Power Metal. Una delle definizioni più controverse nel vasto mare delle etichette metalliche.
Per chi, come noi in redazione, è
cresciuto musicalmente negli anni novanta, il Power è sempre stato identificato istintivamente con il revival classico di quegli anni, per lo più guidato da band teutoniche
(Gamma Ray, Rage, Running Wild, Iron Savior, Primal Fear, Heaven’s Gate, ecc).
Ma, una dozzina di anni prima di
questa fase, vi era già stato un altro movimento denominato Power Metal. O
meglio USPM, ad indicare la nazione di provenienza. Cioè gli Stati Uniti.
Capifila dell’USPM (assieme a top
band quali Vicious Rumors e Metal Church) furono proprio i Queensrӱche, monicker che non ha nessun bisogno di presentazione ma che, generalmente, dalla maggior parte dei metalheads, è ricordata per la sua produzione da “Operation: Mindcrime” in poi.
Ma sarebbe un errore di
superficialità non considerare invece la produzione pre-1988 della band di
Seattle, composta da “The Warning” (1984) e l’ottimo “Rage for Order” (1986).
Ma ancor prima, nel 1983, i Nostri si imposero all’attenzione dell’underground americano ed
europeo con l’omonimo EP.
Delle 4 songs ivi contenute (5 nella riedizione del 1988), a
incantare pubblico e critica fu sicuramente la voce di Geoff Tate, di quel
giovanotto, all’epoca 24enne, che spaccava già il culo ai passeri e le cui doti
sono lì, sbattute immediatamente in faccia all’ascoltatore dopo pochi secondi dall’inizio
dell’anthemica opener “Queen of the Reich”, con un acuto strappabudella che
giusto Halford...
Certo, in questi 17 minuti non c’è solo la voce di Tate ad
emergere, ma una prova d’insieme coesa, maturamente acerba. E nella quale i
rifferrama trascinanti e i solos ispirati rimandavano certo al pesante marchio
della N.W.O.B.H.M. (in testa Maiden e Judas) ma dimostravano che quel pivello
di Christopher Lee DeGarmo (men che ventenne) aveva classe da vendere.
Chris & co. si erano fatti le ossa, con il monicker The Mob, proprio con
le cover delle heavy metal band inglesi, ma proprio l’ingresso in formazione di
Geoff, che si stava rompendo le palle a suonare cover, spinse il resto della
band a fare il grande salto, autofinanziandosi la registrazione di una demo e
dell’affitto di uno studio di registrazione per incidere le 4 songs che
comporranno poi l’EP oponimo.
Brani non originalissimi ma
sicuramente traspiranti passione e amore per l’heavy metal, supportati da una tecnica
di base più che buona e attraversati da quell’elettricità in parte tagliente e in parte epico-marziale
che sarà tipica, appunto, dell’USPM. “Nightrider” è emblematica in tal senso,
col suo alternarsi di parti cadenzate ad altre rapide, con un finale (Oh God, beware of the night) preso
direttamente in prestito dalla chiosa di “Phantom of the Opera" degli Iron.
Tutti i pezzi comunque sono davvero validi
(forse la sola “Blinded” mostra un po’ il fianco…), ma una nota di merito va
alla conclusiva “The Lady Wore Black” (unica con il testo scritto da Geoff), 6
minuti che facevano già intravedere il lato più sperimentale e progressivo della
band, tanto da poter essere considerato un archetipo di power ballad queensrӱchiana,
con oscure e suadenti strofe arpeggiate, assolo lacrimevole e chorus pieni e
sostenuti. Top song dell'EP.
Il resto è storia: tour di
supporto con super gruppi già affermati (Quiet Riot e Twisted Sister) e via…la
strada verso il primo full lenght spianata.
“Queensrӱche” quindi non solo risponde
perfettamente ai canoni enunciati nella nostra anteprima dal nostro
Mementomori, ma soprattutto è un mirabile esempio di incrocio tra heavy metal
di stampo britannico e power statunitense. E portatore in nuce dei germi che avrebbero
fatto del Regno della Regina la band di punta (extra-thrash) dell’heavy
statunitense per tutta la decade a venire.
Your soul slipped away / It belongs to the
Queen of the Reich / She’s coming for you!
A cura di Morningrise
(Vedi le altre puntate della rassegna)