Ventiquattresima puntata: Nocturnal Depression - "Nostalgia - Fragments of Broken Past" (2007)
Formatisi nel 2004, i Nocturnal Depression hanno dato alle stampe il loro debutto "Nostalgia - Fragments of a Broken Past" nel 2006, quando molto, se non tutto, era già stato detto sul depressive black metal. Quando infatti band come Shining, Silencer e i nostrani Forgotten Tomb avevano già partorito i loro capolavori, i Nocturnal Depression si inseriscono nel mercato, più che come degli innovatori o degli originali interpreti, come dei convinti sostenitori del verbo depressive, incarnandone nel bene o nel male i cliché.
Nondimeno i francesi sono anche una delle band più longeve nel movimento, pubblicando dischi a scadenza costante e assicurando una vita sul palco: cosa, quest'ultima, che non è da dare affatto per scontata in un ambiente di inguaribili misantropi che costruiscono carriere intere rimanendo nel chiuso delle loro camerette e limitandosi ad attaccare lo spinotto della chitarra al software del proprio computer. A venti anni dalla loro nascita, possiamo considerarli senz'altro fra i nomi di punta del movimento.
Il duo composto dal factotum
Herr Suizid e dal cantante
Lord Lokhraed ha mostrato di aver avuto le idee chiare fin dai primi passi. Già i titoli delle quattro demo rilasciate fra il 2004 e il 2005 erano eloquenti nel delineare la missione artistica del progetto: "
Suicidal Thoughts", "
Near to the Stars", "
Soundtrack for a Suicide" e "
Fuck Off Parisian Black Metal Scene" (
meraviglioso!). Questa nitidezza di intenti permette ai Nostri di entrare in studio e di registrare un
instant classic destinato a rimanere negli annali del DBM.
“Nostalgia – Fragments of a Broken Past” è un debutto indubbiamente acerbo da tutti i punti di vista (nel concepimento, nella realizzazione e nella registrazione), ma, come si è già visto in altre circostanze, questo aspetto finisce per divenire un punto a favore piuttosto che uno svantaggio in quanto imprecisioni, sbavature e lungaggini donano agli umori che il genere si propone di illustrare. V'è poi da dire che i Nocturnal Depression non sono propri questi geni creativi: la loro discografia non è costellata di capolavori e, a parere di chi scrive, le vibrazioni emanate da questo imperfetto debutto non potranno essere rinvenute nei lavori successivi, magari anche meglio registrati e prodotti, ma non superiori a livello di ispirazione.
Si parla di un bel tomo di un'ora e mezza. Ad esclusione di un paio di interludi atmosferici, l'album offre tracce dalla durata decisamente estesa che oscillano continuamente fra momenti di quiete/atmosfera e rancido black metal, con i soliloqui da moribondo di Lord Lokhraed a fare da collante. Quello dei Nocturnal Depression è un DBM che trova la dimensione ideale nella lunga e tortuosa suite musicale, dove una struttura libera e meditabonda, più che seguire schemi di composizione precisi, sembra voler descrivere il susseguirsi di scenari di disgregazione emotiva. Capita spesso che di punto in bianco un brano si fermi, che lasci lo spazio al rumore della pioggia o alla mansuetudine di un tetro arpeggio, mentre uno screaming bavoso continua a gemere. Quello dei Nocturnal Depression, per intendersi, è un DBM dove si strilla su partiture di pianoforte e c'è da dire che i Nostri in questo sono estremi per davvero, costruendo brani infiniti in cui la componente atmosferica è importante quanto quella elettrica, senza mai puntare sulla velocità e sull'impatto. E sebbene sia lampante che il discorso venga troppo spesso tirato per le lunghe, è indubbio come queste estenuanti sinfonie della sofferenza sappiano irretire l'ascoltatore minuto dopo minuto dopo minuto (dopo minuto...).
Come suggerito dal titolo (e probabilmente anche dalla copertina - una ragazza in vesti gotiche accovacciata su sfondo cimiteriale intenta a deporre un fiore su una pietra tombale), l'album è una galleria di ricordi dolorosi recitati dalla voce strozzata dal pianto di Lord Lokhraed, brillante interprete e ideale Caronte nel traghettarci fra i diversi gironi di agonia messi insieme dal compare Herr Suizid.
"And once again despair is kissing me
With her cold ghostly lips
My own destruction is leading me to my grave
That I digged for many times"
L'opener "And Fall the February Snow" si apre con un desolante arpeggio, il sibilar del vento e la nenia cantata da una voce femminile. Ci mette un po' per partire e nei suoi nove minuti e passa di durata già spiega nel dettaglio quale sia la cifra stilistica del duo, incline a gettare un ponte fra black metal e gothic metal, un po' come avevano fatto i nostrani Forgotten Tomb all'inizio del loro cammino. La continua integrazione fra chitarre distorte e pulite, invece, richiama le lezioni degli imprescindibili Shining. Il quarto d'ora di "A Life to Suffer" ribadisce il concetto, disperdendosi in un ginepraio di soluzioni atmosferiche, ma sapendo anche inanellare momenti di grande suggestione, come quando la voce distrutta dal dolore, lasciata nel silenzio, recita il titolo del brano per poi far sì che si dischiuda un passaggio acustico di estremo fascino. E' questa, in fin dei conti, l'essenza del DBM: l'aperura melodica, il passaggio che non ti aspetti in un contesto di totale disorientamento.
Interessante citare anche l'esperimento costituito da "
Suicidal Metal Anthems", forse una scelta puerile ma emblematica nel chiarire da dove proviene la band: si tratta di un
medley di brani di
My Dying Bride,
Katatonia,
Burzum,
Gorgoroth e
Nargaroth che va a confermare un’ispirazione bicefala che ricollega i Nocturnal Depression sia all’universo gothic/doom che a quello black. Menzione d'onore, infine, ai venti minuti della
title-track "
Nostalgia", scelta curiosamente come singolo e per cui fu realizzato anche un
videoclip (
evidentemente i Nostri non avevano intenzione di sfondare nell'alta classifica!) e che viene orgogliosamente riprodotta tutt'oggi dal vivo, a dimostrazione della bontà di un esordio che, a distanza di anni, continua a ricoprire un posto particolare nel cuore della band. L'album sarebbe poi successivamente uscito in una versione differente con una scaletta di brani un po' rimaneggiata ("Suicidal Metal Anthems", per esempio, sarebbe stata rimossa) a riprova che la band, nonostante non fosse pienamente soddisfatta degli esiti finali, ha saputo riconoscere il valore intrinseco dell'album.
L'anno dopo, nel 2007, sarebbe stata pubblicata l'opera seconda "Soundtrack for a Suicide - Opus II", anch'essa di diritto da inserire negli annali del depressive, sebbene - almeno secondo l'opinione di chi scrive - risulti nel complesso meno ispirata: i brani in esso contenuti, infatti, sembrerebbero brillare più per la perseveranza e l'attitudine che per la qualità della scrittura. Titoli come "Anthem to Self-Destruction", "Join Me with Suicide" e "Hear My Voice...Kill Yourself" andavano a confermare un messaggio lirico ben preciso ed una ferrea dichiarazione di appartenenza identitaria al genere, con un suono, se vogliamo, ancora più puro, nudo e ripetitivo, ma privo di molti guizzi di genio che avevano animato l'imperfetto debutto.