La tragedia ha colpito un gruppo, non proprio fortunato in generale: un infarto ha ucciso Mike Baker (1963-2008) voce storica del gruppo prima di questo album.
La perdita, come recita la citazione iniziale estratta dal booklet del disco, non è indifferente per un gruppo che non ha mai brillato per fama, successo o capacità di marketing intorno ad album generalmente di buon livello.
La morte di Mike Baker poteva essere la mazzata definitiva, ma il finale è stato diverso ...
Difatti il gruppo si consolida in un trio di mostruosi musicisti attorno al quale ruotano una serie di personalità coinvolte per le singole canzoni, ma il suono resta un marchio di fabbrica inconfondibile. Le influenze ricadono sempre dentro l'area tematica che va dai Dream Theater a Neal Morse, ma c'è un passo avanti rispetto al precedente "Room V" e anche l'artwork migliora.
Le redini sono in mano a due geni del prog Metal: Gary Wehrkamp e Brendt Allman con la preziosa collaborazione del bassista e occasionalmente cantante Carl Cadden-James. I primi due sono strepitosi polistrumentisti che andrebbero inseriti nel gota del genere progressive metal, perché hanno un gusto melodico unito ad un virtuosismo tecnico originale. Chitarra elettrica, tastiere, ma anche basso e batteria sono per loro prolungamenti del cervello in una espressione musicale veramente al di sopra della media.
Gli Shadow Gallery in quanto veri perfezionisti si concedono poco, tanto che questo è solo il sesto album dai primi anni 90 ad oggi e va inserito tra le migliori opere del gruppo.
Dispiace dirlo, ma non si sente più di tanto l'assenza del compianto Baker perché i suddetti musicisti sono in uno stato di grazia che eleva questo album tra i top del progressive metal degli ultimi anni.
Vi starete chiedendo, ma chi canta dunque?
Domanda lecita, perché il sostituto si chiama Brian Ashland ed è uno sconosciuto con una gran bella voce ma non c'è solo lui. Partecipano Ralf Scheepers dei Primal Fear, Clay Barton dei Suspyre, oltre direttamente al bassista Caddon-James, ma la verità è che il marchio di fabbrica del disco lo danno i musicisti e la voce viaggia di pari passo con gli strumenti. Diventa essa stessa uno strumento, perché i cori che sono sempre stati un trademark distintivo degli SG diventano qui più azzeccati del solito e, forse sarà solo suggestione, anche più commoventi.
La prima traccia "With Honor" è una gemma, dieci minuti di puro sound Shadow Gallery finalmente ben registrato (cosa che in passato li aveva sempre penalizzati) con tecnicismi funambolici sempre nel nome della melodia. La vera sorpresa è "Venom" dove il suono si irrobustisce come non mai, sembrano quasi i Megadeth (avete letto bene), ma nella fase conclusiva raggiunge uno dei più momenti più belli del disco sia con il duetto vocale, sia con l'harmony guitar solo di Brendt !
In meno di un'ora le canzoni si susseguono con fraseggi dove chitarra e tastiere dominano una melodia pervasa da tecnicismi sopraffini fino alla splendida conclusiva "Haunted" che chiude con uno stile che incrocia Savatage, Queen e Queensryche (scusate se è poco) un album fatto di sette tracce colte ed emotive al contempo.
Hanno perso un cantante, un amico e un compagno, ma forse da lassù Baker ha permesso che il suo ricordo brillasse in queste note, nascosto come un fantasma digitale.
Voto: 8
La canzone top : "Haunted"
Il momento top : Duetto vocale e harmony guitar solo nel finale di "Venom"
La canzone flop : "Strong"
Anno : 2009
Dati: 7 canzoni , 55 min
Etichetta: Inside Out