Esistono momenti nella vita dove è necessario cambiare, il mutamento come una
rottura della piatta quotidianità, ma anche come una condizione necessaria per
riscrivere le coordinate della propria esistenza.
Il trasloco è la sintesi
concreta del tentativo di intraprendere un nuovo percorso, ancora di più se sei
un metallaro e devi portarti la colonna sonora della vita.
Quando devi traslocare migliaia di cd ci sono diversi passi che ti spingono a
riflettere; ma non parlo della valutazione se farlo o meno (in questo caso la
decisione è già presa). La necessità di andar via è immutabile, ma ad un certo
punto devi iniziare a spostare tutta la musica da una casa all’altra e si accompagnano
azioni fisiche a profondissimi pensieri.
Fase 1: LE SCATOLE.
Sono contenitori vuoti davanti a te e sei diffidente, perché ti chiedi se
potranno reggere il peso della colonna sonora della tua vita. Dopo qualche
giorno, ma solo dopo qualche giorno, ti rassegni e inizi a riempirle.
Quando i cd vanno dentro, c’è un pensiero e un ricordo per ognuno, li senti
dentro e canticchi alcuni passaggi come se volessi accompagnarli nella scatola
come si fa con la ninna nanna per i bambini.
Fase 2: L'ORDINE.
Dopo le prime scatole, la mente è sfiorata dal pensiero che se metti i dischi
in ordine, quando li aprirai nella nuova casa potrai disporli con più
precisione. Ho iniziato così ad ammucchiare gruppi, generi, copertine, ma è
tutto vano. Troppi album inclassificabili in un genere, l’equilibrio non c’è
mai stato ed è stato stupido pensare che potesse esserci proprio adesso.
E ti
viene in mente il precariato, i fallimenti, la tristezza, quella tipa delle
medie che non te l’ha data. Lo sconforto rapisce l’animo, così cerchi “Reign in
Blood” e trovi certezze.
Fase 3: GLI ELETTI.
Proprio da questo smarrimento, nasce l’idea di non affidare al traslocatore
alcuni cd fondamentali che non potevo permettermi di perdere o privarmi anche
solo per un viaggio. C’è la scelta della scatola degli eletti, una sorta di
lista di Schindler dei miei dischi da caricare in macchina. Slayer, Dream
Theater, Burzum, Megadeth, ma poi mi blocco e rifletto sulle scelte fatte.
Riflessioni profondissime sul senso delle stesse, sui momenti attraversati e
sulla crescita psicosociale della mia persona.
Privilegio i dischi ormai fuori
produzione per non perdere la chicca, ma poi butto dentro anche i Crematory.
Perché?
Fase 4: LE ISTRUZIONI.
Energumeni alla porta pronti a caricare la tua vita suddivisa in scatole su un
camion. Accolti con sospetto e catechizzati a dovere, nessun interesse per i
vestiti e massima cura a queste scatole: “Va bene ragazzi, mi avete capito?”
con voce strozzata dal pianto. “Ok capo se ti togli da qui, però carichiamo il
camion sennò facciamo notte!”.
Fase 5: LA CONSEGNA.
Ogni scatola che esce dal camion è superflua: “Ecco lo sapevo! Mi hanno perso i Mayhem e dove cazzo lo trovo più il cd di Deathcrush?!”.
Gli energumeni invece entrano a casa: “Eccoli capo, mettiamo qui le scatole dei
dischi?”. E bisogna raccomandarli molto sulla delicatezza, perché se mi si rompe “Pure
Holocaust” poi chi lo ritrova più?!
Fase 6: LA RICOLLOCAZIONE.
In una nuova casa ci sono dischi che vivono una vita nuova; così è stato per i
Dark Tranquillity ad esempio che avevo rimosso dalla mia vita da anni.
Mettendoli a posto, mi sono sentito felice e vecchio. Come incontrare amici
delle scuole a cena dopo anni, come rivivere quella volta che da bambino hai
suonato i campanelli dei condomini.
Non è il primo e non sarà l’ultimo, ma ho scoperto il valore catartico di un
trasloco e poi in fondo agli scatoloni ho scoperto un altro lato di me stesso.
Un lato che non amava gli oggetti in quanto tali, ma che vedeva i dischi come
fotografie di un ragazzo che non c’è più e che è vissuto con queste note.
La colonna sonora ha fatto il mio film...adesso posso ascoltarmi gli Opeth in
pace, sempre che riesca a trovarli da qualche parte...