49 minuti buttati lì, senza
troppo sforzo. Tirati via, quasi a spregio. Così…giusto per mettere sullo
spartito, e poi eseguirle strumentalmente, note e melodie passate per la testa.
Che per l'autore, evidentemente, non meritavano di andare sprecate.
I 74’ di “Empath” vi
hanno tramortito? Non avete avuto la pazienza di assimilarli? Troppo complessi
e sperimentali? Tranquilli, zio Devin ha avuto in serbo per voi un regalo: "Tests of Manohood", un
altro album, un intero disco, sicuramente più abbordabile del suo "fratello maggiore".
Infatti, così come successo per
“Transcendence” 3 anni fa, la versione deluxe del nuovo parto deviniano ci
regala 10 tracce, tutte in versione “demo”. E, pur in questa “forma” che
potrebbe far pensare a qualcosa di abbozzato, non completo e raffazzonato, non
solo convince, ma stupisce ed emoziona. Nella sua consueta bulimia
compositiva, Townsend, non solo non spreca nulla, ma dimostra che…fa bene a non
gettare nel cestino sotto la scrivania nessun brano concepito!
Dieci brani originali quindi che, manco a dirlo, spaziano dal modernissimo prog metal tipicamente townsendiano, all’elettronica
dark di “The waiting kind”; dall’industrial di stampo marziale (“Middle Aged
Man” potrebbe figurare tranquillamente in un album dei Rammstein più ispirati)
a soffuse ballad goth/ambient (in tal senso “Empath”, la canzone, è un gioiello
di inestimabile valore) o che tendono all’epico (“This is your life”, “Total
collapse”). Non mancano, come di consueto, sferzate metalliche, riffoni trascinanti accompagnati
da doppia cassa sparata e sezioni sideral-spaziali. Insomma, tutto
l’armametario deviniano ma declinato in forma più possibile, "umana".
Minimo comun denominatore con il
disco principale è il sottofondo orchestrale, con arrangiamenti curatissimi e
corposi (nei documentari reperibili su YuoTube sul “making of” grande merito
viene dato al direttore musicale Mike Keneally). Ma, come detto poco sopra, le
tracce di TOM seguono maggiormente la forma-canzone e hanno un umore più
stabile, dando al tutto un senso di coesione che farà felici chi si sarà
sentito “respinto” dal cd principale.
Attenzione, non stiamo parlando
di brani semplici o banali. Tutt’altro. E Devin sa stupire con canzoni
variegate e imprevedibili, come nell’accoppiata iniziale (da applausi!) “The
Contrarian” – “King”.
Non manca neppure qualcuno dei
suoi celeberrimi accostamenti improbabili, come quando decide di attaccare al
soffuso finale di “Empath” i beat danzerecci di “Methuselah”; quest'ultimo un brano
spettacolare, forse quello più vicino allo spirito della release principale,
ricordando nella sua essenza la fantastica “Sprite”.
Insomma, neppure quando “ci dà di
mollo” Devin fallisce o delude. Quello che per lui potrebbero essere “scarti”, per il 90% delle band metal del pianeta sarebbe più o meno un caposaldo della
propria discografia.
Prove di umanità…superate a pieni voti!
Voto: 7,5 (stringato)
Canzone top: tante (“The contrarian”, “Empath”, “This is your life”, “Gulag”, “Total
collapse”)
Momento top: l’attacco delle strofe di “Gulag”
Canzone flop: nessuna
Dati: 10 canzoni, 49’
A cura di Morningrise