Cosa succede se due tra le figure principali di sempre del
metal svedese, Dan Swanö e Mikael Akerfeldt,
si mettono assieme? Succede che formano un side-project di lusso (i Bloodbath) e, oltre ad attirare e ad inglobare
nel loro progetto altre personalità fondamentali della scena (Jonas Renske,
Anders Nyström, Peter Tägtgren, Martin Axenrot, ecc.), si
mettono a suonare death metal old school a manetta.
Non amo particolarmente i Bloodbath ma la loro proposta, così
retrò, ci dice qualcosa. E cioè che esisteva, anche negli anni 2000 (il loro
primo full lenght, “Resurrection through
carnage” è del 2002), uno spazio importante per recuperare determinate
sonorità. E comunque “Resurrection…”, dalla copertina molto carcassiana, al di là dei gusti personali, è un disco che spacca il culo ai passeri.
Non solo Bloodbath, comunque. Ancora una volta, è
stato Nicke Andersson a capire dove tirava l’aria del momento, agendo di
conseguenza e tirando fuori dal cilindro il “coniglio” dei Death Breath, folle trio (auto) ironico che nel 2006 pubblicava “Stinking up the night”. Poco più di
mezz’ora di death ignorante old-school, tra rimandi, visivi e lirici, ad
efferati omicidi, zombies, vampiri e l’immancabile H.P. Lovecraft, che fa sempre suggestione.
Un miscuglio volutamente pulp ma che ci diceva che
persino coloro che avevano inventato di sana pianta il genere swedish death, e dal quale poi
per primi se ne erano discostati con la virata death ‘n’ roll, a distanza di 15
anni avevano ancora voglia di tornare all’energia primigenia di quegli anni e a quel modo di fare musica.
Tanti, tanti sono stati i gruppi che, con l’esempio dei
Bloodbath e dei Death Breath, hanno avuto il coraggio di respingere tutti
quegli stilemi di melodie e di suoni patinati che si erano imposti nella
seconda metà della decade novantiana. No, il sound dei nuovi In Flames (diventati quasi delle icone a livello mondiale) non era l’unico modo di
sopravvivere al trascorrere del tempo: l’ispirazione, la passione potevano
essere ricercati nuovamente nell’esperienza lasciata dai pionieri di 15 anni
prima. Senza per questo essere considerati dei “dinosauri”.
Dietro a questi due progetti leader trovarono spazio quindi
tante altre dimostrazioni coraggiose di recupero dello swedish-death-che-fu: Repugnant, Kaamos, Godhate, Necrovation…il vecchio stile death metal esisteva
ancora e dava alla luce demos e full lenght di spessore. Oltre al fatto che queste band dal vivo si fecero notare per esibizioni davvero brutali.
Và detto però che la maggior parte di questi progetti non raggiunse la seconda decade del millennio: troppo bassi i responsi commerciali. E diciamocelo: ormai il metallaro medio ricercava dell’altro. Ma la valenza, anche simbolica, di quella ritrovata scena old school, oltre ad omaggiare giustamente Entombed&co., gettava nuovo valore e nuova luce su quei dischi così decisivi per la musica estrema in Svezia.
Và detto però che la maggior parte di questi progetti non raggiunse la seconda decade del millennio: troppo bassi i responsi commerciali. E diciamocelo: ormai il metallaro medio ricercava dell’altro. Ma la valenza, anche simbolica, di quella ritrovata scena old school, oltre ad omaggiare giustamente Entombed&co., gettava nuovo valore e nuova luce su quei dischi così decisivi per la musica estrema in Svezia.
E allora in conclusione ci chiediamo: lo SDM è ancora vivo e
vegeto? Vediamo se riusciamo a dare una risposta...
Nonostante qualche doloroso split (Dismember; quello, ahinoi, degli
incredibili Spawn of Possession), le formazioni storiche sono ancora in pista e
sfornano dischi che, seppur non originali, spaccano ancora i padiglioni
auricolari (vedasi Grave ed Unleashed). Tutte le band che hanno le loro radici
nel death, e che hanno successivamente approcciato nuovi sentieri, sono ancora
lì, a esplorare con alterne fortune artistiche nuovi territori musicali
(Hypocrisy, Opeth, The Haunted, Tiamat, Meshuggah, gli stessi In Flames, ecc.);
e se altri si sono un po’ “rammoliti” per cercare di “bucare” il mercato (Arch
Enemy, Soilwork), altri, anche andando contro-convenienza, sono tornati
dignitosamente sui propri passi death o melo-death (Dark Tranquillity). Tutti gruppi quelli
citati che, comunque la si pensi, sono diventati dei Giganti
del metal mondiale. A ben vedere sì, lo SDM è vivo. Invecchiato, geneticamente modificato, a tratti claudicante. Ma è ancora tra di noi, esiste, col peso di tutta la sua Storia così importante.
E quindi, eccoci alla fine. Per tutti i giovani metallari nati dal 1995 in poi speriamo
di esser stati utili, avendo fornito un’esaustiva panoramica dello Swedish Death Metal, dalle origini fino ai giorni nostri. Ce n’è di materiale da
scandagliare, di emozioni da provare, di musica da cui farsi brutalizzare.
E per chi lo vorrà intraprendere, il Sentiero della Mano Sinistra è lì, ancora ben tracciato…
A cura di Morningrise