Ci tenevo ad arrivare
alla Siria, terra ricca di metal prima e durante questa guerra che la
sta affliggendo. Parto da un documentario dal titolo "Syrian
metal is war", che non sembra però portare avanti un concetto
alla Nargaroth ("Black metal ist Krieg"), ma racconta lo stato di
sospensione dei destini nelle città bersagliate da missili e colpi
di mortaio. I gruppi metal continuano a esistere e produrre, ma la
scena intesa come aggregazione è ovviamente quasi totalmente
impedita.
Eppure, ci spiega un metallaro siriano, è importante continuare a suonare. Qui mi aspettavo un'idea del tipo "la musica forse contribuirà alla pace", e la temevo anche. Per fortuna no, non è questo che il nostro ci vuole dire. Allora mi aspetto che argomenti qualcosa del tipo "anche sotto le macerie noi continuiamo a sognare", ma non dice neanche questo in sostanza. Perché suonare il metal in Siria durante la guerra? Beh, perché si rischia che la Siria sia ricordata ormai solo per la guerra, e invece si deve continuare a parlare anche della scena metal siriana. Se ci pensate, non è in fondo dissimile dal concetto precedente, cioè che si continui a sognare con la musica anche tra le rovine. E' come dire che, se il mondo si occupa di distruggere una nazione, e di documentare questa distruzione con i mass media, l'uomo metallico si occupa di sognare, e quindi lo fa a maggior ragione durante una guerra. Il metal siriano è guerra. Una guerra contro la realtà, quando non hai molta scelta tra un'esplosione e l'altra. Come dicevano gli Helloween siamo maghi che combattono con i loro incantesimi.
E quindi mentre infuria
la battaglia epocale, che anche Nostradamus predisse, tra lo Stato Islamico e il mondo libero, un manipolo di siriani si preoccupa che
la scena metal non vada a puttane solo per questo. Forse si può capire
meglio la cosa pensando che lo sviluppo di un metal di qualità
mediamente elevata coincide poi esistenzialmente con la gioventù di
una generazione di metallari siriani che si ritrovano
contemporaneamente in pieno metal e in piena guerra.
Quale migliore emblema di
questo metal sognante degli Abiderethein, che prendono il tema della
Ninna Nanna di Brahms e ne fanno un riff di death (neanche troppo)
melodico, nel brano dal titolo "Marvel of Faith / The sun and the
moon". Abidetherin significa, in
sostanza "e bruceranno per sempre all'inferno", un'espressione che nel corano è riferita al destino degli infedeli.
Essi quindi fanno eco al bentoniano "In hell I burn".
Dedicano il loro singolo a tutti coloro che sono detenuti "specie
nei paesi arabi" per reati d'opinione con particolare
riferimento all'islamizzazione dello stato. La batteria elettronica
assume connotati umani d'incazzatura, nonostante sia metronomica, e
le chitarre hanno un che di tagliente, Paganiniano. "Oscenità"
(curiosissimo titolo in italiano) inizia proprio come un capriccio
del nostro violinista. Autori di un album e di un singolo, suonano
una specie di death-black, sia in musica che nei testi, con piglio
frenetico e romantico.
Pur essendoci death di
ogni ordine e grado, ci accorgiamo subito che in Siria le vette sono
tutte accomunate da una tendenza progressiva. Progressione
parametallica o intrametallica che sia, i Siriani sono inquieti e
sono particolarmente interessanti quando spaziano tra i vari generi,
le varie ritmiche, con un che di saltellante come costante
stilistica.
Veniamo quindi a citare i
Maysaloon, con il loro metal che incede in maniera intenzionale e
mutevole tra doom, classic, e thrash-death, auto-inoculandosi metal.
A differenza del connubio melodic death, qui si arretra ancora di più
verso i generi primari, e quindi la forchetta della varietà si
allarga. La guida chitarristica ne è il perno metallico fondamentale.
Il nome (Maysaloon) di sapore western, fa invece riferimento alla
battaglia di Maysalun, in cui le armate monarchiche siriane che
avevano sottratto Damasco ai turchi furono sopraffatte da quelle
francesi.
Opera secondo questa
logica anche il guitar-hero Dani Dark, di cui proponiamo "Myth
Rebirth", suite di 15', simile per certi versi ai primi Rising Force
di Malmsteen, che tentavano di fare davvero della musica neoclassica
centrata sulla chitarra.
Perdoniamo ai siriani i
soliti titoli in latino inesistente, tipo "La Pacta Daemonum" degli
Absentation, la cui esegesi rimane sospeso tra il solito "patto
demoniaco" e la più intrigante "patta dei demoni".
Nel complesso è buona la scelta thrash-death, con i Netherion e i Basher of Thoughts, così come corposa la produzione doom (Buried by
the Last tragedy, Psychiatric Delusions) e perfino il metal classico
esprime un gruppo (Hourglass) che ha nel metal
power-teatrale-sinfonico alla Savatage il suo modello.
A questo punto ci
giochiamo la carta black, ideologicamente anticipata dagli
Abidetherin, almeno in senso anti-islamico. Eulen, Theoria, Chained,
Blackspell. Colpisce l'ottimismo di alcuni testi naturalistici, solo
apparentemente depressive: "Uomini che camminano come ombre
pallide, l'Autunno fa cadere le loro foglie, venti furiosi le
spazzano via / La neve ha gelato il grande fiume di sangue, le grida
di dolore e la sofferenza che non raggiunse gli orecchi di alcuno /
l'eco che indulge è un'illusione reale, una tempesta di terra
ammuffita per uccidere gli dei / Sepolto il Paradiso nel suolo, la
conchiglia di luna che adoro, i dispiaceri ormai mi sono lontani /
Piange il mondo con le mani legate / La nascita dell'uomo – Il
suicidio di Dio."
Slanci di progettualità
anche in condizioni sfavorevoli, come in "Dune": "Luce
scarlatta mi riscalda il volto / mari infiniti spazzati dal vento /
L'ombra del cactus, i rettili che strisciano per restar vicini alla
vita / Vorrei che tu fossi qui con me, per vivere le nostre vite
nella tristezza" - Un invito allettante. Magari un'altra
volta.
E infine allegorie di non
poco conto, come in "Ancient soul misery", in cui si
afferma "coloro che non osano ascendere la montagna (del
dolore, nda), marciranno nelle fosse più profonde". Non è
chiaro dove si stia meglio, ma il concetto invece è ben reso: la via
del dolore come passaggio per l'ascensione spirituale.
Nel complesso, un black
simile a quelle creature del deserto che non si sa se fanno più
paura quando le temi, nascoste in tane invisibili, o quando le
incontri nelle loro rare uscite. Che canta l'assenza (gli Eulen con i
loro echi burzumiani), così come la presenza furiosa (Theoria).
Cosa rimarrà della Siria
nella storia? La guerra o il metal? Noi non ci occupiamo di
geopolitica, e quindi ci limitiamo, come vorrebbero i metallari
siriani, a raccontare che mentre le bombe distruggono Aleppo e
Damasco, e non rimane in piedi un solo posto dove poter suonare in
pace e sicurezza della musica, la produzione metal fiorisce come un
rampicante sulle rovine.