In quella meravigliosa capitale svedese che risponde al nome di Stoccolma, abitano alcune persone che provano ad emulare le blasfemie dei vicini di casa norvegesi.
Le matrici però sono sempre state diverse e, rispetto ad altri gruppi di Stoccolma come gli Entombed o i Dismember, i Necrophobic cercarono fin da subito di dare tinte più maligne al loro sound.
Insieme ai Dark Funeral, altra band della capitale svedese, i Necrophobic provano a ritagliarsi la loro parte nel mondo del death metal e non sempre riescono a vivere una carriera graffiante come avrebbero voluto.
Nel 1993 debuttano con "Nocturnal Silence" pescando a piene mani dal sound dei Bathory, Dissection e At the Gates, ma la formula è impeccabile. Uniscono scorrevolezza e atmosfere con arpeggi in stile Tiamat della prima era ma con una capacità più coinvolgente nei momenti death più veloci. La chitarra del fondatore David Parland, insieme alla voce di Anders Strokirk, sono un marchio di fabbrica non solo loro, ma dell'intero movimento swedish death metal.
Dovranno passare quattro anni e tormentati cambi di formazione per trovare il successore del precedente caposaldo del death metal svedese, sebbene adesso la definizione death sfumi più verso il black metal.
Un black che diventa leggermente più pastoso, trovando delle assonanze con i Nagflar. Come quando decidi di fare una marmellata più dolce e sbagli qualcosa nella dose risultando più acida al gusto, così l'album risente della partenza del chitarrista e fondatore Parland che andrà nei Dark Funeral, mentre alla voce si promuove il bassista Tobias Sidegard che, a onor del vero, già qualcosa aveva cantato nel debutto.
Insomma i nostri restano un power trio con: Sidegard cantante e bassista, Martin Halfdan chitarrista al posto di Parland e il batterista Joakim Sterner, ma se la cavano da queste difficoltà di line up con un sound ben definito.
Nell'ottobre 1999 uscirà: "The Third Antichrist" con l'aggiunta di Sebastian Ramstedt in qualità di seconda chitarra e la coppia funziona bene. Canzoni veloci, evocative, rallentamenti al momento giusto e una varietà assente in un album che, però, nella prima metà convince parecchio.
Halfdan decide di lasciare la band e lo sostituirà Joahn Bergeback e io mi chiedo: quanti chitarristi ci possono mai essere in Svezia? Sanno tutti suonare allo stesso modo? Qui entra uno esce l'altro e il sound è lo stesso...ma li fanno con lo stampino come i mobili Ikea?
Il vero punto a sfavore dei Necrophobic sono le etichette con cui pubblicano, perché sono sempre sfigate, misconosciute o in difficoltà finanziarie, come se le attirassero loro. Avete presente quelle ragazze carine che hanno il vizio di fidanzarsi sempre con un piccolo delinquentello? Allo stesso modo i Necrophobic non azzeccano quasi mai una casa discografica che li sappia valorizzare.
I dischi che ho ricomprato poi nel tempo sono quasi sempre ristampe di fondi di magazzino di etichette fantomatiche come Hammerheart, Karmageddon Media, Regain Records, ecc
Nel 2002 esce il quarto album "Bloodhymns" e la formula non cambia: veloci sparate death, lyrics al vetriolo, un pizzico di melodia e tanto swedish death metal. Un altro bel disco con il copia/incolla ed è questo il vero limite dei Necrophobic, cioè non cambiano di una virgola.
In questo mondo pieno di incertezze e di gruppi che cambiano identità potrete rimproverare una critica eccessiva a questo ripetitivo gruppo, però a tratti lasciano esterrefatti per riproducibilità del sound. Vorrei sfidare uno dei fan più accaniti a differenziare una canzone di questo album dal precedente... passano gli anni e, pur realizzando buoni dischi, la monotonia comincia a stuccare.
Come quando la moglie è figa, la casa è meravigliosa, i figli vanno bene a scuola e sono in salute, il lavoro va che è una meraviglia, il giardino di casa è verde, il cane abbaia e rientra nella cuccia...ma sei annoiato e desideri che qualcosa vada maledettamente male pur di spezzare la monotonia e così finisci per andare a trans ogni sera di nascosto, allo stesso modo i Necrophobic non sbagliano un colpo, ma allo stesso tempo la monotonia li avvolge.
Passano 4 anni ed esce "Hrimthursum" e la musica non cambia, sebbene se proprio dovessi concentrarmi per trovare delle differenze, direi che è l'album più melodico della band con le canzoni che si allungano un pochino (spesso tocchiamo i sei minuti senza capirne il perchè). Come quando ti trovi davanti ad alcune vignette con dieci differenze da segnare a lato, così questi dischi sembrano quelle immagini della Settimana Enigmistica.
Nel 2009 è la volta di " Death to All" e l'unica differenza con i precedenti è che Sidegard non vuole più suonare e assume Alex Frieberg al basso, ma le canzoni sono sempre quelle (forse un pelino più veloci che in passato). Titoli come "Celebration of the goat" o "La satanisma muerte" ci fanno rabbrividire, come quando il dentifricio cade nello scarico, però sono canzoni efficaci e rassicuranti. Come quando abbracci un albero, i Necrophobic trasmettono quella sensazione rassicurante.
Poi un fulmine a ciel sereno.
Nel 2013 il cantante Sidegard viene arrestato per violenza domestica verso la moglie e le figlie beccandosi quasi due anni di galera. Prima di questo brutto affare, il gruppo aveva finito di registrare 70 minuti dell'album: "Wombs of Lilithu" con la partenza di entrambi i chitarristi sostituiti da Fredrik Folkare degli Unleashed.
Da questa tempesta su più fronti nasce un album cupo, diverso in questo caso dai precedenti con una matrice più malvagia, oscura e meno scorrevole dei precedenti. Egoisticamente ammetto che è l'album che ci voleva...non so cosa ne pensano i veri fans del gruppo in mezzo a questi stravolgimenti, però per me interrompe il meraviglioso piattume dei precedenti dischi riprodotti in serie come i mobili Ikea (utilissimi e funzionali), ma in questo trovo qualcosa in più anche nelle sue imperfezioni black metal.
La mosca bianca che quest'ultimo disco rappresenta nella carriera dei Necropobhic sarà destinata sin da subito a restare un episodio isolato e nel 2018 la formazione accoglie nuovamente i due chitarristi: Ramstedt e Bergeback, ma anche il cantante del primo album, Anders Stokirk, e pubblicano un buon "Mark of the Necrogram" che rimette la chiesa (satanica) al centro del loro villaggio.
Tutto torna ad essere swedish death metal, anche se stavolta le caselle sembrano al loro posto in maniera più consapevole di alcuni lavori precedenti e il ritorno dei membri storici giova anche alla loro ispirazione.
Infine la Century media ormai li protegge e pochi mesi fa nell'ottobre 2020 esce "Dawn of the Damned" che sembra una copia del precedente, sebbene leggermente meno ispirato, e allora tremo...
Tremo perché non so se sarò in grado di rivivere un altro decennio con buoni album fatti con lo stampino, non so se sarò così costante ma per adesso prendo un pezzo di corteccia da un albero nel bosco e provo a costruirmi una libreria: preferisco qualche scheggia nelle mani rispetto al truciolato prefabbricato da Ikea.
Discografia completa dei Necrophobic:
"The Nocturnal Silence": 8
"Darkside": 7
"The Third Antichrist": 7-
"Bloodhymns": 6,5
"Hrimthursum": 6,5
"Death to All": 6,5
"Womb of Lilithu": 7+
"Mark of the Necrogram": 7
"Dawn of the Damned" 6,5