Oggi
percepite qualcosa di strano nell'aria? Gli uccellini cinguettano e volteggiano
nel cielo terso in modo oltraggioso? La gente vi sorride e tutto vi sembra
contagiato da un'incontenibile quanto stucchevole voglia di vivere? Bene,
allora chiudete gli occhi, lasciate la luce fuori ed immergetevi nel vostro
mondo di oscurità interiore.
La nostra prima pillola
di oscurità non poteva che riguardare un artista che definisce la
propria musica "pure depressive
black funeral doom metal": signore e signori, dalla Danimarca, ecco a
voi Nortt!
Esistono tre livelli di ascolto per approcciarsi all'arte di questo misteriosa
one-man band.
In apparenza gli album di
Nortt appaiono bellissimi, ma l'ascolto deve essere distratto, incurante dei
dettagli (che poi a guardar bene non esistono). Il modus operandi del Nostro
sembra basarsi sull'inconsistenza di un sound
che potremmo definire nebbioso. Suoni confusi e rarefatti, una scorza di echi e
riverberi che coprono scarse capacità di scrittura, prima ancora che esecutive
(che in effetti rimangono piuttosto scarse).
I supporter del progetto potranno dire che Nortt non intende fare
musica, ma creare atmosfera, e in
effetti quella non manca. Se dunque lasciamo scivolare queste note nel sottofondo
mentre facciamo altro, oppure (ahinoi) ci stiamo per addormentare, l'insieme
non mancherà di fare il suo porco effetto. Se però vorremo scendere un tantino
in profondità, non tarderemo a renderci conto dei limiti, voluti o meno, di
questa musica.
Laddove altri alfieri
dell'area depressive hanno dimostrato non solo la volontà di portare avanti una
personale ricerca stilistica, ma anche una apprezzabile evoluzione album dopo
album (penso a Xasthur, Leviathan, ma ci butterei dentro,
piaccia o meno, anche quel pagliaccio di Kvarforth
e i suoi Shining), Nortt, nell'arco
di un cammino più che ventennale, ha mostrato un immobilismo ed una povertà di
intuizioni davvero disarmanti. Capisco che se si intende parlare di morte, tristezza, solitudine, depressione e suicidio, la tavolozza a disposizione non contemplerà molti colori,
ma da album di tal risma almeno un arpeggio ispirato me lo aspetto.
Nortt invece continua ad
operare il suo scavo esistenziale con elementari giri di tastiera e pianoforte,
mentre i riff di chitarra non si
scostano dalle solite due linee melodiche. Completano il quadro battiti
stralenti di drum-machine e screaming/growl disarticolati ed
estremamente incomprensibili (si dice che il Nostro canti in danese e che vi
siano persino dei testi…).
Questa scarsa inventiva,
spacciata per cifra stilistica o intransigenza, diviene così il limite
principale della proposta, in particolare alle orecchie di chi ambirebbe ad
ascoltare questi album per intero, analizzando i singoli passaggi. Certo, se
l'obiettivo era creare un'atmosfera malsana e deprimente, il nostro Nortt fa
decisamente centro, ma lo fa imboccando la via più facile. Il modus operandi in
fondo è lo stesso di quello della pornografia,
che ottiene l’eccitazione dello spettatore con la manifestazione esplicita del sesso:
come un regista di un film porno sa raggiungere i propri intenti senza una grande
sceneggiatura, né grandi attori, né un accurato lavoro di riprese e montaggio,
così Nortt edifica un'atmosfera d'angoscia esasperata ricorrendo alla pioggia,
alle campane che suonano a morto, alla mancanza di variazioni, all’abuso di vocalità
artefatte, grottesche e grondanti una disperazione fin troppo sopra le righe: in questo modo trasmettere sensazioni
negative diviene un fatto più chimico che artistico.
Già la stessa copertina di
"Galgenfrist" (che ritrae
un oscuro figuro con un cappio in mano che si incammina in una foresta con
chiari intenti) implica un immaginario
di stereotipi slegato dalla realtà delle cose (è un dato di fatto, per
esempio, che il suicidio non sia, nella maggior parte dei casi, un impeto necessariamente
generato da situazioni lugubri – ed infatti le statistiche indicano chiaramente
un incremento dei suicidi nella stagione estiva). La musica, coerentemente, è
una passerella di cliché, una fin
troppo razionale, ordinata e prevedibile disposizione degli elementi del dolore che rivela una collocazione
del disagio ad un livello superficiale della creazione artistica.
Quella di Nortt non è l’agonia
del vero depresso, dell’aspirante suicida, non è l’espressione di un reale
disagio, nemmeno di quello mediocremente borghese. Sembrerebbe piuttosto il
frutto dello svago che può concedersi nei ritagli di tempo un personaggio
ordinario che conduce una vita ordinaria: Nortt, uno di noi.
Eccoci al terzo approccio,
quello che ci porta ad una inaspettata rivalutazione del progetto artistico.
Nessuna attività concertistica, quattro
album pubblicati in più venti anni di carriera, ma soprattutto una
evoluzione artistica praticamente nulla. Il discorso è chiaro: questa non può
essere la vita di chi campa di musica. Non vi è l'ambizione a crescere né la
necessità di farlo in quanto Nortt non ha bisogno dei proventi della sua arte e
quindi da essa non può essere ricattato: per questo si può permettere di essere
estremo e di non piacere ai più.
È lecito infatti pensare che
il buon Nortt sia uno stimabile cittadino che conduce la sua vita ordinata
svolgendo una attività a tempo pieno (un postino, un impiegato statale, un
addetto al call-center, più
probabilmente un informatico, un ingegnere, uno che magari non deve stare al
pubblico). C'è chi gioca a calcetto il martedì sera, chi attacca la chitarra al
Mac e, armato di cuffie, compone la propria musica non disturbando il resto
della famiglia. E poi, ogni tot anni, racimolati tre quarti d'ora di musica (al
netto, un quarto d'ora di idee nuove, visto che tutto viene reiterato fino allo
sfinimento e poi allungato con effetti ambientali e persino con porzioni di
silenzio), ci si presenta in studio e si fa un album. Ma così, per sfizio, per
vanagloria, come quelli che, pur di veder pubblicato un libro con il proprio
nome in copertina, stringono quegli infami patti editoriali secondo i quali
sono vincolati ad acquistare in anticipo centinaia di copie.
Per questo motivo non bisogna
pretendere troppo da Nortt, che non è una rock
star, ma uno di noi. Per questo è degno del nostro rispetto.
Fate attenzione, però: la
prossima volta che pagate una bolletta all'ufficio postale o vi chiedono il
biglietto in treno o vi consegnano una pizza a domicilio: quell'impiegato, quel
controllore, quel pizza express
potrebbero essere degli insospettabili paladini del pure depressive black funeral
doom metal...