Ci sono pochi dischi che rimpiango di non aver inserito nella classifica dei migliori album del 2019, ma questa fatica del gruppo tedesco è un errore imperdonabile.
Canzoni vintage epic doom che sembrano tratte dalla penna dei Manowar della primissima era o dal compianto Quorton, insomma lunghe tracce coinvolgenti che
trasudano epica da ogni poro.
La cosa che mi ha convinto di questi ragazzi è la componente genuina della loro musica, come se si sentissero in dovere di tributare Dio e Paul Di'Anno in salsa Bathory.
Non era necessario forse in questi nostri tempi contemporanei lanciarsi in
questa impresa, ma i nostri tedeschi sfornano un ottimo disco. Già il precedente “The White Goddess” (2013) mi aveva incuriosito, ma forse mancava
quella pesantezza in più per renderlo completo, quel tocco come solo i primi
Candlemass saprebbero fare.
È un disco dove il pathos comanda le sensazioni e così se vado a lavoro su
queste note, mi sento un cavaliere senza macchia che sfida da solo l’orizzonte
tempestoso pronto a sguainare la spada. Ambientazioni degne delle fiabe
nordiche, armature, coraggio, lealtà e tanto valore emerge dalla band di
Trummer.
Mi spingono a chiudermi nella stanza e andare a cercare i romanzi cortesi, le
storie medievali di epica cavalleresca, confrontare codici miniati per scovare
nuove gesta da cantare. Una cavalcata lenta e maestosa, solenne e coraggiosa,
forse nella tomba sussulta Quorton perché ha trovato degni eredi...
Voto: 8
Canzone top:” People of the Moon (Dawn of Creation)”
Momento top: la parte centrale di “Chariots”
Momento flop: le due brevi tracce di pochi minuti
Dati: 10 canzoni, 62 minuti
Etichetta: Vàn Records