Il 20 gennaio del 1993 il
quotidiano Bergens Tidende (la Rivista
di Bergen) in prima pagina pubblica un’intervista che farà storia, a firma di Finn Bjørn Tønder. A rispondere alle
domande del reporter è un giovane "anonimo" della zona, di circa vent’anni. Il fulcro dell'intervista sono le informazioni e i particolari circa gli eventi che hanno, da sei mesi a quella parte, sconvolto il tranquillo tran tran della cittadina scandinava.
Il 6 giugno del 1992, alle sei di
mattina (quindi il 6-6 alle 6, data e ora scelte non a caso) infatti la
splendida Stavkirke di Fantoft (sobborgo meridionale di Bergen) era stata data
alle fiamme e di essa non erano rimaste che un mucchio di ceneri.
Le stavkirke, considerate uno dei
patrimoni artistici e turistici più importanti del Paese, sono davvero
caratteristiche nella loro epica imponenza: i primi cristiani che arrivarono in
Norvegia nell’XI sec. ne costruirono a centinaia ma poche ne sono rimaste fino
ai giorni nostri. Tra queste, vi era appunto quella di Fantoft, bellissima,
austera ed epica nei suoi tetti spioventi e multistrato, con i timpani
ornati all’estremità da pinnacoli a forma di teste di drago, ricoperte di
scaglie dall’effetto squamato. Insomma, più che una chiesa, una struttura a
metà tra una cattedrale pagana e una
casa stregata.
Quella di Fantoft rimane la
stavkirke più famosa per diversi motivi: non solo perché fu la prima a venire
bruciata, ma perché le sue ceneri, ancora fumanti, vennero immortalate, con
tutta probabilità, dallo stesso autore del crimine; e lo scatto venne
utilizzato per la copertina di “Aske”, EP di Burzum pubblicato a marzo 1993, ma
registrato già nel 1992.
Ma torniamo all’intervista: il
reporter, mezzo terrorizzato, incontra il losco figuro a mezzanotte, nel suo
loft immerso nell’oscurità e con le finestre schermate da tappeti. Si presenta
con un nome strano (Count Grishnackh ovviamente) che non viene neppure inteso da
Tønder, probabilmente a secco
di letture tolkeniane. Inizia l’intervista: vi starò a risparmiare i dettagli
delle frasi del giovane, roboanti ed eccessive al limite del patetico, perché
sono un farneticante coacervo di luoghi comuni sul Male, Satana, l’odio verso la
società costituita e l’intenzione di diffondervi paura e malvagità.
Per
riassumere il delirio dell’allora diciannovenne basta giusto questa: “Noi adoriamo
il Diavolo, ma preferiamo non usare il termine Satana. Quella parola è stata
resa ridicola da quegli stupidi gruppi di poseur. Deficienti che pensano di
essere duri.” (sic!).
Probabilmente resosi conto a posteriori della cazzata
fatta, Varg dirà che quelle frasi facevano parte di un simpatico piano atto
solo a creare paura da un lato e farsi delle grasse risate alle spalle della
stampa dall’altro.
La cosa buffa fu che la polizia
brancolava nel buio riguardo agli autori degli incendi delle chiese. Ma a metterli sulla pista giusta, ancor
prima della pubblicazione dell’articolo (al momento della sua uscita i roghi di chiese, dal giugno ‘92, erano già saliti ad otto), fu il ritrovamento
di un flyer pubblicitario proprio di “Aske”, con la chiesa di Fantoft ancora
fumante in bella vista. Sul flyer campeggiava un indirizzo: la polizia,
banalmente, vi si recò e chi vi trovarono? Il nostro Vikernes seduto in
panciolle. Una scena tra il ridicolo e il grottesco. Ovviamente il Conte venne subito preso in
custodia dagli agenti.
Due più due fa quattro a
qualsiasi latitudine e, seppur gli investigatori di Bergen non si fossero
dimostrati fino a quel momento degli Hercule Poirot, fu normale anche per loro
collegare gli indizi, avvalorati poi anche dalle dichiarazioni proprio
dell’intervista di Grishnackh.
Ma il punto fu proprio quello:
Vikernes incredibilmente si fregò da solo dichiarando a Tønder da un lato che quel
primo incendio a Fantoft era stato compiuto da una sola persona, e contestualmente rivelando
alcuni particolari che poteva conoscere solo chi aveva materialmente compiuto
il fatto (in quanto non divulgati dalla polizia e quindi rimasti segreti). Come
spesso farà anche in futuro, Varg, una volta nelle mani della polizia, cercherà
di negare di aver detto ciò che ha detto addossando la colpa, come un Donald Trump
ante-litteram, ai giornalisti, rei di aver travisato le sue parole (il più classico
e banale dei retromarce). Ma ormai il patatrac era fatto e non poteva essere
sanato.
Spirito di esaltazione,
incoscienza giovanile, delirio di onnipotenza, desiderio di notorietà. O
semplice superficialità (come dimostrerebbe la vicenda del flyer
pubblicitario)? Come credere infatti che quanto detto (e soprattutto fatto) non
avesse conseguenze pesanti? E soprattutto conseguenze sulla propria libertà e
quindi possibilità di continuare la propria neonata carriera musicale?
Possiamo pensare che il Nostro
abbia detto ciò che ha detto per diverse ragioni; persino per risvegliare una
sorta di sentimento anti-cristiano secondo lui ancora presente, seppur sopito,
negli animi dei norvegesi. L’unico risultato fu quello di far sì che tutto il
movimento del nascente Black norvegese non avesse solo le attenzioni della
stampa specializzata (inizialmente in realtà con una scarsa attenzione per i contenuti artistici del Black), ma
soprattutto l’attenzione della polizia.
Infatti, in seguito al casino
tirato su da Varg, numerosi aderenti al movimento black vennero interrogati
riguardo agli incendi delle chiese (e non solo riguardo a quelli). Tutti gli "attenzionati",
compreso Vikernes, furono in un primo tempo rilasciati per insufficienza di prove, ma ormai il
danno era stato fatto. Da lì in poi il cerchio delle autorità si restrinse
sempre più intorno alla Scena facendo venire al pettine tutti i nodi di atti e
comportamenti che non potevano non avere le nefaste conseguenze che in effetti
ebbero.
Fino a far precipitare tutto con l’omicidio
di Euronymous. Altro evento in cui il Conte dimostrò una leggerezza ed ingenuità
davvero disarmanti. Contribuendo a distruggere le colonne portanti che avevano creato un
genere così sublime: Mayhem e Burzum stesso.
A cura di Morningrise