Tajikistan. Se un si dovesse svegliare qui, passerebbe interminabili giorni a chiedersi: “ma dove diavolo sono finito?”. Uno di quei luoghi che sulla carta esistono, ma sono un mistero per chi non ci vive. Tajikistan, capitale Dusanbe. Vi dice nulla? Neanche a me. Si legge che la sua letteratura, ad esempio, “si innesta nella grande tradizione della letteratura persiana”, di cui noi occidentali non sappiamo mediamente una mazza. Sport? Medaglia d'oro per il lancio del martello.
Mah, il senso di smarrimento non fa che aumentare. Dove mai siamo finiti?
Ci si può far veramente male da queste parti. Al Azif sono un gruppo folk che propongono versioni di brani o spezzoni metal adattati con strumenti e arrangiamenti della musica popolare tajika. Il tutto è prevedibile per la maggior parte dei brani, tra cui uno "Smoke on the Water" sempre indigesto come un dolce al marzapane rappreso. La sorpresa è la resa in chiave folk tajika di "Black Metal" dei Venom, per tamburi, corni e incredibili imitazioni di galli, mucche e animali vari della fattoria.
Ricordiamo che anche ai Peste Noire è venuto in mente di accostare il black metal ai suoni della fattoria, e la resa è sempre efficace. Per quanto riguarda le percussioni “nude e crude”, come non richiamare alla mente l’introduzione di "Deathcrush". L’anima black tajika è quindi ben sintonizzata nello spirito del black più sordido.
Non so se chi legge ha visto e ricorda un film del 1981 intitolato "Southern Comfort" (I guerrieri della palude silenziosa), in cui un plotone della Guardia Nazionale svolge un’esercitazione in territorio della comunità rurale francofona dei Cajun che popolano le foreste paludose della Louisiana. I soldati fregano le canoe a un gruppo di Cajun, che non gradiscono la goliardata. I nostri, decimati, si trovano infine nel cuore di un villaggio Cajun, tra musiche e preparativi di una sorta di sagra. L’atmosfera è quella in cui non è chiaro se gli offriranno un piatto caldo o li scuoieranno vivi, tipo anche "2000 Maniacs" (1964) di H.G. Lewis. Ad ascoltare i tajiki Al Azif che suonano i Venom più o meno il senso di inquietudine è quello.
Detto questo, sarebbe quindi il caso di iniziare un black tajiko con produzione propria, un peccato non sfruttare questo tipo di humus. Per adesso solo un demo.
Se vi doveste trovare in un supermercato del Tajikistan, può capitare che tra gli scaffali si siano sistemati i Red Planet, con la loro strumentazione. Così amano farsi riprendere nei video. Di prove in effetti si tratta, e non impegnerei né me né loro in ulteriori considerazioni, anche perché già si fregiano del titolo di “best band ever”. Mi limito a citare un titolo per tutti, l’emblematica “Soundcheck”. No, via, bisogna parlarne perché la loro storia è composita e non può essere sbrigata così in due ballette. Innanzitutto descrivono due fasi, la prima di “death metal melodico progressivo con influenze orientali” (di cui non troviamo traccia), e quindi metalcore (di cui non troviamo traccia). Potremmo descriverli come un gruppo in stile Maiden “prima maniera” con voce femminile, la Blaze del Tajikistan. Presumiamo che, dovendo tracciare una linea di confine tra le due fasi stilistiche nella sterminata discografia del gruppo, il primo demo di 4 brani appartenga alla prima fase, e gli altri tre singoli (!) degli anni successivi alla seconda.
Discorso diverso per gli Spawn of the Matriarch,(Tajiki trasferiti in Colorado), nome evocativo di temi lovecraftiani, come del resto già Al Azif. Sinceramente parlando, sapere che “i Grandi Antichi verranno da oltre le stelle” mi lascia indifferente; preferisco immaginarli come una presenza persistente, non storica. Un luogo dell’anima, insomma. Questo gruppo propone un death-doom progressivo che ricorda i primi Cathedral (rare le parti “tirate”), con la linea di basso in primo piano, reso irregolare e imprevedibile da digressioni jazzate e arabescate, pause atmosferiche, con un uso variegato delle percussioni. La discografia comprende un primo EP, e una successiva compilation che include necessariamente il primo EP ma anche inediti. Gli Spawn quindi sono antologia di se stessi, escono già in auto-compilazione.
L’autostima tajika, tra Red Planet e Spawn of the Matriarch, è quindi ai massimi livelli. A proposito di discografie inquietanti, ci sono gli Anubis che hanno una discografia costituita da un demo registrato direttamente live. Il gruppo risulta sciolto, ma non sappiamo quando. Sappiamo che si sono formati nel 1997, e solo nel 2001, dopo anni di gestazione, hanno registrato “una tantum” un demo live, di cui ignoriamo la composizione. Trattasi quindi di una discografia che sopravviverà solo attraverso la tradizione orale: o c’eri quel giorno, o hai una copia del demo, che forse è ancora più improbabile.
C’è poi un gruppo, di cui non si può dir che bene perché non riesco a reperirne facilmente il materiale, i Jinn, che dichiarano di suonare semplicemente Heavy Metal e hanno al loro attivo un album.
Al netto di gruppi trasferiti, cover e prove tecniche, non è che qui ci sia molto da addentare.
Eppure, grazie al metal, adesso so anch’io qualcosa sul Tajikistan.