I Kriegsmaschine, in “Altered States of
Divinity” affrontano in maniera monotematica la contrapposizione tra spirito e
materia, e lo rapportano, nell’uomo e nel profeta, alla contrapposizione tra la
sua umanità carnale e la sua “divinità” che
esprime il Verbo. La parola divina, che utilizza il messaggero come guscio, è
una sorta di antimateria che si mangia la carne, e che anzi richiede, per entrare, delle porte carnali, simboleggiate dalle ferite. La parola è seminata negli intervalli della carne, poi cresce e infetta, mangiandosi il corpo pezzo a pezzo.
In questo processo, a differenza della normale morte e putrefazione, non c’è trasformazione, ma negazione della carne. Affermare lo spirito è negare la vita. Metaforicamente, è come un decomposizione finale, senza trasformazione, che catapulta la materia in un buco nero di energia. Il supremo capovolgimento dello “scopo”
della “sostanza”: non più ciclo di morte e nascita, ma furto di vita per
alimentare l’antimateria. Questo è il Verbo, il verbo che si è fatto carne. O
meglio, la carne che si è nascosta sotto il verbo. Una carne che muore
sterilmente, che si cristallizza, che si ferma e si dissolve senza passare ad
altra carne.
“Oltre
la pelle, oltre la carne, attraverso il tempio corre la beatitudine della
morte. Niente più di una carogna, di un verme senza valore, eppure attraverso
il suo sangue prenderà forma la salvezza. Dentro il cuore di ogni uomo che
desideri la morte, risuonerà un salmo per la sua venuta su questa terra. Che
ogni carne ascolti: salvezza per tutti i popoli. La luce nera della redenzione
splenderà sulle ceneri ! Come bronzo in fiamme dall’alto del paradiso, così
colerà giù il veleno dai suoi polsi lacerati. La suprema inversione dello scopo
della materia, torturata e frustata a sua immagine e somiglianza.”
Perché la verità divina sia accettata è
necessaria la mortificazione della carne, non soltanto in senso concreto, ma
anche simbolico. A questo si fa riferimento parlando dello “scopo” della
materia, tradito dalla concezione religiosa. La materia ha uno scopo terreno,
ha lo scopo di essere se stessa. Non va oltre se stessa, non ha un fine
ulteriore o trascendente. Ecco che la passione di Cristo diviene una “lezione”
data alla carne, finché, stremata dalle torture, dalle lacerazioni, essa non
accetti di essere subordinata ad un’altra cosa. Ad un fine, un fine che le darà
un nuovo senso, trascendente. Essa sarà la carne della vita terrena, di questo
mondo, la carne che riveste l’anima, destinata invece all’altro. E dove si
intravede l’anima? L’anima, con immagine macabra e ironica, si intravede nel
buco dei chiodi che hanno trapassato i polsi del Cristo: in quel “nulla”
carnale, dove cola il veleno della verità religiosa, ha la sua forma “ex vacuo”
lo spirito.
Ricordate quella pubblicità delle
caramelle Polo “Polo: il buco con la
menta intorno”? La caramella Polo era menta, ma la rendeva unica il buco, un
“niente” che però era un’idea vincente. Lo stesso fanno le stigmate rispetto
alla carne: esse sono il buco con la vita intorno. Sono la carne venduta come
fosse il contorno del vero nucleo della vita, lo spirito, cosicché quel “nulla”
diviene il centro pulsante dell’universo.
Quello iato, che separa le cose e non le
unisce, è il principio unificatore del senso di tutte le cose. In quel “non-luogo” che è il luogo dello
spirito, l’anima vera, che è espressione della carne, non trova pace.
"La mia carne e il mio cuore sono venuti meno, e sono ormai un lampo, un riflesso del vuoto, chiuso dentro un labirinto di scale serpentiformi, mentre la sua luce gentile scortica la terra. Le lingue che parliamo sono lingue dei morti, e ciò che risiede in noi non è umano. Oh, fiamma divina, che guida l’esistenza verso l’infinita entropia, il caos. Che il Signore sia nei nostri cuori e sulle nostre labbra, con la saliva sputiamo dentro bocche aperte, che le parole dei canti per te spazzino via le stelle, e possano gli anni essere contati fino al numero del nulla…del nulla. Brucia attraverso di me! Distruggi attraverso di me! Brucia i miei polmoni con le lodi, strappa la mia bocca con il Nome. Fammi sanguinare, e possa il mio sangue ridurre il mondo in cenere, ogni singola goccia a spezzare i legami del creato".
"La mia carne e il mio cuore sono venuti meno, e sono ormai un lampo, un riflesso del vuoto, chiuso dentro un labirinto di scale serpentiformi, mentre la sua luce gentile scortica la terra. Le lingue che parliamo sono lingue dei morti, e ciò che risiede in noi non è umano. Oh, fiamma divina, che guida l’esistenza verso l’infinita entropia, il caos. Che il Signore sia nei nostri cuori e sulle nostre labbra, con la saliva sputiamo dentro bocche aperte, che le parole dei canti per te spazzino via le stelle, e possano gli anni essere contati fino al numero del nulla…del nulla. Brucia attraverso di me! Distruggi attraverso di me! Brucia i miei polmoni con le lodi, strappa la mia bocca con il Nome. Fammi sanguinare, e possa il mio sangue ridurre il mondo in cenere, ogni singola goccia a spezzare i legami del creato".
La carne costruisce cioè che il verbo
distrugge, e viceversa. Il “creato” è qui l’insieme della carne, ciò che è
stato creato e crea se stresso, finché la vita sussiste. Il creato superiore,
che discende da Dio, coincide con la dissoluzione del vero scopo della materia,
che è trasformarsi in sé. Ecco che questo movimento tutto a un tratto è
interrotto, è frenato, uniformato fino all’entropia del nulla, in cui tutta
l’energia è “sottratta” al circolo e fermata in nessun punto in particolare, e
un po’ distribuita su tutto, così da non creare più differenze, gradienti e
direzioni che imprimano un movimento.
La fiamma divina guida l’esistenza verso
l’infinita entropia, cioè il nulla fermo.
Il sangue della carne spiritualizzata,
cioè della carne da cui la sofferenza ha “cacciato via il diavolo”, sarà il
fluido della fede che cancellerà il mondo. Ogni singola goccia di quel sangue
è come un colpo di maglio su uno dei mattoni di una costruzione, come un taglio
di forbice sui nodi che tengono insieme un telaio.Da notare come nel ribadire questi concetti siano insistite le immagini corporee: la bocca, la saliva, il sangue. E ancora, le mani amorose sono quelle con cui “vi strangolerete a vicenda”. Gli uomini emuleranno Cristo, e così
“tagliatevi
la pelle e ne colerà ambrosia, - perché a chi busserà sarà aperto”, “rompetevi
le ossa e troverete dentro la manna – perché chiederà avrà in cambio”, “strappatevi gli occhi e
fronteggiate la visione, perché chi cercherà avrà trovato”.
Le azioni della fede (aprire la porta, chiedere e cercare), sono ottenute
tramite la distruzione dei sensi. La porta aperta è la ferita; la manna della
fede è l’invalidità; la rivelazione è cecità.
Ancora su questa linea: “Per
le orecchie dei sordi, per gli occhi dei ciechi, per la bocca dei muti
canteremo le tue lodi !”
La carne è martoriata e sbranata, e da
questa separazione della carne origina “la parola”, il seme del nulla seminato
nelle ferite della carne, negli iato, nei “non-luoghi” resi possibili dal
tradimento della carne. Nello spazio rubato alla carne cresce l’infelicità,
nutrita dalla parola, che cola insieme al sangue dalle ferite carnali, e che il
credente beve come fosse un liquido salvifico, una linfa.
“Benedetti siamo questi denti, queste
unghie! che strappano e violano le speranze dell’uomo. Benedetta sia questa
bocca, questa lingua, che avvelenano il mondo con il seme che hai gettato. Un
verme putrido in ogni crosta, una parola vuota, un sentiero che non porta da
nessuna parte. I legami, rotti; le tracce, svanite; semi marci del corruttore,
il Signore nostro Dio".
Sul piano visivo, la luce “prismatica”,
sfaccettata, permessa dai sensi, è contrapposta alla luce divina, all’illuminazione.
“Un nuovo sole spende, il prisma ha perso
! Le tele sono ordite, la luce converge al centro, a bruciarmi gli occhi e
aprirmi la vista ai miracoli.” La trasformazione della carne stessa in energia,
cioè della materia in movimento in materia virtuale, sospesa, amorfa “e possa
la tua luce incenerire i tuoi figli – Fa della mia carne un cristallo, che
brilla coi suoi raggi. Con ogni singola parola crescerà l’infezione, finché c’è
vita, per sostituirla col vuoto”.
Il verbo, l’anti-carne, che nasce come infezione
della carne, a consumarla e sostituirla con il nulla. Ciò simboleggia il
passaggio dalla verità della conoscenza umana alla fede, che racchiude la
verità nella parola: la parola mangia letteralmente la carne, è un seme di
morte, che una volta accettato dentro cresce e si appropria del “fine” della
carne, consumandola quindi non per riprodurla, ma per cambiarla con un “vuoto”
di realtà.
Viceversa, è con “sigilli brucianti di polpa calda e vitale” che la parola di Dio è
sconfitta.
Il verbo semplifica e uniforma. “Che nessuna particella prevalga, nessun
singolo legame, ogni cosa tornerà al divino Niente”. In termini di vita
molecolare, atomica e subatomica, il Verbo è un principio di entropia, che
rende le particelle disposte in maniera talmente casuale e non collegata da
essere sostanzialmente non più in alcun rapporto tra di loro. Nessuna “parte”
del tutto è più identificabile come tale, non più diversa né in grado di
iniziare una catena di reazioni. Il Verbo, rispetto alla verità carnale, che è
multiforme e mutevole, è una parola unica, anzi neanche una parola, ma la fede
in una parola, che la riassume in meno di una lettera, meno di una vocale.
In questa sostituzione si realizza il progetto che Dio ha sull’uomo. La sostituzione della vita in movimento con una vita “a cui credere” che richiede l’immobilità, la disorganicità e l’estrema semplificazione della realtà. Il peccato, che è la premessa alla mortificazione della carne, coincide con la vita, e l’affrancamento dal peccato con la morte. “Suonate le trombe della desolazione, perché è senza peccato solo colui che è morto”.
La grande sostituzione della carne con il
nulla, e il tradimento del suo scopo, è spiegato facendo riferimento al film “Stigmata” (1999) al film “Equilibrium“ (2001). In "Stigmata" si parla di messaggi e messaggeri: al Cristo
non si deve chiedere “chi sei”, ma “chi ti manda”. La verità della rivelazione non
è qualcosa che riguardi sostanzialmente una persona, ma l’uomo in quanto tale.
Non è importante un uomo, neanche il profeta. E’ importante il messaggio. Il
messaggio è Dio.
Da "Equilibrium": “Signore, senza la logica, non rimane solo il caos, cioè quello che noi
abbiamo lavorato così duramente per eradicare? Preston, devi capire, che
mentre tu – e perfino io – potremmo non essere sempre d’accordo con un
messaggio, non è il messaggio che è importante, è la tua obbedienza al
messaggio. La volontà del Padre, chiamala fede. Tu ce l’hai, presumo..”
La fede è rinunciare alla conoscenza. La
carne stimola la conoscenza, e la conoscenza stessa è carne, in quanto
cervello. Il principio di fede deve “ibernare”, “cristalizzare” carne e
conoscenza, come fosse un’anti-materia che se la mangia a senso unico. La fede
riceve ma non espelle, non restituisce alla materia. Si nutre di essa in quanto
vive della sua negazione. Non è importante con quale parole la fede si debba
esprimere; importante è che queste parole indichino qualcosa di non conoscibile,
di non definibile, di assurdo; al limite proprio per sollecitare quell’atto di
fede che sancisce la propria posizione anti-carnale.
La carne contro lo spirito, la bellezza
del limite contro lo squallore dell’assoluto. Gli spazi in movimento della
materia contro la divinità dell’antimateria.