La diabolicità di Google, come
tutti sanno, è quella di registrare le preferenze dei suoi utenti e proporre
loro, ad ogni nuovo utilizzo, pagine e video che potrebbero interessarli.
E così, l’altra settimana, aprendo
l’app di Youtube mi è apparso nelle prime posizioni un videoclip di un gruppo
che non avevo mai sentito: gli Eleine.
Lo apro, attratto epidermicamente
dalle esuberanze fisiche della fronwoman, tal Madeleine Lliljestam, un
avvenente mora dai seni prorompenti e “sobri” tatuaggi che le ricoprono
abbondantemente cosce, petto e braccia. La canzone, “Enemies”, è tratta dall’ultima
fatica della band svedese, l’EP “All shall burn” ma, già verso metà
brano, chiudo il video con una sensazione a metà tra lo schifo e la noia.
Ormai non se ne può più - penso- sempre sto cazzo di sound trito e ritrito: un
symphonic power/prog con batteria a pale di elicottero, chitarroni
ipercompressi, melodie piatte come una sogliola, prevedibilissima alternanza di
parti tirate con altre morbide e, ogni tanto, qualche sporadico e isolato
vocalizzo growl a rompere le linee melodiche della bella voce di Madeleine
(tanto per dire: siamo veramente heavy e ve lo dimostriamo…).
La sensazione che mi rimane
addosso è che, per un numero sempre maggiore di band nate in questa seconda decade del Terzo Millennio,
l’apparire sia più importante dell’essere, che l’estetica lo sia più del contenuto;
sensazione corroborata dal soffermarmi sul look dei restanti 4 musicisti degli
Eleine, tutti maschietti: occhi cerchiati di nero carichi di matita, sguardo poser
da “duro e cattivo”, capello curato e impomatato, barba da hipster altrettanto
in ordine, senza un pelo fuori posto…insomma, non ci posso far niente ma ai miei vecchi
occhi di trentennale metaller appaiono alquanto patetici. Anzi, molto patetici.
Senza soluzione di continuità,
rifletto su quanti dischi fotocopia sono usciti con queste caratteristiche negli
ultimi 15/20 anni e quante band con questo look da copertina di rivista glamour. Risposta: tanti. Troppi.
Come incredibile contrappasso, vicino
a quello appena clickato degli Eleine, Youtube mi propone il video completo (117’) dell’esibizione dei
Maiden a Rio de Janeiro dello scorso 04 ottobre. D’istinto lo apro. E me lo
gusto per intero. Del resto, come ho già avuto modo di dire, periodicamente
ho bisogno di guardarmi un live degli Iron, per sapere come stanno, com’è il
loro stato di forma. E, senza scendere in dettagli,
posso comunque dirvi che li ho visti in superforma, con un Bruce che inanella
di fila, senza cedimenti, tre song strappaugola come “Aces high”, “Where eagles
dare” e “2 minutes to midnight”, in barba ai suoi 61 anni! Anzi,
paradossalmente qualche problemino in più l'ho denotato sulle note più basse.
Attenzione, piccolo inciso: a
scanso di equivoci voglio subito dire che non scrivo questo post per fare
impietosi paragoni tra i Maiden e i giovani svedesi. Sarebbe stupido e
illogico. Ma la riflessione che invece potrebbe
reggere riguardano i due sostantivi che mi sono saltati in mente quella sera:
emozioni e credibilità. Per capirci: a Rio la telecamera, allo spegnersi delle
luci sul palco e al diffondersi delle note della consueta intro “Doctor doctor”
dei mitici U.F.O., indugia per 4’ sul pubblico, riprendendo volti di fan di ogni
età (e sottolineo di ogni età) che reagiscono ognuno a suo modo: c’è chi piange
(sic!), prega (ri-sic!), salta, si abbraccia, strabuzza gli occhi dalla gioia…e
quello che fluisce e ci arriva, anche attraverso uno schermo di uno
smartphone, è l’adrenalina, tangibile, a palla. E, come detto, le
emozioni…100.000 persone in fibrillazione per dei vecchietti che hanno superato
da tempo la sessantina ma che sono ancora adesso visti come credibili da
ragazzini che potrebbero essere loro nipoti.
I Maiden, pur avendo ormai creato un format, pur sapendo benissimo tutti noi quali saranno le componenti di un
loro show, pur aspettandoci i loro siparietti, gli stessi movimenti sul palco, le scenografie (a proposito, quelle del Legacy of the Beasts Tour sono da
capogiro), i Maiden dicevamo rimangono alla fine della fiera semplicemente dei
grandi musicisti che hanno scritto grandissime metal song. Ed è quello che li lega, e li legheranno ancora a lungo, ai fan attraverso le generazioni.
Quello che fa un po' di tristezza
è invece vedere come nel nostro amato Metallo non appaiano all'orizzonte, almeno per ora, band capaci di rinverdire, nei decenni a venire, i fasti dei
Mostri Sacri che ancora oggi sono i soli capaci di richiamare ai propri
concerti folle oceaniche di metalhead. A tal proposito, gli ultimi due decenni mi paiono dominati da tendenze totalmente senza cuore e credibilità. Per carità,
quasi tutti gruppi con ottima preparazione tecnica, che sfornano album dalle produzioni
iperpulite e ipercurate, un’attenzione estrema dedicata al look e alla
comunicazione, meglio se aventi una bella frontwoman da gettare in pasto al
pubblico…ok, ma l’anima?!? Gli Eleine, sui quali, ribadisco, non voglio minimamente
accanirmi, sono figli di questi tempi, l’ennesima espressione, noiosa e
plasticosa, di tutto un movimento dove le realtà che possiedono davvero uno
spessore artistico sono poche.
Se il filone del gothic/symphonic-power a voce
femminile era nato nella seconda metà degli anni novanta con band e album che
hanno a loro modo segnato in modo importante quel periodo (Nightwish,
Tristania, Epica, Within Temptation, Orphanage, After Forever, ecc.) esso ha conosciuto in quest'ultima decade una deriva
commerciale imponente che da un lato ha inflazionato il mercato, dall’altro ha
portato sia le band storiche che i loro epigoni a incorporare elementi modernisti
(penso ai nostri Lacuna Coil, ma gli esempi sono numerosi), imbastardendosi con
il nu, il groove e il metalcore senza però portarne lo spirito originario di
disagio, rabbia e frustrazione che i Padri di questi sottogeneri (dai Pantera
ai Korn, dai Lamb of God ai Killswitch Engage, dai Deftones agli Slipknot)
trasmettevano e su cui basavano la loro credibilità artistica. Ma soprattutto puntando su
un’immagine che, se non supportata dalla qualità, si trasforma inevitabilmente
in pacchianeria (ma li avete visti, giusto per rimanere vicino a noi, come
vanno conciati sul palco i Lacuna Coil? Imbarazzo…).
Detto questo, non sono un
passatista e fare metal nel 2020 con originalità e qualità è ancora possibile e
molti act attualmente in circolazione lo dimostrano. Penso a una pletora di
band che qui sul Blog abbiamo trattato e lodato, di estrazione e profilo molto
diversi gli uni dagli altri. Si pensi agli Schammasch, ai Fen, ai Ruins of
Beverast, oltre a nomi storici che si son saputi rinnovare credibilmente rilasciando recentissimamente album con i controrazzi (Machine Head, Possessed, Devin Townsend, gli stessi
Tool…). Insomma, gli spazi di manovra esistono, per fortuna.
Sperando che
l’eredità dei Vecchi non venga persa a vantaggio dei vari Eleine che nasceranno
negli anni a venire.
Quella ragazza ventenne che a Rio canta a memoria e a squarciagola “The Flight of Icarus”, canzone del 1983 e non tra le più celebri della Vergine di Ferro, in tal senso mi fa ben sperare…
A cura di Morningrise