“Room V” continua il concept album “Tyranny” uscito nel 1998, come spiega il chitarrista-tastierista Gary Wehrkamp: “Si tratta di personaggi già noti che hanno in programma di chiudere con il loro passato, ma si rendono conto che tutto quello che vogliono lasciarsi alle spalle è l'inizio di qualcosa di nuovo. È solo la punta di un iceberg”.
Insomma non il massimo dell'originalità, ma si spiega così perché il disco abbia suddiviso le tracce in: Atto III e IV e perché sia inevitabile il parallelo con il capolavoro targato 1998.
Gli Shadow Gallery realizzano un disco però abbastanza diverso nella struttura, pur mantenendo fermo il numero delle canzoni (14) e il loro marchio (a cavallo tra Dream Theater e Queen), non c'è una costruzione omogenea.
Ad esempio nella parte centrale a cavallo dei due atti ci sono ben quattro strumentali consecutive suddivise solo da un minuto cantato da Mike Baker ("Lamentia") che fanno abbassare l'attenzione all'ascoltatore pur essendo gioielli di tecnica. Lo stesso incipit del disco con la breve e funambolica "Manhunt" che funge da intro alla ballad "Comfort Me", dove Baker duetta con Laura Jaeger (come già fece in "Tiranny"), rappresenta una piccola anomalia. Infatti la formula: strumentale + ballad all'inizio del disco, è una scelta poco comune, ma risulta azzeccata perché la qualità dei pezzi è notevole.
C'è da sottolineare come "Room V" sia il disco più melodico della band, con numerose ballad e momenti pacati in scaletta, ma anche quando la tecnica spinge sull'acceleratore è sempre un tocco melodico a trionfare e non sbagliano un solo di chitarra, come insegna il maestro John Petrucci.
C'è da sottolineare come "Room V" sia il disco più melodico della band, con numerose ballad e momenti pacati in scaletta, ma anche quando la tecnica spinge sull'acceleratore è sempre un tocco melodico a trionfare e non sbagliano un solo di chitarra, come insegna il maestro John Petrucci.
Mi sembra di vederli Wehrkamp e Allman in studio che si guardano in faccia, breve sorriso d'intesa e via! Prendimi se ci riesci!
Ricordo che è il primo disco senza il tastierista storico della band Chris Ingles che, pur restando nei crediti compositivi di alcune canzoni, non suona e lo sostituisce il mostro factotum Wehrkamp. Compito svolto egregiamente e, per averne la certezza, basta ascoltare lo stupendo stacco di pianoforte nel finale della bella "The Andromeda Strain".
Ricordo che è il primo disco senza il tastierista storico della band Chris Ingles che, pur restando nei crediti compositivi di alcune canzoni, non suona e lo sostituisce il mostro factotum Wehrkamp. Compito svolto egregiamente e, per averne la certezza, basta ascoltare lo stupendo stacco di pianoforte nel finale della bella "The Andromeda Strain".
Tanta qualità esecutiva, ma possibile che il suono non sia curato alla perfezione? Resta una mia fissazione, però la produzione non soddisfa le orecchie come dovrebbe...
Forti delle loro doti gli Shadow Gallery spaziano nelle infinite lande del progressive metal, ma ad ascoltarli si resta a bocca aperta. La tecnica resta sempre al servizio della melodia per un disco profondo, impreziosito dalla presenza di Arjen Lucassen, ma anche dal flauto suonato dal bassista Cadden-James che canta (con risultati discreti) insieme a Baker in "The Archer Of Ben Salem".
Quello che abbassa leggermente il voto, tralasciando la scialba copertina o i riferimenti al "Codice Da Vinci" di Dan Brown tra le fonti d'ispirazione (ma perché?!), è la patina di vecchiaia data dalla produzione.
"Room V" è come guardare La Gioconda di Leonardo attraverso un vetro leggermente opaco, peccato anche se resta un capolavoro che nessuno si potrà comunque permettere di fare.
Voto: 7/8
Canzone top : "Room V"
Momento top: il duetto vocale tra Mike Baker e Laura Jaeger in "Comfort Me"
Canzone flop: "Seven Years"
Momento top: il duetto vocale tra Mike Baker e Laura Jaeger in "Comfort Me"
Canzone flop: "Seven Years"
Anno: 2005
Dati: 14 canzoni, 75 min