanto – qui scatta la sorpresa teologica – colui che ha il merito, a volte, di non farlo. Dio, paradossalmente, viene tagliato fuori, perché ha creato una nuova volontà indipendente: il suo concessionario terreno può scegliere se fare il male, o no. Dio/Allah invece gli ha semplicemente affidato un compito maligno, cosicché la felicità umana è il risultato della riluttanza di Shaitan a obbedire alla delega per la malvagità. Mentre Shaitan ne esce coerente, ovvero uno che rifiuta l'obbedienza, e dimostra la sua natura rifiutando di obbedire sia alla presunta bontà (obbligata) di Dio, sia alla esplicita malvagità che chiede di poter esercitare, in quanto anche quella sarebbe concessione di Dio. Così esiste “fuori” dall'obbedienza. Dio/Allah invece, nell'escludere chi non gli obbedisce, e proteggere così la sua bontà “cieca", approfitta per affibbiare la responsabilità del male al ribelle, senza contare che il ribelle, in quanto tale, potrà rifiutarsi di compierlo fino in fondo.
Detto questo, i
Darkestrah. Dopo un esordio new age (tipo shamanic atmospheric black
etc) e prove tecniche di pagan black, approdano ad un black
atmosferico con tematiche storico-mitologiche, misticismo pagano e
interpretazione che alterna momenti teatrali ad altri più crudi.
Direi che nella prima parte della loro produzione le parti più
interessanti sono quelle folk, però le inserzioni sono tutte del
tipo “intermezzo” o “corpo estraneo”, mentre il corpo dei
brani non riserva grandi sorprese. I momenti atmosferici o
introduttivi a volte sono oggetto di abuso (2 minuti e 40 di onde
sulla battigia introducono “Epos”), perché alla fine una
proposta folk-black deve funzionare intanto come black, e poi come
variante. Se accade il contrario si può apprezzare ma si può
pretendere di più, altrimenti l'effetto è “gruppo di blackster
interrotti da uno sciamano che ha sbagliato strada nel bosco”. Una
incorporazione dell'elemento folk nella struttura orchestrale del
black si ha negli ultimi due lavori, "Epos" (monobrano) e "Turan". La
presenza della voce femminile in screaming è puro dettaglio
accademico: sia esteticamente (col corpse-paint) che timbricamente è
indistinguibile e forse, prendendo alla lettera l'uguaglianza di
genere, è giusto che sia così.
I Kashgar propongono una
sorta di post-death, vario e con sapori folk in più di un passaggio.
Cose simili si ascoltavano a inizio anni '90, ed erano di matrice
tipicamente svedese. La scuola scandinava in effetti pare aver
lasciato il segno in questa parte dell'Asia più che in altre. La
definizione progressive black-death a mio avviso risente dei tempi,
nel senso che ciò che un tempo sarebbe stato semplicemente death
oggi è anche attribuito al black che nel frattempo ha invaso il
panorama estremo. Ascoltando gruppi tipo Edge of Sanity,
Pan-Thy-Monium, Atheist etc si comprende meglio come la matrice di
questo death progressivo/sperimentale fosse già pronta all'uso in
epoca pre-black.
Già con queste due
realtà la scena del Kirghizistan è competitiva, basta non far
incontrare Asbath e Warg. Quella è la vera alchimia proibita che
segna la fine dei tempi.
Altro che significato recondito del nome Darkestrah...
Altro che significato recondito del nome Darkestrah...