Anni fa mi imbattei in un
libro di Nikki Sixx sulla sua esperienza di tossicodipendenza (che
poi che ne so, mica gliel'ho diagnosticata) o, insomma, il suo problema
con l'eroina. "The Heroin Diaries" mi pare, che non ho letto, anche
perché con i Motley ho una questione in sospeso. Questi tizi incarnavano in maniera imbarazzante (in positivo) quella zona grigia
che giustificava l'apparentamento del glam rock con il metal. Nati
come gruppo rock, tentano la carta dell'exploitation e se la giocano
bene: parrucconi, vestiti da carnevale, manifesti ribellistici che
inneggiano alla gioventù satanica trombante, e naturalmente il
minimo sindacale della trasgressione: la droga.
La cornice era la città metropolitana di Los Angeles, e la sua costellazione di club, di localacci di strip-tease. In quegli anni i rischi più totali sembravano alla portata di tutti, e l'autodistruzione delle giovani generazioni era finanziata e organizzata in maniera scoppiettante. I genitori della classe media, nel terrore che i loro figli frequentassero cattive compagnie, mettevano loro in tasca banconote perché si rovinassero con quelle buone.
La cornice era la città metropolitana di Los Angeles, e la sua costellazione di club, di localacci di strip-tease. In quegli anni i rischi più totali sembravano alla portata di tutti, e l'autodistruzione delle giovani generazioni era finanziata e organizzata in maniera scoppiettante. I genitori della classe media, nel terrore che i loro figli frequentassero cattive compagnie, mettevano loro in tasca banconote perché si rovinassero con quelle buone.
Tutto questo mondo di
mezzo ha un nome, ed è “Girls Girls Girls” (1987), apice stilistico
quasi senza esito compositivo. Dello stesso periodo ci sono dischi di
gruppi glam molto migliori e compiuti, ma meno famosi, come i Faster Pussycat. Apice commerciale fu invece il seguente "Dr. Feelgood" (1989), due
dischi diametralmente opposti in termini di intossicazione:
drogatissimi nel primo, appena disintossicati nel secondo. Ma sempre
di droghe si parla comunque, i nostri hanno tanti argomenti quanti le
dita della mano di un monco. Ma su questo piano trovano una
concorrenza insostenibile, quella dei Guns n' Roses in ascesa e
consacrazione. Più giovani e meno compromessi col metal.
Quando un gruppo si trova
in imbarazzo, per motivi che magari nessuna sa, fa alcune cose che
sono sempre quelle. Una è cambiare logo e farne uno semplificato,
sobrio, magari anonimo. L'altra è fare un album che porta il proprio
nome, così, improvvisamente dopo lavori con un titolo. Quando si
aggiunge la terza c'è da tremare, e cioè fare la copertina con il
logo anonimo, sobrio e semplificato piazzato lì in versione gigante.
Da scappare subito a gambe levate.
Eppure vedete, come nella
regola del The Beginning of the End, la china discendente era già
iniziata, e questo è il primo tassello di una certa dimensione. Il
primo in assoluto fu invece una coppia di pezzi che avrebbero dovuto
anticipare un nuovo corso, cioè "Primal Scream" e "Anarchy in the UK" in "Decade of Decadence" (1991). Buoni pezzi, perfino la cover è una delle poche cover fatte con
fantasia. Però Primal Scream che vorrebbe indurci a credere? Che
questo “urlo primordiale”sia un urlo di rinascita, una specie di
nuovo big-bang? E perché, per una band che è stata per 114
settimane al numero 1 di Billboard? Evidentemente le cose stanno
andando a scatafascio. E la cover? Come per cadere sul morbido di un
brano già caro al pubblico metal per la cover già fatta dai
Megadeth, con successo. In più, il solito problema del disco che
dovrebbe essere un “Best of” fatto con versioni live, remix e
versioni originali, più pochi inediti e cover. Non un cofanetto
sostanzioso, un disco di quelli interlocutori, che tradisce una
specie di imbarazzo discografico.
I Motley vivevano al di
sopra delle loro possibilità, se non altro artisticamente. Pur abili
nei loro ruoli, non c'è un solo disco che sia totalmente
convincente, e soprattutto si ha non si rado l'impressione di una
certa incuria, riempitivi o ritornelli legnosi, a fronte di sonorità
che invece sono centrate e accattivanti, per non dire seducenti
(quelle di Girls in particolare). Un passo falso può essere letale
in questi casi, i fans sono pronti a non rivolgerti più la parola:
quando ti hanno comprato e ricomprato solo per due o tre hit a disco,
farne uno sbagliato è come rimanere senza munizioni. Sei fatto.
E i nostri si presentano
al plotone di esecuzione con il nuovo cantante, il meno responsabile
di tutti probabilmente, John Corabi ex The Scream. Si parte con
“Power to the music”, come dice il titolo un brano mid-tempo di
rara mosceria. Per chi ancora lo avesse su, si insiste con “Uncle
Jack” e “Hooligan's holiday”. Forse è un gioco, uno scherzo,
dei titoli cazzuti appositamente in contrasto con un andamento stanco
e sudaticcio, uno stile che pare tener dovuto conto del grunge e del
crossover tipo-Soundgarden senza alcuna buona ragione perché questo
debba accadere ai Motley Crue. Tanto per capire quanto di
significativo abbiano fatto da lì in poi, nel 2009 fecero i concerti
del disco del 2008 riproponendo per intero Dr.Feelgood, con la scusa
del ventesimo anniversario- E, sia ben chiaro, non è che fosse
proprio da risentire per intero a distanza di 20 anni, tolta qualche
hit. Ma mentalmente erano rimasti lì.
Ancora in grado di
vendere come una band di medio successo, i fans non possono che
rispettarli per le conquiste femminili inanellate, e pagano pegno a
Tommy Lee per esser stato il marito della star Pamela Anderson, con
tanto di filmatino amatoriale dato in pasto al pubblico. Io preferisco personalmente una ex moglie di Nikki Sixx, Heather Locklear, attrice celebre per "Melrose Place" ma soprattutto la serie poliziesca "TJ Hooker". Ma il più
dritto fu Mick Mars, che zitto zitto si mise con una delle due
coriste di "Wild Side".
L'inizio della fine però
fu proprio l'apice. Il famoso “quarto disco, quello della
maturità”. E quando maturarono, ahimé, il sapore iniziò ad andar
via. Inizialmente supplì la tecnica, la cornice, la celebrazione
internazionale, e perché-no anche le sonorità meno sporche e più
adatte ad una stagione piena di passaggi radiofonici, inclusa una
ballad di pronto consumo come “Without You”.
Il disco “drogato” era stato una mezza avventura per la casa discografica, pare che i brani fossero stati messi insieme sommariamente e senza far avanzare niente, anzi con bisogno di aggiungere episodi discutibili per fare un numero decente di tracce sulla carta. Ma questo era sdrogato...e quindi? Brani sicuramente più lavorati, più articolati forse, ma quanto a idee siamo sempre lì. Vince Neil cacciato poi per ricaduta nelle droghe, pare. E il risultato sarebbe quindi stato “Motley crue”...?
Il disco “drogato” era stato una mezza avventura per la casa discografica, pare che i brani fossero stati messi insieme sommariamente e senza far avanzare niente, anzi con bisogno di aggiungere episodi discutibili per fare un numero decente di tracce sulla carta. Ma questo era sdrogato...e quindi? Brani sicuramente più lavorati, più articolati forse, ma quanto a idee siamo sempre lì. Vince Neil cacciato poi per ricaduta nelle droghe, pare. E il risultato sarebbe quindi stato “Motley crue”...?
La sensazione retrospettiva di tutta questa storia somiglia a quella descritta da Tommy Lee quando descrive il cocktail di droghe che usava all'epoca di Girls: cocaina e triazolam (polvere zombie), con l'effetto di indurre un rilassamento muscolare estremo, unito ad un'eccitamento mentale altrettanto estremo. I dischi dei Motley sono un po' così: quando ti svegli credevi di aver macinato una storia infinita di brani memorabili, ma di quelli solo un paio a disco. E il resto del tempo e dello spazio dove sono finiti? In bocca ad un passato mai esistito. Uno spettacolo circense di cui i protagonisti non ricordano quasi nulla, come Lee stesso (per le ragioni che sappiamo) e molti ricordano più di quel che in effetti era.
I Motley sono come quelle relazioni in cui si sarebbe potuto fare così tanto di più, e meglio, con meno fretta, ma forse si deve essere contenti così. Perché se fossero andate avanti, non sarebbero state altro che tristi conferme dei limiti che avevano, soltanto con meno sale e meno pepe.
A cura del Dottore
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I Motley sono come quelle relazioni in cui si sarebbe potuto fare così tanto di più, e meglio, con meno fretta, ma forse si deve essere contenti così. Perché se fossero andate avanti, non sarebbero state altro che tristi conferme dei limiti che avevano, soltanto con meno sale e meno pepe.
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