Noi di MM non ci siamo stupiti più di tanto innanzi al discorso tenuto all'ONU dall'attivista del momento Greta Thunberg, in quanto siamo abituati a scandinavi che gridano la loro rabbia di fronte al mondo. E' semmai il tema ecologico che suona bizzarro, espresso così visceralmente come nelle campagne ambientaliste degli anni ottanta rivolte soprattutto alle nuove generazioni.
Ad allora era curioso l'isterismo di fondo su questi temi. Da un lato subivamo l'assalto subdolo di una campagna ambientalista ed ecologista a scuola, nelle pubblicità, timidamente anche negli esempi di qualche compagno di scuola che magari usava la carta riciclata, puntualmente sommerso dalle prese per il culo di mezza classe. Dall'altro c'era il filone exploitation della catastrofe ambientale e nucleare, in cui la tensione ambientalistica era vissuta con morboso compiacimento, nella migliore delle ipotesi con l'interesse per la lettura sociologica e evoluzionistica del percorso che aveva portato il mondo ad autodistruggersi.
I giovani degli anni '80 vivevano nel brivido di una Chernobyl lontana ma attuale, che era il giusto compromesso tra realismo e distanza. Chernobyl fu un evento vero e vicino, il punto di svolta tra il terrore del disastro nucleare di tipo bellico, a cui ormai non credeva più nessuno, e il terrore più concreto della catastrofe nucleare legata all'uso civile dell'energia atomica. Gli anni ottanta erano un ricettacolo di immagini nefaste sospese fra realtà e finzione: dai piccioni nel petrolio a fantasie su mutanti o umani terminali e sterili in paesaggi postatomici. Ci fu perfino un film post-"L'Esorcista" in cui il figlio del Maligno sarebbe stato il rampollo di un imprenditore dell'energia nucleare, con la centrale nucleare descritta come un mostro a più teste (i reattori). Anche i cartoni animati (un nome su tutti: "Ken il Guerriero") e certa cinematografia (la saga di "Mad Max") utilizzarono questo tipo di suggestioni, e il metal non mancò di essere contaminato.
I Toxik rappresentavano il mondo come un circo sormontato da una ciminiera (“World Circus”), pronto a collassare nella sua corsa allo sfruttamento delle risorse e al loro consumo, o come un alveare di televisori che sostituivano il pensiero (“Think This”). Giusto in quegli anni sorgeva la più grande stella del thrash “impegnato”, i Nuclear Assault. John Connelly, indimenticabile urlatore, riusciva a sostenere un assalto sonoro senza ricorrere al growl e arrivava invece ad un urlo squillante, sforzato e stirato senza sfibrarsi. Noi sapevamo, in cuor nostro, che non ci stava rimproverando, non ci stava ammonendo, stava soltanto recitando una parte, quella di chi paventa la catastrofe ambientale e intorno ad essa denuncia anche la violenza politica, il lavaggio del cervello mediatico, i ricatti di tipo economico-sociale ecc. Una versione più esasperata, più thrash-core, di quello che già era l'insieme delle tematiche sociali del thrash-metal.
Aiutavano le copertine di Ed Repka (autore anche di quelle dei Toxik), fra cui le più celebri rimangono quelle di “Game Over”, con il fungo atomico che sovrasta la città devastata e la popolazione in fuga, e quella di "Survive", con il teschio che sormonta le ciminiere di una centrale esplosa. Se avessimo soltanto sospettato che davvero Connelly ci incolpava di usare troppa benzina, di non riciclare e che davvero voleva coinvolgerci in una crociata ambientalista, improvvisamente la sua voce ci sarebbe risultata un gracchio insopportabile. Un piagnisteo arrogante.
Il thrash-metal ha poi sempre avuto la caratteristica di illustrare, di guardare dall'alto, senza giudicare, per quanto il descritto fosse terrificante. I fatti umani non sono d'interesse in quanto morali, ma in quanto rivelatori delle umane pulsioni, delle tendenze di massa, dei rapporti di forza, con la loro carica tragica e contraddittoria. Del resto il pessimismo del metal non concepirebbe una chiamata ad una crociata ecologica: dovremmo presupporre che l'uomo tende al bene e va solo scosso nella sua coscienza.
Il death sublimava addirittura il tutto al livello di studio dell'umanità attraverso i suoi modelli di “apoptosi” (morte programmata): dalla decomposizione del cadavere al collasso delle società consumistiche, al genocidio come espressione iperbolica e autentica delle reali tendenze distruttive verso il prossimo. La vita stessa era una decomposizione in corso, così come il destino dell'uomo: una progressione verso l'apocalisse.
Il death sublimava addirittura il tutto al livello di studio dell'umanità attraverso i suoi modelli di “apoptosi” (morte programmata): dalla decomposizione del cadavere al collasso delle società consumistiche, al genocidio come espressione iperbolica e autentica delle reali tendenze distruttive verso il prossimo. La vita stessa era una decomposizione in corso, così come il destino dell'uomo: una progressione verso l'apocalisse.
Nello stesso periodo un gruppo toscano, i Tossic, la buttava sul ridicolo in “Sarcoma”, il cui ritornello scandiva “Atrazina- raggi x – bombe H – la DC”, e uno dei versi ammoniva, a proposito dell'inquinamento globale: “Tu non lo dici..però lo sai! Tutti in culo - andremo, vai!”. Il fascino di conoscere una triste verità, ma con la tristezza di un profeta inascoltato e di non esser capace di comunicarla in maniera efficace...questa era poesia.
Il fatto è che thrash e death metal, i generi che nel corso degli anni ottanta e prima metà degli anni novanta hanno più di altri trattato l’argomento, usavano il disastro ambientale come mezzo per evocare suggestioni mortifere e catastrofiche, al pari di altri mondi fantastici, adottati con la stessa funzione. Dave Mustaine con “Countdown to Extinction” si affacciava agli anni novanta ammonendo il mondo sul rischio di una fine imminente, ma il discorso si esauriva con la title-track di un album che in realtà non ambiva ad essere un concept ecologista, ma un contenitore di diversi argomenti: dalla corruzione in politica ai complotti mondiali passando per le consuete rimembranze dei tempi della dipendenza da eroina che da sempre hanno presenziato in un album dei Megadeth. Gli Obituary di “World Demise”, che venivano dopo la rivoluzione terzomondista dei Sepultura di “Chaos A.D.” sembravano aprirsi a tematiche sociali, ma a leggerne i testi, come si diceva prima, si capisce che essi rimasero chiusi nel recinto della suggestione, dell’evocazione dell’emozione violenta, senza mai ergersi a predicatori o cedere alla tentazione del sermone.
L’approccio di Greta Thunberg è diametralmente opposto: la furia di Greta è la stessa di Connelly, con la differenza che Greta punta a farci sentire in colpa. Ora, potreste pensare, questo ricorda l'approccio di qualche gruppo doom come i Count Raven, che parla dei mali del mondo in maniera ieratica e lamentosa, dall'alto di un pulpito morale. Sì, ma solo all'apparenza, perché il doom è il punto di vista dell'inevitabile, per cui i cantori del disfacimento e della fine preannunciata non ci chiederanno mai di cambiare, non ritengono di poterlo fare. L'apocalisse è scritta, non è scongiurabile e in quest'escatologia è anche contenuto il senso finale delle cose, che saranno distrutte per lasciar posto alla salvezza delle anime. La predestinazione non prevede quindi appelli per la salvezza del mondo: il mondo andrà in merda (un po' come dicevano i Tossic) e chi predica semplicemente lo ricorda, non senza un certo sollievo al pensiero che casualmente gli aderenti al culto del predicatore sono pre-destinati alla salvezza.
Che dire poi della vena “veristica” del grindcore, che tratta i problemi sociali come pezzi anatomici sul banco dell'autopsia o della vivisezione se si preferisce. Le copertine apocalittiche di “Scum”, “From Enslavement to Obliteration” dei Napalm Death, o “World Downfall” dei Terorrizer sono esempi di una trattazione fotografica, brutalmente icastica, dei disastri umani. John Connelly nel frattempo ha finito il fiato e i Nuclear Assault tramontano dignitosamente con “Out of Order”, ma quando tornano non funzionano più.
Oggi siamo seriosi, siamo perbenisti e pur continuando a riversare sozzerie nei mari e a barare per aggirare la legislazione anti-inquinamento, ci lasciamo fustigare dal sermone della Thurnberg, che è in teoria chiamata sul podio dagli stessi destinatari dei suoi anatemi. Il metal, senza bisogno di molti proclami, ha peraltro sviluppato il rapporto con l'ambiente con una forte spinta ecologica, anche se non necessariamente ecologista. Basti pensare a tutto il tema del rapporto con le forze della natura e alla preservazione dell'ambiente come base per l'identità etnica, celebrata dal folk e da parte del black metal. Basti pensare al moderno Vikernes che vive nella sua fattoria, o al filone “positivo” del black metal statunitense (Wolves in the Throne Room) che celebra la fusione con gli elementi naturali come l'acqua, il bosco, la luce.
Chiudiamo quindi questa trattazione con la frase che segnò ufficialmente la chiusura della stagione del metal ambientalista, messa dagli Impaled Nazarene tra le note di retro-copertina di “Suomi Finland Perkele” (l’anno 1994 era oramai agli sgoccioli e con lui gli ultimi strascichi di quella decade ottantiana che, più di ogni altra, aveva prestato il fianco alle tematiche ecologiste):
“Gli Impaled Nazarene supportano l'energia nucleare e la distruzione dell'ambiente”.
“Gli Impaled Nazarene supportano l'energia nucleare e la distruzione dell'ambiente”.
A cura del Dottore