E’ cosa nota che arrivati a un
certo punto, anagraficamente avanzato. della vita si possa manifestare la
tendenza molto umana, e quindi comprensibile, a rinegoziare il proprio rapporto
con l’Aldilà. E’ un qualcosa che avviene privatamente, nell’intimità del
proprio animo e/o nella ristretta cerchia famigliare. Altresì capita che chi vive della propria
arte renda pubblico questo travaglio attraverso la sua forma mediatica
privilegiata (libri, interviste, articoli). Soffermandoci all’ambito che più ci sta a cuore, Metal Mirror ha già affrontato la questione con gli esempi di musicisti
illustri, quali Blackie Lawless e Dave Mustaine, che arrivati a un certo punto
del loro percorso di vita, si sono sentiti di esternare la propria svolta nel
rapporto con il Trascendente.
Oggi vogliamo qui riaffrontare il
discorso prendendo spunto da quanto successo poco più di un anno fa ad un’icona del
cantautorato italiano, Francesco Guccini. Al buon Guccio infatti non sono
mancate aspre critiche per la foto che lo immortala, a fine aprile 2018 in una
Piazza San Pietro gremita, accalcato alle transenne per stringere la mano al
Pontefice che stava di lì passando. Critiche provenienti sia da “sinistra” (comprese
quelle di molti suoi fan), sia dall’oltranzismo cattolico, scandalizzato dalla
presenza di un artista considerato da sempre come un “nemico” della Chiesa.
Ovviamente l’ignoranza regna sovrana tra i giornalisti che hanno riportato la
notizia: negli articoli disponibili sul web (ad eccezione di un’entusiasta
Famiglia Cristiana) lo scribacchino di turno, in modo stucchevolmente banale,
commentava “il fatto” identificando il grande cantautore appeninico con le solite
due canzoni, scritte in gioventù 50 anni fa (“Dio è morto” e “La locomotiva”).
Ma come? Il cantore anarchico, comunista, ateo (o quantomeno “agnostico”),
compositore di questi due “inni generazionali”, in età avanzata (Guccini in
quell’aprile 2018 aveva quasi 77 anni) diventa un papista? Un credente
cattolico? Ah, scandalo! Ah, incoerenza! Falso, Giuda!
In realtà, per chi conosce bene
tutta la sua opera, sa che Guccini, senza dubbio uomo politicamente “di
sinistra”, non ha mai veicolato con le sue canzoni un’ideologia e/o un pensiero
politico; menchemeno giudizi valoriali su questa o quella religione. La sua opera è semplicemente “umana”, malinconicamente umana. Attraverso i suoi
bozzetti, le sue storie descritte con sapienza, poesia e profondità,
l’interesse dell’autore è sempre stato verso l’umanità delle persone, con i suoi
problemi, angosce, desideri, ricordi. Aspetti vissuti sempre sotto la Spada di
Damocle di questo maledetto, indifferente Tempo-Che-Passa.
Che abbia voluto conoscere e
stringere la mano all'uomo e al politico-Capo di Stato Francesco (prima ancora che Papa) quindi non lo trovo né un qualcosa di
vergognoso per lui né tantomeno di incongruente con quello che è sempre stato
il suo comportamento, quantomeno quello pubblico, manifestato durante la sua
attività di cantautore e nelle rare comparsate in tv.
Guccini ci aveva
musicalmente lasciato nel 2012 con il discreto “L’ultima Thule”. In quel disco,
nella canzone di chiusura, la title-track, aveva affrontato sia il bilancio della sua parabola artistica che il suo rapporto con il Dopo, come di consueto
in modo intellettualmente sottile, lasciandolo "aperto".
Ecco i suoi poetici versi:
Ma
ancora farò vela e partirò / io da solo, e anche se sfinito, la prua indirizzo
verso l’infinito / che prima o poi, lo so, raggiungerò. […] L’ultima Thule
attende e dentro il fiordo si spegnerà per sempre ogni passione, si perderà in
un’ultima canzone, di me e della mia nave anche il ricordo.
Parole che, se da un lato
esprimono pessimismo circa l'esistenza di una vita ultraterrena, dall’altro, coerentemente con il suo agnosticismo, lascia aperto uno
spiraglio verso l’”assoluto”, l’”infinito”.
Spostandoci in ambito metal, mi
colpisce invece molto di più il rapporto con l’Aldilà che si evince dalla
lettura delle lyrics di un altro musicista: il bassista degli Helloween Markus
Großkopf
che noi tutti conosciamo e stimiamo.
Markus, a differenza di Guccini
(di cui potrebbe essere il figlio) è ancora relativamente giovane (54 anni) e
lo era ancor di più quando scrisse i brani contenuti in “Straight out of hell”
(2013), disco cui mi sono avvicinato solo recentemente. L’allora non ancora
50enne Markus contribuì alla stesura del disco (peraltro discreto anche se non
esaltante) con due songs, “Far from the stars” e la title track. Nella prima, il riccioluto bassista
si esprime così:
Facciamo finta di non aver bisogno di alcun aiuto / cerchiamo
di avere il controllo sull’intero universo / ma non riusciremo mai a capire
che… / lontano dalle stelle ci dev’essere un Essere Superiore che non possiamo
vedere / Lontano dalle stelle una vita migliore mi aspetta...
Ma il peggio, Markus ce lo
preserva per la fine:
Nessuno sa (la vita) dove inizi e dove finisca / Solo il
tempo ci dimostra che non stringiamo nulla nelle nostre mani / Alla fin fine non
possiamo vivere senza una forte credenza
E’ evidente che questa “forte
credenza” per Markus sia proprio una fede verso un Dio che ci
aspetta, sorridente, una volta passati a miglior vita.
Ma ancor più singolare è quanto
si può leggere nella title track, dove Großkopf in qualche modo pare
pentirsi per gli anni passati, per la sua vita da rocker consumato.
Leggiamo insieme:
Direttamente
dall’inferno ho sprecato la mia vita non per il domani / ho solo vissuto per
l’oggi […] / non c’è vita eterna, non c’è salvezza / in questa dannazione noi
bruceremo / Nessun asso da giocare, ho vissuto la mia vita senza protezione (di
chi? Di una fede in un essere superiore e trascendente? N.d.R.) / il prezzo che
ho pagato è che i miei atti di grazia saranno rifiutati / In questa strada
verso l’inferno non troverò alcuna resurrezione / perché ho venduto la mia
sporca anima al rock and roll! (ahhhhm, uccidetemi!!).
Poi, nel bridge, Markus si
incupisce:
Vado giù, così triste e solo / nessuna mano amica nessun’altra anima
attorno / Ho perso la mia fede tanto tempo fa / un milione di lacrime si
verseranno (leggi: verserò)
Ecchecazzo Markus, non mi dire
che rinneghi ciò che ti ha portato a essere milionario, a fare della tua
passione per la musica il tuo lavoro. E che, non ancora 50enne, già ti
rammaricavi delle scelte fatte in gioventù…ma non ci credo neppure se me lo
giuri sulla testa dei tuoi figli! (tant’è che ancora oggi continui beatamente, e legittimamente, a
suonare negli Helloween, ormai unico superstite, assieme a Weikath, della
formazione originale).
Non sia mai che mi fossi sbagliato o avessi mal interpretato, ho provato ad approfondire la
cosa andando a ritroso e leggendomi il testo di quella “Heaven tells no
lies” contenuta nel precedente “Gambling with the devil” (2007). Anche lì il
Nostro pareva esprimere i primi dubbi verso la sua vita da rocker, invocando:
Avrei bisogno di un fucile per porre fine alla mia parte marcia / un solo colpo
al centro del mio odio / per illuminare le tenebre e correre libero da
quell’antico maleficio (eeehhh…addirittura un maleficio!).
Insomma, no...non pareva che mi fossi sbagliato, purtroppo.
Alla fine di questo confronto
impossibile non possiamo che buttare giù dalla torre proprio Großkopf
che invoca un cambio radicale di
prospettiva e di vita rispetto a quanto fatto e vissuto durante i decenni
passati a suonare heavy metal (che però lui chiama nei testi con un più
generico e tranquillizzante rock and roll). Salviamo con piacere invece Guccini, che ci
pare al contrario autentico e coerente nel suo agnosticismo malinconico.
Se da un lato è assodato che, nella
stragrande maggioranza dei casi, in vecchiaia ci si rincoglionisce, dall'altro qui sembra che il vecchio-un-po'-rincoglionito, sia il più
giovane; mentre quello più anziano, e che avrebbe più “ragione” di perdere colpi, sia al contrario molto più lucido e centrato…
A cura di Morningrise