Premessa per i lettori: se desiderate leggere una recensione “classica” del DVD in oggetto; se vi interessa avere un commento sulle canzoni suonate, sulla prestazione tecnica dei cantanti e dei musicisti coinvolti et similia, beh…allora girate alla larga da questo post! Questa NON è una recensione, ma una sorta di agiografia di un fan degli Ayreon, non obiettiva, non misurata e soprattutto scritta di getto subito dopo aver preso visione del contenuto del dischetto ottico. E come tale va letta e capita.
Per chi lo vorrà quindi, buona
lettura!
Quanto è bello essere fan degli Ayreon? In generale, tanto, tantissimo. Ma soprattutto: quanto è bello essere un fan degli Ayreon in questa primavera 2018? Troppo…troppo esaltante! Perché anche tutti noi che non potevamo essere fisicamente in Olanda, abbiamo avuto la possibilità di vedere ciò che è successo al Poppodium di Tilburg nel settembre dello scorso anno.
Stanotte (un mese fa circa - N.d.R.) non ho praticamente
dormito. Non volevo saperne di cadere nelle grinfie di Morfeo! Davanti agli
occhi continuavano a balenarmi le luci e le immagini del megaschermo 10X10
posto alle spalle del palco. Rivedevo tutto quanto: la mia adorata Anneke che spuntava
da dietro le quinte come una dea, con gonna argentata e calze a rete; mi
risuonavano le soavi note di “Valley of the Queen” cantate all’unisono dalla stessa Van Giersbergen,
Floor Jansen e Marcela Bovio; non riuscivo a togliermi dalle meningi le
toccanti interpretazioni di Damian Wilson in “And the Druid Turns to Stone” e
“Intergalactic Space Crusaders”; o quelle di top songs come “Waking dreams” o
“Comatose” da parte di un sempre più grasso e unto Jonas Renske (ormai diventato
una sorta di mix tra il primo Antony Hegarty e Jon Oliva). E soprattutto avevo
negli occhi il nuovo amore della mia vita: Lisette van den
Berg. Come è graziosa Lisette, com’è “gorgeous” (per usare il termine
pronunciato durante la presentazione di tutti i musicisti da parte della
giunonica Irene Jansen), come si muove sinuosamente con le braccia mentre
gorgheggia gli accompagnamenti vocali e come ci abbacina la vista la sua chioma
ondulata!
Insomma, rivivevo le quasi due
ore e mezza di visione del concerto in DVD, la gioia e l’allegria che
traspariva dai volti e dai sorrisi dei 16 cantanti e 10 musicisti che hanno
reso possibile tutto questo. E questo è il primo concerto in 22 anni di vita degli Ayreon! Arjen ha voluto davvero
ripercorrere un’intera carriera e, un po’ inaspettatamente, tralascia l’ultimo
“The Source” (rappresentato solamente dall’ottimo duo “Star of sirrah” e
“Everybody dies”) per saltellare di qua e di là negli altri 8 full lenght in
studio che l’hanno preceduto, pescando così in maniera equilibrata da tutti i
dischi che hanno marchiato a fuoco il glorioso passato degli Ayreon.
Che la realizzazione di questo
progetto fosse nell’aria lo si era capito. Lo si era capito da quelle che
potremmo definire delle “prove generali”, cioè lo splendido “The Theater Equation”
che, nel settembre 2015, portò a Rotterdam la rappresentazione teatral-musicale
del capolavoro “The human equation”. Ma qui siamo davanti ad un qualcosa di
diverso. Questo è davvero un classico live show, un concerto in cui Lucassen,
ormai verso la soglia dei 60 anni, si regala, e ci regala, quest’esperienza
unica. E tanti artisti top della scena rock e metal mondiale accorrono subito,
senza esitazione, alla chiamata del menestrello di Hilversum. Ancora una volta
quindi, come successo per i suoi album in studio, Arjen chiama e il mondo metal
risponde. Tommy Karevik lascia i suoi Kamelot, Hansi Kursch non sembra essersi mai divertito così tanto a cantare con i Blind Guardian (balla e
gesticola come non l’ho mai visto fare con la band madre), Marco Hietala,
libero dall’ingombrante basso usato nei Nightwish, con tanto di gonnellino, ci
da dentro d’ugola fino allo sfinimento, e così via.
Per non parlare dei musicisti,
ormai sempre i soliti (dai navigati fenomeni Ed Warby alla batteria e Marcel
Coenen alla lead guitar, fino al giovane bassista Johan Van stratum, visto in
azione con VUUR e The Gentle Storm), oltre ai fedelissimi Ben Mathot al violino
e Jeroen Goossens ai fiati. Tutti artisti che, pur non avendo scritto una cazzo
di nota di quanto suonato, sembrano far propri quegli spartiti, viverli e
crederci in modo profondo e sincero. E’ il potere degli Ayreon, è il potere di
Arjen, della sua simpatia, della sua umanità, della sua credibilità. E della
sua umiltà. Un’umiltà che traspare anche dalla messa in scena di tutto lo show:
professionalità e accuratezza massima che vanno di pari passo con
l’informalità e la semplicità, tratti che immaginiamo caratterizzare Arjen
nella vita di tutti i giorni. Si ha sempre l’impressione quindi di non essere
degli estranei paganti per assistere a un qualcosa messo su da una rockstar
irraggiungibile, ma semplici amici, invitati quasi informalmente a casa del
nostro fratellone maggiore ad ascoltare le sue vecchie canzoni, suonate e
interpretate da altri amici che raccolgono onore e onere di tale invito.
Nessun altro musicista al mondo sarebbe stato capace di raccogliere
queste forze, questi talenti, e metterli al servizio della sua musica e dei fan
che quella musica la adorano.
Come successo con "The Theater Equation", Lucassen
si toglie di mezzo, sta dietro le quinte. Lascia fare. A sua moglie Lori (colei che ha spinto Arjen a realizzare il live); a Joost van den Broek, super
tastierista e principale manager organizzativo dell’evento. Si concede con modestia solo alla
fine, per i ringraziamenti e i bis. E lo fa con grande imbarazzo (“Come vi sarete accorti, il live non
è il mio hobby preferito. C’è solo una cosa che mi fa più paura di suonare dal
vivo: parlare in pubblico!”, scherza mentre...parla col pubblico!).
Per quanto mi riguarda, la
carriera degli Ayreon potrebbe finire qui. Ora che anche il tabù del live è
stato rotto siamo tutti
definitivamente appagati. Appagati da vedere Arjen lì, su
un palco, con alle spalle trenta persone, trenta musicisti suoi fedeli estimatori, che all’unisono cantano i versi del
chorus della conclusiva “The Eye of Ra”:
We have found the seventh sign / Down in the
catacombs / When the seven points align / The will lead us all back home
Voto: 10
Canzone top: tutte
Canzone flop: nessuna
Momento top: tutti
(eccheccazzo…ve l’ho detto che
era una non recensione non obiettiva!)
A cura di Morningrise