"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

11 ago 2020

GUIDE PRATICHE PER METALLARI: I QUEEN (2/2)


Ed eccoci all'ultima parte della nostra Retrospettiva sui Queen.

Di seguito, la seconda tranche del nostro Greatest Heavy Hits. il secondo gruppo di 10 canzoni della nostra compilation, "toccando", come detto tutti i full lenght dei Nostri.

Eravamo rimasti al 1975 con "A Night at the Opera". Proseguiamo quindi con il 1976 e apriamo con...

GREATEST HEAVY HITS II

11. “White Man” (da “A Day at the Races”, 1976)

Dell’album gemello di ANatO, contenente una certa “Somebody to love”, ci piace inserire nel nostro GHH dei Queen, la sensazionale “White Man”, sorta di antesignana di “Run to the hills” degli Iron. Eh si, perché i nativi americani, e le ingiustizie e violenze subite, sono al centro del testo scritto da May, atto d’accusa, descritto dal punto di vista indigeno, verso l’Uomo Bianco (On the Bible you swore / Fought your battle with lies). Musicalmente siamo di nuovo di fronte a un ficcante mid-tempo con un sound chitarristico dai connotati etnici ma che non lesina riff doomici e più propriamente metal. Senza dubbio, il brano più violento del disco (assieme all’opener “Tie your mother down”, contenuta nella compilation “Queen Rocks” e quindi non riproposta nel nostro GHH)

12. “Fight From the Inside” (da “News of the world”, 1977)

Le canzoni composte da Taylor sono generalmente quelle più heavy nel canzoniere queeniano. In NotW, ve ne sono due: l'ottima “Sheer Heart Attack” (contenuta sempre in “Queen Rocks”) e “Fight from the inside” che ruota intorno a un ficcante giro di basso ed a uno di chitarra (peraltro Taylor suona tutti gli strumenti) quasi dai rimandi southern metal. E non a caso un certo Slash definirà questo riff come uno dei suoi preferiti…però picchia giù duro e merita il posto che le assegnamo.

13. “Dead on Time” (da “Jazz”, 1978)

Ricordato per lo più per la presenza di “Fat bottomed girls” e “Bycicle race”, “Jazz” presenta in realtà diverse songs dal tiro davvero heavy (“If you can’t beat them”, “Let me entertain you”, “Fun it”). A noi piace inserire nel nostro GHH una delle canzoni più veloci e aggressive dei Queen, “Dead on Time”: 3’ e mezzo di speed rock (ai livelli della mitica “Stone cold crazy”) guidato dal drumming tellurico di Taylor e con Freddy che si districa su un testo altrettanto rapido, un vero e proprio scioglilingua. Altra piccola gemma, spesso nascosta, della discografia dei Nostri.

14. “More of That Jazz” (da “Jazz”, 1978)

Ancora una song interamente cantata, e suonata, da Roger Taylor. Merita di star dentro la nostra Retrospettiva sia per il bellissimo riff portante, a metà tra heavy e doom, e per il fatto che la voce di Roger raggiunge vette pazzesche (a chi non lo sapesse, ricordiamo che l’estensione della voce del drummer del Norfolk era superiore a quella di Freddy…). Il rifferrama conclusivo è tra le migliori cose partorite dal quartetto in tutto “Jazz”.

15. “Dragon Attack” (da “The Game”, 1980)

L’inizio dell’era sintetizzatori nel sound dei Queen (non propriamente una “good new”) si apre nel 1980 con “The Game”, per chi scrive il full lenght meno riuscito dei Nostri (ovviamente, dopo il seguente “Hot space”). “Dragon Attack” (b-side della celeberrima “Another one bites the dust”), canzone amata da John Deacon e coverizzata anche dai Testament, si caratterizza per un groove ritmico ficcante (col basso dello stesso Deacon in primissima evidenza) e per distorsioni di stampo heavy blues di May, che la compose. Tra le meno peggio del platter…

16. “The Hero” (da “Flash Gordon”, 1980)

Dino de Laurentiis (papà di Aurelio) commissiona e i Queen realizzano: la colonna sonora di “Flash Gordon” non passerà certo alla storia (come il film, del resto…), caratterizzata dal forte uso dei sintetizzatori e da molti (troppe?) parti parlate e tratte dalle scene del film. Ma, a 40 anni di distanza, le due vere e proprie canzoni inserite, la title track, opener del platter, e la conclusiva “The Hero”, con la sua aggressività e la parte centrale arrangiata dall’orchestra guidata da Howard Blake, rimangono due canzoni trascinanti, dal “tiro” notevole con assoli e ritmiche di stampo metal.

16. “Staying Power” (da “Hot Space”, 1982)

E’ una forzatura, lo premetto. Nel mezzo disastro di ”Hot Space” (che comunque, ricordiamo, ha dato i natali all’immortale “Under Pressure”) l’opener “Staying Power”, riproposta con vera batteria e due chitarre nel tour di supporto al disco (al posto dei sintetizzatori e della drum machine dello studio), ha un più che discreto groove che fa muovere gambe e chiappe all’ascoltatore nascondendo un’intrinseca potenzialità heavy (i vocalizzi finali di Freddy potrebbero essere inseriti in una song dell’epoca dei Judas Priest, tanto per intenderci). 
In realtà il disco nasconde una piccola perla hard rock, “Put Out the Fire” che, non a caso, è stata inserita per rappresentare "Hot Space" in “Queen Rocks”.

17. “Machines (or ‘Back to humans’)” (da “The Works”, 1984)

Dopo il passo falso artistico di "Hot Space", i Queen tornano in splendida forma con l’ottimo “The Works”, dando di nuovo corpo e fiato alla loro vena hard/rock. Non a caso in esso troviamo due delle canzoni più vicine al metal di tutta la produzione ottantiana: “Tear it up” e “Hammer to Fall”, due top song entrambe inserite nella solita “Queen Rocks”. A noi, nella tracklist guidata dall’opener “Radio Ga Ga”, rimane da omaggiare quest’altra canzone di Taylor, “Machines”, sorta di denuncia pre-FearFactory della disumanizzazione dell’uomo contemporaneo. La song è pesante, condita da azzeccatissimi ed estranianti effetti industrial e un testo che tratta di RAM, disk drive, bytes, software&hardware e altre componenti informatiche, con tanto di voce filtrata robotizzata. Una sperimentazione ben riuscita.

18. “Gimme the Prize (Kurgan’s theme)” (da “A Kind of Magic”, 1986)

La ritrovata ispirazione di "The Works", viene ribadita due anni dopo dall’altrettanto ottimo AKoM, platter direttamente derivante dalla colonna sonora del cult-movie “Highlander”, uscito nelle sale proprio in quel 1986. L’highlight heavy dell’album è, senza ombra di dubbio, la meravigliosa “Princes of the Universe” (che fa bella mostra di sé in “Greatest Hits III”). A noi rimane da sottolineare la presenza della mayana “Gimme the Prize”, incomprensibilmente odiata da Mercury e Deacon. Introdotta da un isterico assolo di May, la song esplode con l’ugola di Freddy in un epico ”Here I am, I’m the master of your destiny!”. E’ sicuramente una delle canzoni più pesanti dei Queen, trainata da un bel riffone e da un Mercury ispirato, tagliente e aggressivo nelle sue linee vocali. Per essa si può parlare a pieno titolo di heavy metal. Unica nota stonata: nella parte centrale troviamo la registrazione di parti del film (risatine e frasi del Kurgan del titolo, l’antagonista principale di Christopher Lambert), miste a suoni di duelli all’arma bianca: inserto alquanto inutile. Ma la resa complessiva è più che valida.

19. “Was It All Worth It” (da “The Miracle”, 1989)

Oscurata dalle popolarissime “I want it all”, “The invisible man”, “Breakthru” e dalla title track, in realtà il vero capolavoro di "The Miracle" è la conclusiva “Was It All Worth It”, sorta di bilancio che Freddy fa della sua vita ultra-esposta all’interno del mondo dello spettacolo. Brian May è protagonista con la sua Red Special doppiata dalle tastiere in un epico tema portante, fino al tostissimo assolo. L’ultimo minuto, nel camaleontismo tipico della prima era dei Queen, vira su una sezione sinfonico-orchestrale, per poi tornare al tema principale.

Ne è valsa la pena, si chiede Freddy? Giving all my heart and soul / Staying up all night […] / Living breathing rock n'roll this never ending fightSi, Freddy, ne è valsa la pena ma la tua battaglia non sarebbe, ahinoi, durata a lungo…

20. “The Hitman” (da “Innuendo”, 1991)

A pochi mesi dalla morte di Freddy e dalla loro fine, i Queen piazzano un colpo di coda notevolissimo. “Innuendo” è un album vario, ispirato, ricco di piccole perle non di immediata assimilazione ma straordinarie se (ri)scoperte nel tempo (“I can’t live with you”, “Ride the wild wind”, “All god’s people”). Se la title track che apre l’album e “The show must go on” che lo chiude, hanno da sempre catalizzato l’attenzione di pubblico e media, a noi piace soffermarci sulla parte heavy del disco: “Headlong” (contenuta in “Queen Rocks”) e “The hitman” sono due ottimi esempi della cazzutaggine e della grinta di una band mai doma, due brani che non avrebbero sfigurato neppure nel coevo Black Album dei Metallica…

E così siamo arrivati al termine del nostro Greatest Heavy Hits. L’intento era quello non solo di sottolineare il lato heavy dei Queen (spesso bistrattati e snobbati tra i fan metallici) ma anche di far riscoprire alcune delle più belle songs della Regina che non hanno mai avuto il rilievo massmediatico che avrebbero meritato

Ma al di là di questo mi piace chiudere, ancora, con una citazione del collega Mementomori che oltre 3 anni fa scrisse queste correttissime parole, degna chiusura della nostra “Guida pratica per metallari”:  

[…] è innegabile che per molti che sono entrati e dimorano oggi nel Reame del Metallo, spesso il primo passo è stato proprio ascoltare una canzone dei Queen. Quanti di noi, in giovane età, hanno iniziato ad apprezzare e seguire la musica in modo più attento e consapevole attirati dai videoclip della Regina? Sedotti dall'ugola straordinaria di Mercury? Elettrizzati dal chitarrismo ispirato di Brian May, che di bei riff ce ne ha regalati a palate? Quanti di noi si sono ripetutamente esaltati sulle note oramai leggendarie di "We are the Champions" (bellissima canzone, purtroppo rovinata da una eccessiva sovraesposizione mediatica)? E chi non ha scosso la testa almeno una vola innanzi alle energiche schitarrate di "One Vision" e di "I Want It All", o ai ritmi travolgenti di "Stone Cold Crazy"? Chi di noi non si è emozionato innanzi allo scoppio dell'epico ritornello dell'evocativa ballad "Who Wants to Live Forever"? Chi non si è strabiliato innanzi alle imprevedibili evoluzioni di una suite tortuosa come "Innuendo"? E chi, infine, non si è commosso con "The Show Must Go On", testamento spirituale di un Mercury già malato e consapevole di quello che gli avrebbe riservato di lì a poco il Destino?

A cura di Morningrise