E figuriamoci se inauguriamo una nuova Rassegna e non ci mettiamo in mezzo il buon Lucassen!
Chi ci segue sin dagli albori del nostro Blog (2015) sa che non passa anno durante il quale non scriviamo, di riffa o di raffa, sul nostro amato Folletto olandese (e spesso più volte nello stesso anno...).
E così, anche per i nostri Fondi
di Discografia, lo tiriamo per la giacchetta (rigorosamente da hippie) grazie ad
un’opera che, all'interno della sua copiosa discografia, possiamo considerare senza dubbio
“minore”, ma non di meno interessante: “Lost
in the New Real”, secondo e ultimo full length a firma solista, pubblicato
nell’ormai lontano 2012.
Doppio CD (ma vah!) per un sci-fi
concept (ma toh!) che ha per protagonista un certo Mr. L (chissà per cosa starà quella “L”…), LitNR si configura in
modo molto evidente come un tributo del suo autore, verso tutte quelle band che hanno fatto parte del suo bagaglio musicale da quando era
ragazzo. Poco o punto heavy metal quindi in questi 90’ di musica, ma
tanto, tanto sano prog rock di qualità.
Se nel secondo CD, alternate a
buonissime canzoni inedite, verranno inserite direttamente delle cover,
peraltro riuscitissime, di Pink Floyd
(“Welcome to the machine”, riproposta con un riffone metal portante che la
rende ancora più inquietante della già inquietante originale), Blue Öyster
Cult (“Veteran of the psychic war”, monstre-song e momento top del disco
per chi scrive), Led Zeppelin (la
celeberrima “Battle of Evermore”), The
Alan Parsons Project (“Some other
time”, classe allo stato puro…) e addirittura Frank Zappa (l'obliqua e schizoide “I’m the slime”), è il primo CD che riesce
nell’intento, facile a dirsi ma complicato da realizzare, di presentare canzoni
lucassiane al 101% ma che sono contemporaneamente un palese atto d’amore verso
i Grandi Padri del Prog Rock settantiano.
E attenzione, il Nostro non nasconde minimamente le sue intenzioni: dopo un’opener tipicamente ayreoniana (la buonissima “The new real”) la scaletta ci presenta il brano emblematico dell’intera opera: “Pink Beatles in a Purple Zeppelin”! Un titolo che è un programma nonché una dichiarazione d’intenti…
Andando avanti nella scaletta ci ritroviamo brani che,
affianco al tipico ayreon-sound (lo space rock della già citata “The new real”,
il rock folkeggiante di “When I’m a hundred sixty-four” e “Where pigs fly”, l'hard-rock corale di
“Yellowstone Memorial Day”, la title track, una tipica prog-suite lucassiana)
omaggiano in modo diretto i Mostri Sacri del passato: “Parental procreation
permit” ha un chorus ledzeppeliniano allo stato puro, “Dr. Slumber eternity
home” ha quella delicatezza un po' ruffiana dei Beatles, mentre “Don’t switch
me off” chiama direttamente in causa i Pink Floyd dell’età d'oro, cioè quelli della
prima metà dei seventies.
La professionalità, la
piacevolezza delle linee melodiche, il songwriting che si attesta sempre su
livelli medio-alti, momenti di grande intensità emotiva (ascoltate le strofe
arpeggiate di “E-Police” o il chorus di “The social recluse” per capire cosa
intendo), un sound retrò ma in una veste aggiornata al Terzo Millennio…tutti
questi elementi fanno sì che l’intera operazione, seppur non imprescindibile,
risulti assolutamente vincente.
Insomma, una chicca da ascoltare per i fan indefessi, come il sottoscritto, della Grande Galassia a firma Arjen Anthony Lucassen.
Un altro valido tassello nel grande mosaico della carriera artistica
di questo straordinario, unico e sincero musicista.
Voto: 7+