Tu quoque, Brute, fili mi! (“Anche
tu, Bruto, figlio mio!”)
La celebre frase latina
attribuita a Giulio Cesare, pugnalato a morte alle Idi di Marzo (15 marzo 44
a.C.), potrebbe calzare a pennello per un’altra dipartita, per fortuna meno
tragica e cruenta: quella di Paul Di’Anno dagli Iron Maiden, avvenuta nel 1981.
Il lascito con gli Iron del
singer londinese, “Killers”, è di quelli che hanno lasciato un segno indelebile
nella storia del nostro genere preferito.
Piccola premessa: ho come
l’impressione che la seconda fatica della Vergine di Ferro sia spesso quella
meno “ricordata”, per non dire apprezzata, da molta parte dei fan. Sarà che
Di’Anno non è entrato a fondo nell’immaginario collettivo del popolo maideniano; o sarà
che il connubio Maiden-Dickinson l’ha oscurato perché considerato un qualcosa
di assodato, scontato, e pensato esistente sin dagli albori della vita della
band britannica.
Sia come sia, sembra quasi che, come la futura
parentesi di Blaze Bailey ha ulteriormente dimostrato, i Maiden abbiano potuto avere, da sempre dietro al microfono, non altri che la “Air Raid Siren”, al
secolo Paul Bruce Dickinson.
Forse questa è un’impressione che
avverto perché, stupidamente, anche a me è capitato più volte di pensarlo. Ma è stato più che altro, almeno per quanto mi riguarda, un retropensiero inconscio perché razionalmente non ho mai creduto nè che Di'Anno non facesse a pieno titolo parte della Storia maideniana, nè tantomeno che “Killers” sia un album minore nella discografia degli Iron. E questo semplicemente perché “Killers” è
un album enorme, splendido. Che ha avuto solo la sfiga di stare in mezzo ad
altri due dischi leggendari come l’omonimo debut e “The number of the beast”.
Ma in realtà, anche solo con la
prima dozzina di minuti, “Killers” mette in riga il 90% degli album heavy metal
dell’intera N.W.O.B.H.M. “Wratchild”, “Murders in the Rue Morgue” e “Another
Life” rivelano infatti una band al top dell’ispirazione, capace di sfornare un
songwriting fresco, potente, senza
cedimenti; e anche molto vario, come dimostrano la sensazionale title track e
le altre top-songs “Prodigal son” (che mi mette i brividi ogni volta che la
ascolto) e “Purgatory”. E se a tutto questo ci aggiungiamo, da un punto di
vista esecutivo, un Adrian Smith in più nel motore rispetto all’esordio, e un Di’Anno
che fornisce una prestazione di grande sostanza, cuore e potenza, potremo capire come attribuire al disco in oggetto una minore
importanza voglia dire pura follia uditiva.
Scusate: come mi capita spesso con gli
Iron, sto divagando. Siamo qui a trattare, per la nostra rassegna “12 mesi di
Metal”, un singolo brano: l’opener strumentale di "Killers", “The Ides of March” che nei suoi
108 secondi di durata riesce però a dire tanto, tantissimo. E questo per la
capacità di evocare un’aura di potenza epica fino ad allora difficilmente
ascoltabile.
La song parte con un unisono marziale di batteria, chitarre e
basso (Harris segue le stesse note delle chitarre); ma al secondo 40 ecco che
Dave Murray devia per la tangente, e sull’accompagnamento degli altri
strumenti (meraviglioso il rullar di tamburi) il biondocrinito si lascia
andare in arabeschi e assoli di grande gusto; creando una tensione pazzesca in
un crescendo che nel finale (riportato al ritmo della prima metà di canzone)
lascerà spazio, in fading, al mitico intro di basso di “Wratchild”: un uno-due
tra i meglio riusciti della Storia del Metal e sicuramente uno dei più celebri;
una soluzione con un gusto musicale indescrivibile e che imprime un la perfetto ai restanti 40 minuti del disco.
Certo, l’innesto di Bruce con
TNOTB, e di Nicko McBrain con quell’altro album enorme che risponde al nome di “Piece of
Mind”, faranno partire i “veri” Iron, quelli con la line-up storica, guadagnando
in pulizia e “strutturazione” del suono ma perdendo quel fascino grezzo e
“underground” dei primi due dischi con Di'Anno.
E’ stato un bene? Probabilmente sì.
All’epoca avevo 4 anni e non posso dire come avrei reagito, da fan
“contemporaneo” del gruppo, alla silurazione del buon Paul.
Ma come si sarà sentito lui,
soprattutto dopo la strepitosa prestazione offerta su “Killers”?
A cura di Mornigrise