"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

14 lug 2015

LE DIECI PIU' ATROCI CANZONI D'AMORE DEL METAL. 10° CLASSIFICATO: "A TALE THAT WASN'T RIGHT" (HELLOWEEN)


Negli anni '80, ad un certo punto, divenne un obbligo non scritto quello di schiaffare una “ballata” in ogni disco, ovvero un pezzo più lento, magari con una parte acustica, più malinconico e che, almeno per i gruppi di metal classico, tendeva pericolosamente a parlare d'amore. Se si era un gruppo hard rock era parte del mestiere; le perle migliori, tuttavia, si generavano invece quando i metallari tentavano di fare gli sdolcinati.

Naturalmente a noi degli aspetti gioiosi dell'amore ci è sempre fregato poco, per cui l'amore nel metal aveva  un taglio scontato: o di tipo tragico-malinconico, o di tipo sinistro-rancoroso. Dall'incrocio di tragedia e dolcezza scaturisce uno dei temi di riferimento di questo filone che è la tragedia della topa perduta.

"Here I stand all alone
Have my mind turned to stone
Have my heart filled up with ice
To avoid it's breakin' twice"


"Eccomi qui, tutto solo, ho trasformato la mia mente in pietra, e il mio cuore, l'ho reso di ghiaccio" (e non il mio cuore “è divenuto” ghiaccio: un errore tutto sommato trascurabile visto che il senso generale rimane quello) "perché non possa rompersi un'altra volta" (e non che si rompa “in due”, come erroneamente riportato in alcune traduzioni).
Questo passaggio sublime, con un artificio metaforico (il cuore rotto ma ibernato perché non vada in pezzi) degno del barocco mariniano, ci introduce nella tragedia della topa perduta.

“Ti ringrazio, caro vecchio amico, ma non puoi aiutarmi, questa è la fine di una storia che non poteva andare, stanotte non dormirò. Nel mio cuore, nel mio animo, davvero non vorrei dover pagare questo prezzo, dovrei essere forte, giovane e fiero, ma l'unica cosa che provo è dolore.”
E qui anche l'amico ne ha pieni i "cosiddetti", per cui, dopo svariate inutili birre offerte per compassione, il nostro metallaro ferito a morte torna a casa dal bar e rimane solo con la sua pena e continua con il suo fastidiosissimo lamento per arrivare al dunque: “E d'accordo, resteremo amici, potrai contare su di me, e diciamo che va bene così" (va bene così, concetto che fu a suo tempo già sintetizzato mirabilmente da Vasco Rossi che lo sviluppò in “Va bene, va bene, anche se non mi vuoi bene, va bene, va bene così"). 

E qui, la chiusa ad effetto: “Tu non dormirai sola stasera.” Ma il poeta non lascia intendere se significa “dormirai comunque con il mio amore che continuerà a vegliare su di te”, oppure più prosaicamente “tanto sarai già lì che ti fai pigiare da qualcun altro”. Ci pare più probabile questa seconda interpretazione, visto che l'astio prosegue con un'allucinazione collettiva, quando nella variante finale del ritornello il nostro si erge a cantore e vendicatore (a parole) di tutti i metallari lasciati e incornati, declamando: “Alcuni tipi piangono, tu prendi e lasci, loro sono stati forti, giovani e fieri, e mi dicono: suona ancora questa canzone...”.
Da un due di picche ci si trova catapultati in una dimensione epica, maschi contro femmine, l'eterna lotta del bene contro il male. Gli Helloween tentano così di salvare l'atmosfera generale dell'album ("Keeper of the Seven Keys"), sospeso tra il fantastico e la metafora sociale. 

Decisamente anti-epico è l'effetto di quest'immagine dell'esercito dei metallari così fragili di cuore che si lagnano in coro e si spalleggiano moralmente a vicenda. E pensare che pochi anni prima questi valorosi eroi piangevano a dirotto per il rischio di un conflitto nucleare ("How Many Tears"): un reflusso dal pubblico al privato, si potrebbe dire, o meglio, la doppia faccia di quel buonismo anni '80 in cui ci si arricchiva piangendo per i problemi del mondo. Persone che soffrivano come cani per il destino dell'umanità, ma continuavano a lottare fieramente in nome dei valori, almeno fin quando la ragazza non li lasciava...lì era tutto perduto...

L'unica cosa che salva il tutto è il cantato di maniera di Michael Kiske, che evita il piano realistico a cui il testo invece riconduce tragicamente, se uno ci presta attenzione. La cosa terrificante è che questa canzone continua ad essere riproposta live con la voce di Andi Deris, più sobria e meno isterica, che quindi la rende un imbarazzante pezzo a-la Scorpions in braccio agli Helloween.

Orrori vintage di cui all'epoca andavamo fieri, perché c'era bisogno di dimostrare che anche i metallari avevano un cuore. Menomale che era vero fino ad un certo punto...