"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

19 ago 2016

RETROSPETTIVA SUI GOTHIC / G.M.P. - PARTE III


RETROSPETTIVA SUI GOTHIC – PARTE III (2010): “Clam, Dolenter” e il secondo colore della negatività 

Non aspettatevi un normale CD. Semplicemente perché NON è un CD.

Non aspettatevi un “total running time”. Perché una “durata totale” del disco NON esiste.

Non aspettatevi una tracklist. Perché una tracklist non c’è. La tracklist la fate voi

Non aspettatevi di essere guidati dagli autori nel sentire/vedere/leggere tutto ciò che è contenuto nell’opera. Sta a voi cercare, sta a voi andare in profondità. Dipende da voi, dalla vostra capacità di esplorazione, dalla vostra volontà di introspezione, dal vostro esser pronti a conoscere davvero i recessi più bui e poco conosciuti del vostro “Io”.

Se siete convinti di poterlo fare, se questa prospettiva non vi spaventa, allora inserite “Clam, Dolenter” nel vostro PC e…benvenuti... 

Benvenuti nel Palazzo del Dolore

A cura di Morningrise

Lo ammetto, sono in difficoltà. In grandissima difficoltà. Come descrivere “Clam, Dolenter”? Come, solo approssimativamente, far capire a un lettore cos’è quest’opera? Anzi, quest’Opera Totale?

Ci proverò, partendo dall'inizio.

Una soundtrack tanto inquietante quanto evocativa vi accoglie nell’atrio del Palazzo. A prima vista, un palazzo abbandonato, decadente. Esso è composto da cinque ambienti: il Sotterraneo, il Piano Terra, il Primo Piano, il Secondo Piano e l’Attico.

Siete voi che scegliete come muovervi: potete andare avanti e indietro, su e giù, a destra e a sinistra. E anche così, muovendovi a lungo, tra una stanza e l’altra, tra un piano e l’altro, non è detto che riusciate a “conoscere” completamente il materiale proposto dai Gothic. In alcune stanze potreste non arrivarci mai. Questo perché il mastermind del GMP, James M. Jason, ha concepito C.D. per essere un’opera artistica simile a un fantoccio, a un manichino inanimato. L’anima, lo spirito la dobbiamo mettere noi, fruitori della stessa.

Ormai fedeli ai propositi espressi col Manifesto del “Theatre de la Mort 08”, il Gothic Multimedia Project giunge a compiere la prima, vera e completa opera multimediale, fondendo sincreticamente quattro dimensioni: quella musicale, quella video, quella grafica e quella poetica. Suono, immagini in movimento, disegni e parola si fondono in un tutt’uno non scorporabile, non fruibile separatamente.

Il lavoro svolto dai componenti del GMP, frutto di sei anni lunghi e faticosi (ricordiamo che il precedente "Grim" è del 2004), è straordinario: Jason, come sempre, si occupa della musica, dei testi e della direzione artistica del tutto; David Bosch dell’artwork, inteso come summa di quadri, sculture, assemblaggi, dipinti. Tutti “pezzi unici”, creati ad hoc per C.D., e perfettamente integrati, anche visivamente, con i cortometraggi e i video girati da Jason. Infine John Ruin, la mente informatica del G.M.P., che, attraverso la programmazione multimediale, dà vita al tutto, consentendoci di “navigare” l’opera come novelli Ulisse che attraversano il mare in tempesta del nostro subconscio.

Per quanto detto sopra, non avrebbe senso se mi concentrassi nella descrizione dei contenuti dei diversi “ambienti”. Il materiale da trattare sarebbe enorme e comunque da “vivere”. Non può essere “raccontato”.

Mi soffermerei solo su due aspetti: il primo è quello più meramente musicale. Come da tradizione, la musica contenuta in C.D. è indefinibile; un mix originale di diversi stilemi, che a volte cozzano brutalmente tra di loro in modo quasi cacofonico (“Scaring ungot flavours” è esemplificativa di quanto detto); e in altre si compenetrano in modo fluido e coerente (ad esempio, ma non è la sola, nella spettacolare “4-9-1”). In generale la definirei avantgarde music, senza altri aggettivi, visto che in essa sono presenti partiture elettro-goth, digital-HC, classica, sinfonica, noise, ambient. E’ il portato della crescita di Jason che, come avevamo già visto per “Grim”, si distanzia sempre più dal metal propriamente detto (anche se permangono bordate death/doom da paura, come “Scattering the deliverance”) per abbracciare nuove sonorità, non meno pesanti, non meno oscure, sempre maledettamente gloomy.

Il secondo aspetto riguarda il tema dominante dell’opera: stiamo parlando del secondo colore della negatività, cioè il Viola. Se pensavate che la Morte fosse il punto ultimo, l’approdo finale della negatività della Vita, dove tutto termina e oltre alla quale non può esserci nulla di peggio, vi sbagliavate di grosso: di maggiormente “negativo” vi è il Dolore, simboleggiato, appunto, dal Viola, colore che domina visivamente l’intera opera.

Come in Grim, che aveva al suo interno una traccia dedicata al colore nero, simbolo della Morte (“Noir – Czarny"), anche in C.D., in una stanza del Secondo Piano, potrete imbattervi in “Violet - Fiolet”. Il dolore è trattato qui in tutte le sue forme, da quella iniziale fino alla sua finale realizzazione. Il che vuol dire un passaggio graduale dall'armonia dell'infanzia, al contempo vivace, luminosa ma quantomai fragile (armonia simboleggiata dal gioco spensierato di una piccola bimba), alla totale oscurità dell’ultima fase, che è quella Esistenziale. Tra questi due poli opposti, i brevi movimenti della suite (suddivisa appunto in cinque parti), ci portano negli altri tre stadi del dolore: relazionale, fisico e mentale.

Intorno a questo nucleo, questo fulcro che fa da guida in tutto C.D., ruotano le musiche e i prodotti dell’Arte grafica di Jason e Bosch in un mare di simboli, segni, enigmi, a volte palesi, il più delle volte nascosti a rendere il tutto tanto ostico quanto affascinante.

Ma ho già detto troppo: dal Sotterraneo/Cripta (“The Vault”) fino alla Soffitta/Attico (“The Attic”, ultimo luogo, in realtà non rappresentato visivamente in quanto “immateriale”, in cui l’avanguardistica arte del GMP raggiunge il suo apice e in cui il Dolore Esistenziale si estrinseca nella pazzia) vi aspetta un viaggio sorprendente, in questo Palazzo che sembra disabitato, ma che, presto vi accorgerete, è lungi dall’esserlo….

In definitiva, “Clam, dolenter” è il primo prodotto integralmente e pienamente multimediale, nel più completo ed estremo senso del termine, che sia mai stato concepito. E non è un caso che C.D. sia stato promosso in diversi festival internazionali di video-arte, compresi i celebri Sonarsound  di Tokyo e al Scientist International Video-Art Festival di Ferrara.

Ma c’è ancora un ultimo capitolo da esplorare nella Storia del G.M.P. 
L’ultimo colore, il terzo atto della Trilogia della Negatività.

Morte, Dolore…ma c’è ancora un qualcosa di peggio, ancora un qualcosa di più terribile e aberrante nella visione di James Jason…