Per il metal Gorbachev significa una sola cosa: il concerto Moscow Music Peace Festival (MMPF), tenutosi il 12 e 13 agosto 1989 allo stadio Lenin di Mosca. Fu l’evento che segnò l’apertura ufficiale, macroscopica, in mondovisione, dell’URSS alla musica occidentale. Ciò succedeva nel clima già consolidato della distensione politica sovietica, interna ed esterna, indicata come perestrojka.
L’Italia di fine anni 80, che non sapeva prendere sul serio nulla, disse la sua col film “Occhio alla Perestrojka” (1990) di Castellano e Pipolo, protagonista Jerry Calà. Gli italiani avevano avuto un certo successo nell’Est Europa, come territorio di conquiste senza impegno, ma la Russia era territorio ostico, e sconosciuto in questo senso. Gorbachev prima, e il crollo delle dittature comuniste dei paesi satelliti poi, aprì le porte all’abbraccio con la sterminata Russia. Tutto ciò fu il terreno favorevole al MMPF, che – riporto da Wikipedia – "fu organizzato in piena cooperazione tra USA e URSS con lo scopo di promuovere la pace e combattere l’abuso di droghe e alcool".
Ho assunto una sostanza che mi impedisce di ridere, e solo per questo sono in grado di proseguire la stesura di questo articolo.
L’evento fu epocale, anche perché
coincise per il metal con un periodo in cui MTV si occupava di metal, e diversi
video metal passavano per il palinsesto, soprattutto per l’effetto trainante
della corrente street rock capeggiata da Guns N' Roses e Skid Row. Il MMPF non
fu una selezione scontata di artisti famosi dell’epoca, perché mancavano grossi
nomi, ma probabilmente esprimeva ciò che era filtrato nell’URSS e che quindi
poteva richiamare il grande pubblico. Non si può dire che fossero tutti nomi
dello street rock. Non si può dire che fossero tutti nomi all’apice del
successo o le nuove sensazioni dell’epoca. Erano tutti gruppi con nuovi dischi
“caldi”, ma per il resto relativamente eterogenei. Pegno al paese ospite, come
nei Mondiali di Calcio, fu pagato nei termini dell’ammissione d’ufficio di un gruppo
locale, i Gorky Park.
Complessivamente, l’artista più
estremo della partita era Ozzy. Il resto erano gruppi che se non proprio street,
erano hard rock. Ricordo bene la scenografia, che sembrava quella dei presepi
fatti in casa, quelli in cui si attacca il cielo stellato alla parete con lo
scotch dietro lo scenario con capanne, pecore e personaggi. Un concerto in
pieno giorno con una scenografia tipo cielo stellato dietro, e un “timpano” che
sovrastava il palco con l’immagine della bandiera tibetana, forse per spregio
al regime cinese, vai a sapere. La lista comprendeva, oltre i succitati: Bon Jovi,
Motley Crue, Scorpions, Skid Row, Cinderella.
Grandi assenti, per l’epoca, i
Guns N' Roses. C’erano gli Skid Row, come quando ad un bar hanno la Pepsi ma
non la Coca Cola (almeno nella percezione del pubblico generico).
Il festival secondo me ebbe
successo sul piano mediatico e simbolico, perché fu all’epoca uno dei primi
eventi di metal su grande scala, se non il primo, trasmesso da MTV sia per le platee
russe che per quelle occidentali. Due limiti. Il primo fu che le band russe di
metal all’epoca già erano oltre 90, ma la presenza russa si limitò ad un
rappresentante dello street metal, perché in quel periodo esisteva un pubblico
ibrido, che poteva ascoltare il metal fino ad un certo punto, senza esagerare. In
secondo luogo, lo spirito del concerto era effettivamente più votato al rock che
al metal, per cui si proponeva come una specie di Woodstock, piuttosto che come
un festival rappresentativo di un genere musicale e delle sue istanze. Doveva
essere un evento per le masse, e quindi sufficientemente edulcorato e tarato su
gusti attuali, giovani e spendibili di fronte al mondo che guardava. Quindi non storie di dissezioni in obitorio o di cavalieri con spade, o di negromanti che evocano streghe bruciate sul rogo, perché il mondo avrebbe cambiato canale.
E’ curioso vedere come alcuni dei
nomi che avevano catturato il cuore dei metallari di oltre cortina, hanno poi visto
una fase calante per scomparire nel nulla. Altrettanto curioso vedere che
altri, prendete gli Scorpions, sono qui a cantarci “Rock Believer” in un 2022
che potrebbe tranquillamente essere il 1989. Gli stessi Scorpions cavalcarono l’entusiasmo
per il MMPF con una canzone ad esso ispirata, la celebre "Wind of Change".
La cosa veramente fastidiosa fu
il ricorrente messaggio di pace che voleva essere esplicitato, come se la
distensione Est-Ovest avesse significato, automaticamente e linearmente, una
progressione verso la pace (infatti s’è visto...). I Bon Jovi concludevano lo show con una jam di brani rock famosi, chiusi da “Give peace a chance” (canzone caduta nell’oblio
ma ahimé rinverdita da uno di quei progetti tipo We Are the World, una versione
corale con nomi illustri della musica non-metal). Ozzy se la giocò facile con "War Pigs", che ci sta sempre come il cacio sui maccheroni. Chi non si gioca una canzone
sulla pace si gioca comunque una cover di gruppi settantiani, o anche di Elvis
(i Motley l’hanno bell’e pronta): il rock, con ritardo di decenni magari, entra
nell’URSS. Bisogna dire che, per quanto stucchevole, quest’idea aveva un suo
valore e una sua coerenza rispetto al messaggio del MMPF. Peccato, come già
detto, che in questa commistione tra i due mondi in realtà non ci fosse un
contributo russo, ma sostanzialmente si trattava di ammettere la musica
occidentale in Russia, che non aveva da rispondere a tono. Gli Scorpions
inserirono rispettosamente un brano di
folk russo nella loro setlist, ma a nessun altro venne
in mente. Il gruppo che poteva contare su un impatto doppio in quella occasione
erano gli Scorpions, forse scelti appositamente: gruppo tedesco di fama
internazionale, che in quel momento incarnava l’istanza europea nei confronti
dell’URSS. La caduta del Muro di Berlino era stata, in un certo senso, anche se
potrebbe non sembrare, la prosecuzione della battaglia per Berlino, in cui gli
ultimi disperati nazisti si erano opposti, sostanzialmente, all’Armata Rossa.
Per quanto gli Alleati alla fine avessero vinto, la spartizione di Berlino
mantenne dei settori per ogni potenza vincitrice, e la metà occidentale di
Berlino rimase un’enclave occidentale dentro il territorio della Germania Est.
Una metà di Berlino che reggeva le sorti simboliche di tutto il blocco
Occidentale, ancora sul fronte, seppur della guerra fredda. Ebbene, il set
degli Scorpions fu forse il più riuscito, con le memorabili urla di naso di
Klaus Meine che terminavano in “----Moscoooow”. Gli Scorpions ribadirono la
loro dimensione live dopo il "World Wide Live" dell’85 e di fatto furono
rilanciati anche tra il pubblico metal internazionale, proprio sotto i
riflettori generati dal successo dello street rock.
La parte più stralunata era
invece quella di Ozzy. Intro, in pieno giorno, “O fortuna” di Carl Orff… interrotta
da un Ozzy che entra saltellante sul palco, col solito sorriso e sguardo
forsennati, costume da domatore, completamente fuori registro, che attacca "I Don't Know". Come non adorarlo, però, per la genuina partecipazione al set più
metal dell’insieme. Una performance che consacrò il nuovo chitarrista Zakk
Wylde, autentico salvatore di un album come "No Rest for the Wicked" (1988).
Che fine avranno fatto i Gorky
Park? Sono durati per un po’, del resto come i gruppi occidentali, anche se
non hanno mai sfondato in Occidente. Il metal in Russia è decisamente cambiato.
Un MMPF non sarebbe più possibile. Anche perché fu un prodotto della
pacificazione, e non certo uno strumento. L’apertura nei confronti dell’Occidente
si è fermata a metà, e per quanto l’Est sembri occidentalizzato, le mentalità mantengono
qualcosa di contrapposto. Neanche a dirlo, non ce ne vogliano gli
organizzatori, l’intento di debellare la droga e l’alcool fallì miseramente,
visto che attualmente in Russia questo problema rimane non solo diffuso ma
allarmante anche sul piano della chiusura ai sistemi di intervento occidentali
(tanto per dire come certe opposizioni possano rimanere latenti).
A cura del Dottore