Glenn Danzig si spegne. E lo fa maestosamente. Succede dopo il quarto disco. O meglio, succede in coda al quarto disco, "Danzig 4". Il brano fantasma, piazzato dopo una lunga pausa dopo l'ultimo brano dichiarato, è un ponte ideale con l'album strumentale “Black Aria”. Ne costituisce la premessa e contemporaneamente il raccordo.
Il valore di questo brano non è tanto musicale, è una semplice e gradevole nenia, ma nel significato del testo, la descrizione di un demone che rispecchia e libera la natura dell'uomo:
“Il demone viene ma
vuol'esser chiamato...”
Qui non si usa il
plurale, come in altre rappresentazioni delle divinità sataniche, in
cui Satana è poi disperso in numerose identità, proprio a
significare l'assenza di verità unica. Qui il demone è uno, o
meglio come unità risponde alla chiamata dell'uomo, e come tale
vuol'esser invocato.
“Il demone mi chiama
da lontano...”
Si tratta quindi di una
entità latente, ma non sepolta. Qualcosa che esce dalla tana, pronta
a farlo, per intridere chi lo invoca. Per capire chi sia questo
demone, torniamo indietro a "Black Aria" ed alla storia che secondo me
racconta. Si tratta, e fin qui non è difficile da capire, dalla
copertina e dai primi titoli, della storia degli angeli ribelli
cacciati dal Paradiso.
"Overtoure of the Rebel Angels" descrive la turbolenza cosmica di Lucifero e dei suoi
alleati, che creano un punto di non ritorno nell'ordine celeste.
Lucifero si stacca dalla confraternita celeste e progetta un colpo di
stato ("Conspiracy Dirge"), lo tenta ("Battle for Heaven")
e fallisce. Il cuore del disco, “Retreat and Descent”, vede
l'esercito degli angeli ribelli procedere verso l'esilio terrestre.
Un pianto solitario ("And the Angels Weep") chiude questo primo
atto.
L'alba del giorno dopo è un vero risveglio post-atomico, su una landa desolata. Ma un principio femminile, forse la terra stessa ("The Morrigu"), produce una progenie: la razza umana. L'intelligenza dell'uomo si accende nell'ultimo brano ("Cwn Yawnn" o come cazzo si scrive), con un linguaggio e un'espressività ancora indefinita, che prenderà forma, la forma della rivalsa.
L'alba del giorno dopo è un vero risveglio post-atomico, su una landa desolata. Ma un principio femminile, forse la terra stessa ("The Morrigu"), produce una progenie: la razza umana. L'intelligenza dell'uomo si accende nell'ultimo brano ("Cwn Yawnn" o come cazzo si scrive), con un linguaggio e un'espressività ancora indefinita, che prenderà forma, la forma della rivalsa.
Ci sono due modi per concepire la parabola della cacciata dal Paradiso. La prima è una rivolta fallita di una fronda minoritaria contro lo strapotere di Dio, che non doveva neanche essere sfidato. Secondo questa visione, Lucifero è l'antagonista che è poi espulso dal governo del Paradiso, ma non dal creato, sul quale continua ad avere in realtà una importante influenza.
La visione capovolta invece vede un Lucifero consapevole di sé, e quindi ribelle contro la condivisione della volontà con gli altri: l'individuazione che Lucifero fa di sé è un tutt'uno con il suo destino futuro, di distacco dal plasma primigenio del Paradiso e di precipitazione sulla terra. La conquista del Paradiso da parte degli angeli ribelli è l'utopia umana, cioè la conquista della felicità individuale. L'individuo, quando definisce se stesso, si proietta verso un'altra dimensione, quella terrena, su cui non troverà felicità, ma solo la sua ricerca, una tensione ideale. Questa sarà la sua croce e delizia.
Il Paradiso, in realtà,
è un non-problema. Non è un regno perduto. Non c'era niente, solo
un plancton privo di intelligenza e di vita individuale, un coacervo
in cui le individualità non esistevano. Tutto il resto è la vita,
che inizia come un risveglio doloroso ma prosegue come una scoperta,
per risultare poi infine un delicato equilibrio di queste due
componenti.
“Il demone” o “Il
signore” secondo la rivelazione luciferina non è un antagonista
terrestre al Dio paradisiaco, ma una forza terrena, il cui trono sono
tutti gli individui, ma nessuna collettività. Esistono tanti dei
quanti individui, e nessun Dio di gruppo. La preghiera è pertanto un
atto individuale, privato, e non riproducibile.
Ma davvero si può
leggere tutto questo in "Black Aria"? Forse, vi dovete fidare.
Vero è che per la prima volta Danzig dedica un'opera al satanismo,
in chiave luciferina, dopo aver anticipato al suo pubblico questo suo
pallino con primi piani di una croce rovesciata, un titolo come
"Lucifuge" e singoli brani come "Godless". Sul piano musicale,
chiunque abbia speso anche solo due minuti all'ascolto dei dischi di
Burzum con il sintetizzatore, o passa minuti ad ascoltare i silenzi
rumorosi dei Sunn O))), non può storcere la bocca di fronte a niente,
e quindi un'ascoltata a Black Aria gliela dia pure.
Dopo la fine della
storia, si torna a bomba su “Invocation”, la canzone
fantasma di "Danzig 4". Il dàimon è quindi Lucifero, ma in
una versione di demone individuale, di realizzazione spirituale.
Vediamone i connotati:
Il demone viene ma
vuol'esser chiamato
Viene nel sonno di ogni
dimora
irrompe nella notte e
amplifica le vibrazioni
Il demone arriva ad
ognuno
Il demone mi chiama da
lontano
Il demone non ha altro
potere
se non quello di
stendere le gambe
a coloro che sono
destinati a morire
Il demone ha un solo
unico difetto
Si attarda quando non
il caso di restare
Non è il caso di
restare ma invece andare
Il demone non ha anima
Il demone non ha una
vera e propria anima
Il suo respiro è
freddo come la mano dell'Inverno
I suoi capelli sono il
buio della notte
Il demone ti offre
l'affondo dei suoi denti
Il demone non è una
forma di vita nota
Egli vive ma non è mai
nato
I suoi occhi sono del
carbone più nero
Il demone non ha anima
Molte sono le facce del
demone
E molte le forme che
prende
Attento a non cedere
all'incanto di nessuna
Il demone arriva ad
ognuno
Alcuni sono classici
connotati demoniaci, altri invece sono aspetti insoliti, tra i quali
spicca quell'attardarsi invece di andar via, l'unico “errore” del
demone. Il demone della conoscenza, della consapevolezza, dovrebbe
lasciar stare l'uomo. Così facendo ne aumenta l'individualità, ma
ne riduce la felicità. Il destino umano si svolge tutto in bilico
tra l'esaltazione di sé e la solitudine. L'individuo spicca dal
gruppo, ma poi si trova solo, e in questo delicato limite è il senso
ultimo del demone. Il demone è il bene ed il male insieme: esso è
l'acquisizione di identità ma anche l'eccessivo isolamento di questa
identità. Il suo opposto è l'abdicazione alla propria
individualità, che corrisponde alle divinità superiori,
trascendenti.
A livello teologico, il
demone che abita la terra non è colui che si è ribellato a Dio, ma
colui che in assenza di Dio ha voluto rifiutare la divinità statica
e inumana del Paradiso, ben sapendo che ne avrebbe ricavato un regno
inferiore ma più dinamico: quello terreno.
La variante di Danzig è
interessante perché va oltre il luciferino puro e semplice. In una
ideologia luciferina, la volontà di trasgressione è l'affermazione
di sé, e in questo si compie. Il demone invece non ti dice
semplicemente “fa ciò che vuoi”, come nel motto di Aleister
Crowley, ma ti dice che ciò che vuoi è il tuo punto di partenza ma
anche la tua debolezza. Tu non sei niente al di
fuori della tua forza e della tua debolezza. Fai un po' te...
Questo è il messaggio
del “demone”, che è sgradevole proprio per questo: non viene a
portare una buona novella, viene a portare una “novella”
coraggiosa. Compare di notte, senza occhi, senz'anima. Simboleggia il
coraggio di tirar fuori la tua luce quando intorno è buio. Per
questo il dio individuale non sa bene se rimanere o andar via: perché
la consapevolezza è un regalo difficile. Se è poca, sei un'ameba.
Se è troppa, è una maledizione. Ma l'unica alternativa allora è il
Paradiso. Bianco, luminoso e disumano.
“L'unica forza del
demone è di stender le gambe a coloro il cui destino è morire”.
In questo verso si riassume l'essenza del messaggio, a ponte tra il
ribellismo e il razionalismo satanico: la forza del demone è quella
di decretare la morte di ogni illusione, nel momento in cui questa
prende la via della degenerazione. Un duplice rapporto quindi con il
sogno: il demone lo sostiene come spinta vitale, ma lo ammazza come
perdita della consapevolezza.
Per questo, ed è il
culmine della “dottrina” satanica, il demone non è qualcosa da
attendere, come il messia, ma quasi da sconsigliare. Il demone è una
chiave, che permette di aprire una porta. Per ognuno questa chiave
può esser diversa, ma la porta è sempre quella della curiosità.
Ironicamente, il comandamento non è “fidati del demone”, ma è
“fa attenzione a non fartelo piacere”
“Il demone ha mille
facce, e molte le forme che prende. Attenzione a non fartene piacere
nessuna, perché il demone arriva a chiunque”.
Il demone quindi è un
destino. Se hai uno scopo, lo scopo ti cercherà. Nella tua
realizzazione starà poi la doppia faccia della libertà, che ti darà
soddisfazione ma malinconia, pienezza ma fragilità, pieni e vuoti.
Poiché al destino non si sfugge, se non nel liquido amniotico del
paradiso di chi ancora non è nato, il destino va compiuto
consapevolmente. Né adorato, né evitato. Il demone è un dialogo
interiore: ti chiama da lontano, ma poi vuol esser da te chiamato.
Questo processo di conoscenza e avvicinamento è reversibile finché
il demone non è vicino, perché allora si attarderà e non vorrà
andarsene.
Lo sciamano Danzig
mantiene questa sottile ambiguità: da una parte mette in guardia dal
demone, dall'altra ti ricorda che devi invocarlo se vuoi che venga.
Come dire: se lo vuoi si fa così, ma pensaci bene...
Per Danzig questo è un
punto d'arrivo, dopo anni passati nella celebrazione di un vuoto
desolato, un nichilismo esteticamente affascinante, ma irrisolto.
Ai tempi dei Samhain,
in canzoni come “To Walk the Night”, il gelo dell'assenza
di ideali positivi si sente sulla pelle “camminare nella notte,
non sentire alcun amore, non sentire mai più il tocco di un nuovo
bacio”. Dal fuoco a fiammiferi a ripetizione dei Misfits,
alla brace frastagliata dei Samhain, fino al ceppo acceso dei Danzig,
che si spegne elegantemente.
"Invocation" è quindi la
preghiera al demone creativo di Danzig, utile punto di partenza per
chi voglia ripassarsi il percorso spirituale che dall'orrore grottesco
porta al nichilismo, e infine al calore nero della volontà
individuale “senza Dio”. Ma anche un punto di vista originale
sulla figura di Satana, a metà tra il satanismo razionalista e
quello luciferino.
A cura del Dottore