DIECI ALBUM (PIU' UNO) PER CAPIRE DEVIN TOWNSEND - Cap. II
Nel post precedente ci eravamo lasciato alla posizione n.8 della nostra Rassegna.
Proseguiamo quindi con il countdown...
7. EPICLOUD (2012) – IL “POPPEGGIANTE”
A confermare il disturbo bipolare
diagnosticatogli ormai 15 anni prima, Devin, a inizio anni ’10, si mette a
scrivere i pezzi che, secondo la sua idea, avrebbero dovuto essere i più heavy
mai composti. E cosa gli escono fuori? I brani più accessibili e morbidi della sua intera carriera!
“Epicloud” è un album il cui intero è molto di più della somma delle parti. Non esistono brani top, ma il disco, gustato dal 1° al 49° minuto, da sensazioni stra-piacevoli. Sarà per quell’intro gospel (“Effervescent!”) che si fonda con la trascinante “True North”, il cui incipit cantato in solitario dalla Divina Anneke è forse quanto di più emotivamente coinvolgente abbia composto il Genio di Vancouver come apertura per i suoi dischi; sarà che ogni brano finisce introducendo quello successivo dando un’impressione di flusso coerente e continuo; sarà che Devin ci lascia per il finale il meglio, stratagemma sempre gradito, con l’accoppiata “Hold on” + “Angel” che regalano emozioni a profusione.
“Epicloud” è un album il cui intero è molto di più della somma delle parti. Non esistono brani top, ma il disco, gustato dal 1° al 49° minuto, da sensazioni stra-piacevoli. Sarà per quell’intro gospel (“Effervescent!”) che si fonda con la trascinante “True North”, il cui incipit cantato in solitario dalla Divina Anneke è forse quanto di più emotivamente coinvolgente abbia composto il Genio di Vancouver come apertura per i suoi dischi; sarà che ogni brano finisce introducendo quello successivo dando un’impressione di flusso coerente e continuo; sarà che Devin ci lascia per il finale il meglio, stratagemma sempre gradito, con l’accoppiata “Hold on” + “Angel” che regalano emozioni a profusione.
Insomma, sarà quel che sarà ma Townsend esprime con “Epicloud” il
suo lato più melodico ed easy-listening (per quanto non manchino delle belle
bordate thrasheggianti come “More!”) ma senza scadere mai in banalità
commerciali.
Da avere, soprattutto se si vuole approcciare il Nostro dal suo "varco" più morbido e accessibile.
Voto: 7,5
6. ACCELERATED EVOLUTION (2003) – L’”EVOLUTO”
Devin Townsend Band è il monicker
meno utilizzato dal Devin nella sua carriera (se si eccettuano i progetti Punky Brüsters e
Casualties of Cool): appena due album. AE e il successivo “Synchestra”.
Trattiamo per ora il primo perchè il 2003 rimane un
turning point decisivo nella carriera di Devin, che sente la necessità, per
veicolare la sua musica solista, così diversa da quella dei SYL (di cui in
quello stesso anno uscirà il buonissimo disco eponimo) di una vera e propria
band. Eccoli lì allora, riuniti per la prima volta i fratelli Young, Brian Waddell
e il motorino senza sosta di Ryan van Poederooyen, quando ancora avevano i
capelli in testa ed erano sbarbati. Ragazzi che (ad eccezione del basso di Mike
Young) accompagneranno fedelmente per i successivi 15 anni Devin nel suo percorso
artistico. Il risultato è un disco maturo, molto “a fuoco”, dal songwriting calibrato
e dove il marchio di Devin (sound pieno, impattante, stratificatissimo, zeppo
di effetti) si integra con un’accessibilità legata all’utilizzo massiccio
delle clean vocals, delle tastiere e di melodie accattivanti ma lontane
dall’essere “popolari” (emblematica l’ottima “Traveller”, 4’ iconici del nuovo
sound townsendiano, iper-radiofonico ma lontano dai gusti di massa).
Il disco
contiene molti dei brani immortali della carriera del Nostro e che proporrà di
continuo dal vivo (in particolare “Deadhead” e “Suicide”), senza mancare di
regalare classe a profusione nella splendida strumentale “Away”.
Se questo splendido mix di
hard-rock, progressive metal e heavy classico è l’”evoluzione” di Devin beh…allora
viva l’(accelerata) evoluzione!
Voto: 8
5. ZILTOID THE OMNISCIENT (2007) – IL (falsamente) “GROTTESCO”
I’m so omniscent if there were to be two
omniscience’s I would be BOTH! (Ziltoid the Omniscient)
Se si vuole avere una prospettiva
dell’arte townsendiana a 360° non si può tralasciare l’aspetto goliardico, (auto) ironico
del suo fare musica. Consigliatissimo, a tal proposito, anche il suo spassoso "Cooked on Phonics" con i Punky Brüster, anno 1996, disco "preparatorio" della sua carriera solista. Ma l’opera che maggiormente evidenzia questo lato scherzoso e
grottesco è sicuramente ZTO, penultima release a nome Devin Townsend (da lì in
avanti entrerà in scena il DT Project, con la sola eccezione del sequel
Ziltoidiano).
Chi pensava che il Nostro si fosse un po’ rammollito negli
ultimi tempi (era reduce da due full lenght ambient-noise), beh, ZTO fuga ogni
dubbio. In una sorta di space-opera teatrale, veniamo catapultati nella
battaglia intergalattica tra il terribile
Ziltoid (comandante alieno attaccabrighe e guitar hero a tempo perso) che
intima alla popolazione terrestre di preparagli una tazza di caffè nero in
appena…5 minuti! La sua reazione dopo l’assaggio del medesimo (“Fetid!”), e la convinzione che gli Umani gli nascondano il loro finest bean, scatenerà la sua ira contro la quale l’umanità opporrà la forza del Capitan
Spectacular…
Se i testi e il tema del concept
possono far ridere, il versante musicale ci presenta un Devin più serio che
mai. Presi su di sé tutti gli strumenti, il Nostro chiede l’aiuto del
meshugghiano Fredrik Thordendal
nella messa a punto del suo devastante Drumkit from Hell. Il risultato finale è
una botta nei denti da far paura: un sound battericentrico che più volte
ricorda le cose composte dal canadese per i suoi SYL (“Ziltoidia Attaxx!!!”,
“The Greys”). Se a tratti, i numerosi intermezzi parlati (tra cui un esilarante
dialogo tra Ziltoid e Dio, l’Omnidimensional Creator) possono far calare la
tensione o rendere un po’ stucchevole il continuum del disco, con il prosieguo
degli ascolti esce fuori una compattezza e una linearità inaspettata.
E poi
inutile girarci attorno: “By your command”, “Solar winds”, “Color your world”
sono tre suite di straordinaria qualità, accompagnate da altri brani riuscitissimi,
alcuni maggiormente accessibili e solari (“Hyperdrive”) e altri
meravigliosamente cupi nel loro doom-death progressivo (“N9”, “Planet
smasher”). Alla fine non ci si può che inchinare dinanzi all’ennesimo centro di
Devin, che misuratosi con il medium del concept-album classico, ne esce
vincitore con un prodotto innovativo, originale e avvincente.
Voto: 7,5
4. SYNCHESTRA (2006) – IL “CAMALEONTICO”
Amo la copertina di questo
secondo e ultimo disco della DT Band. Ma quello che amo è la capacità di Devin di esplorare musiche diverse, rielaborarle e
renderle uniformi con il suo inconfondibile marchio.
I toccanti 3’ scarsi
dell’iniziale “Let it roll” (un’opener da lacrime), lasciano spazio ad un’ora
circa di emozioni e tonalità totalmente spiazzanti. Polka, musica orientale,
folk, parti country…assieme al suo inimitabile extreme-prog metal e maestoso
hard rock…c’è di tutto in “Synchestra”, a volte all’interno della stessa
canzone (vedasi la sensazionale “Triumph”).
Ma la cosa incredibile è l’equilibrio naturale che attraversa
tutto il disco. Mille anime, umori, influenze, sfaccettature…eppure il mosaico
finale è fottutamente omogeneo, credibile. E anche fruibile, accessibile, non
ostico. Non so quale altro artista sarebbe stato capace di dar vita a un camaleonte
musicale di tal specie, e renderlo comunque un (quasi) capolavoro. Esempio: far
seguire a un divertissement come “Vampolka” la staffilata ai limiti del thrash
di “Vampira” è un azzardo, che però negli spartiti townsendiani, risulta non
solo piacevole alle orecchie ma persino “naturale”.
Probabilmente solo Devin…infatti,
l’ha composto lui! E quello che traspare è anche che
l’abbia realizzato divertendosi un mondo…
Voto. 7,5