"Amici miei" (1975). Il Melandri, interpretato da Gastone Moschin, a ogni capitolo si innamora perdutamente di qualcuna, di solito in maniera platonica, stilnovistica. In quel film tocca alla moglie di un ricco medico che lui corteggia inizialmente solo per telefono, con un trucco però, per vincere la sua timidezza: le telefonate gliele fanno a turno gli amici, ciascuno con il suo stile, alternando sapientemente spasimi amorosi e proposte sconce. Quando il nostro riesce a conquistarla e ci si accasa però l’entusiasmo presto si trasforma in angoscia, perché la donna è isterica e mal si adatta ad una vita normale. Finché una sera, proprio a tavola con gli amici, lei sbotta contro di lui, e lui replica:
“Ma Tesoro, Cippa Lippa…. Io faccio il possibile lo sai…. Di che cosa mi rimproveri…?”
“Di non essere più quel personaggio straordinario che eri al telefono”
“E per forza ! Al telefono eravamo n….” “Silenzio!”
Ecco, i Mayhem sono un po’ la stessa cosa. In pratica non esistono. Sono un’accolita di volta in volta diversa, ma con la particolarità che le formazioni responsabili dei loro primi grandi successi sono in realtà del tutto casuali, e non si sono ripetute. Il primo lavoro, l’EP di cui forse parleremo, è partorito dalla formazione Manheim-Euronymous-Maniac-Necrobutcher, con piccola parte del cantante Messiah. Esplodono però con il primo disco lungo “De Mysteriis DOM Sathanas”, che è opera di Attila-Grishnack-Hellhammer-Euromynous (defunto) e testi di Dead (defunto). Questo, ben inteso, sempre che si accrediti una tesi piuttosto che un’altra, perché chi abbia composto le parti di basso non è stato chiarito; se davvero siano di Euronymous quelle di chitarra è dato per scontato ma opinabile.
Chi afferma di amare i Mayhem in realtà non può dare un senso compiuto a questa affermazione. Quali Mayhem? La coppia mitica Dead-Euronymous? Ci sono soltanto in un ostico live, di Dead rimane qualche testo nella produzione professionale.
Quindi allora: quali Mayhem? Quelli di "Deathcrush"? Quelli dell’album completo d’esordio? Perché sono due formazioni completamente diverse, o per composizione, o per stato vitale dei membri. Quelli dopo, certamente più stabili, ma storicamente irrilevanti. I Mayhem somigliano quindi ad una specie di bandiera, come dire che sei tifoso della tale squadra di calcio, che avrà giocato in mille modi diversi con mille formazioni diverse. Magari uno tiene in casa il poster del grande capocannoniere defunto dell’epoca d’oro.
Oppure, i Mayhem sono come un clan malavitoso, in cui alla guida adesso magari c’è un insieme di veterani, nuovi arrivi e gente che ha ucciso i vecchi capi per subentrare.
Quindi, se vi siete irritati perché i Mayhem del dopo 1993 non sono gli stessi “personaggi straordinari” che erano in “De Mysteriis DOM Sathanas”...per forza! Era altra gente, al netto di Hellhammer. E andando a ritroso, erano altra gente ancora. E quelli “mitici”, altra gente ancora. Oppure prendiamo i Mayhem di “Maniac”, al netto di “De Mysteriis”, ma che potrebbe servire?
Lasciate perdere quindi chi siano i Mayhem. Ha più senso che cosa sia questo EP. E’ un EP sgradevole, fastidioso, eccelso nel suo essere disturbante. Ti viene voglia di interrompere l’ascolto, come per evitare che si vada a finire in turpitudini che non potrai più dimenticare. Niente di roboante, non parliamo di roba iperveloce o degli amplificatori assordanti dei Manowar, parliamo di quelle due-tre note, di quei movimenti ritmici che possono lasciarti un segno, un’idea di sporcizia e di minaccia che non ti leverai più dalla testa. Come una cingomma sotto la suola.
Questo EP è un esempio di necromania, che era l’avanguardia del metal estremo dell’epoca, e uno dei germi del black metal originario, quello che poi in verità non è prevalso. Nell’idea di Euronymous, il black metal era una filosofia di vita consistente nell’esplorazione della parte cattiva dell’uomo, non oscura. Neanche cattiva, irrimediabilmente guasta, cioè il post-mortem, e tutto ciò che lo produce. Quello che predicava (razzolando in maniera molto parziale) era il culto della morte, dell’odio e della distruzione, privilegiandone la componente più tangibile e sensoriale, che non quella simbolica e ideale. Quanto poi fosse nel suo animo l’intento di realizzare veramente una corrente antisociale, di odio afinalistico praticato al solo scopo di elevarsi spiritualmente in un’ottica satanica, non è dato saperlo. Diversi lo consideravano comunque un millantatore, che lasciava poi l’iniziativa ad altri, o li utilizzava, anche cinicamente, per dar evidenza al suo personaggio. Non c’è traccia alcuna qui del culto della natura, del panteismo, né di un anticristianesimo morale. Il black metal alla Mayhem prima maniera è un pozzo nero scavato nel cortile, un orrore fisico che esprime da ciò che resta di sé. L’essenza dell’orrore non è la brutalità per Euronymous, né il sangue vivo, ma le ceneri, il marciume, il sangue secco, in una parola la “mano marcia del male”.
Dai testi dei brani si ricava pochissimo (sono testi abbastanza puerili, tanto che il teso della cover dei Venom ci fa la sua figura), eppure bastano alcuni cenni per capire che la poetica del black alla Euronymous è una poetica death privata della componente “gory”, ed esaltata nella sua componente necromanica, di rapporto tra l’uomo e la morte compiuta. Quegli aspetti della morte che non sono né eclatanti, né drammatici, ma statici e ripugnanti, e ricordano la vita nel momento in cui è già decomposta, cioè assente. La cosa più vera della vita è la sua carcassa disfatta, fotografata nel post-mortem. All’epoca era semplicemente un risvolto della poetica death, con aspetto musicale di tipo regressivo, che tornava alla radice della brutalità, la sua radice grezza, scarna e minimale.
L’atmosfera di "Deathcrush" somiglia molto a film come “Cannibal Holocaust”, ma anche “Salò” di Pasolini. Un compiacimento alla fine insopportabile dello schifo, in cui si inizia con la dignità di una rappresentazione del male, ma poi ad un certo punto ti sorge il dubbio che chi suona sia davvero morbosamente emozionato, e magari premi stop prima del tempo. E quando premi stop, a quel punto, ti rimbomba in testa l’intro. L’intro che ora suona come un presagio, e che avevi sottovalutato, tra lo stupore e il disagio. Una intro fatta di percussioni nude, distorte e insistenti, che battono la terra morta facendo vibrare quello che è quasi nulla.
Il quasi nulla necrotico, che per Euronymous era la vera faccia della morte.
A cura del Dottore
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