24
novembre 1991, esattamente venticinque anni fa, si spegneva una
delle stelle più brillanti del rock di tutti i tempi: Freddie Mercury
non è stato solo uno dei cantanti più talentuosi mai apparsi sulla faccia di
questa terra, ma anche e soprattutto un artista unico, inimitabile, inimitato.
Ma
in questo 2016 non ricorre solo il venticinquennale di questa tragica
scomparsa: proprio quest'anno infatti il front-man dei Queen
avrebbe soffiato su settanta candeline. E proprio per celebrare questa
simbolica ricorrenza lo scorso settembre l'asteroide 17473 (scoperto nel 1991, l'anno del decesso del
cantante) è stato ribattezzato 17473 Freddiemercury, a rimarcare l'importanza
del personaggio nell'immaginario collettivo.
Mai
come in questo caso arte e sfera popolare hanno coinciso: i Queen
sono stati un fenomeno di costume ed hanno letteralmente conquistato le masse
con i loro pittoreschi videoclip, con le loro melodie di facile presa,
con i loro ritornelli memorabili, con il carisma travolgente del loro leader,
ben disposto al "trucco e al parrucco". Ma attenzione, l'unicità del
Nostro stava nell'incarnare nello stesso corpo, nella stessa voce e nelle
stesse mani (perché si destreggiava pure al piano), sia l'istrionico uomo
baffuto travestito da donna nel celebre video di "I Want to Break Free",
sia il compositore raffinato che ha concepito brani epocali come "Bohemian
Rhapsody".
I
Queen non sono stati dunque solo gli interpreti di hit di successo:
nella loro ampia e variegata visione artistica, hanno saputo convogliare e
volgere a loro favore le correnti stilistiche più disparate. Quindi pop
(nella sua accezione più nobile), ma anche glam, hard-rock, progressive,
musica classica, opera e persino metal.
Si,
metal, perché è innegabile che per molti che sono entrati e dimorano oggi nel Reame
del Metallo, spesso il primo passo è stato proprio ascoltare una canzone
dei Queen. Quanti di noi, in giovane età, hanno iniziato ad apprezzare e
seguire la musica in modo più attento e consapevole attirati dai videoclip
della Regina? Sedotti dall'ugola straordinaria di Mercury? Elettrizzati
dal chitarrismo ispirato di Brian May, che di bei riff ce
ne ha regalati a palate? Quanti di noi si sono ripetutamente esaltati sulle
note oramai leggendarie di "We are the Champions" (bellissima
canzone, purtroppo rovinata da una eccessiva sovraesposizione mediatica)? E chi
non ha scosso la testa almeno una vola innanzi alle energiche schitarrate
di "One Vision" e di "I Want It All", o ai
ritmi travolgenti di "Stone Cold Crazy"? Chi di noi non si è
emozionato innanzi allo scoppio dell'epico ritornello dell'evocativa ballad
"Who Wants to Live Forever"? Chi non si è strabiliato innanzi
alle imprevedibili evoluzioni di una suite tortuosa come "Innuendo"?
E chi, infine, non si è commosso con "The Show Must Go On",
testamento spirituale di un Mercury già malato e consapevole di quello che gli
avrebbe riservato di lì a poco il Destino?
Questi
sono solo degli esempi di come i Queen, con tutto il loro armamentario di
suoni, possano aver contribuito al percorso di crescita di tutti noi: un
calderone sfavillante in cui ognuno ha trovato la propria hit preferita,
il proprio brano del cuore.
Come
già abbiamo visto in occasione del nostro post sui Muse,
nonostante i Queen siano stati per il metallaro medio una importante
porta di ingresso per accedere al mondo della musica, come influenza stilistica
essi sono stati accettati piuttosto tardivamente. Forse il metallaro, nel suo
percorso di definizione identitaria, ha voluto prendere le distanze da quella band
che non era esclusivamente dedita al verbo del metallo, che non ne aveva
l'attitudine e che si muoveva troppo con disinvoltura in insopportabili
territori pop.
Sarà
quando il metal non temerà di farsi pomposo che le lezioni dei Queen verranno
rispolverate. A tal riguardo basti scavare un attimo in profondità nella
discografia dei Nostri e disseppellire quei brani più ricercati che non
raggiungevano certo la notorietà, ma che di sicuro davano sostanza agli album.
A titolo esemplificativo si prendano in considerazione le sole "The
March of the Black Queen" ("Queen II", 1973), lungimirante
saggio di complessità compositiva (divisa in ben undici sezioni, essa andava
indubbiamente ad anticipare le sperimentazioni del brano-capolavoro
"Bohemian Rhapsody") e "The Prophet's Song" ("A
Night at the Opera", 1975), epica cavalcata di otto minuti in cui
troviamo quelle atmosfere fantasy che spopoleranno poi nel power.
Sebbene
non esista nel Metal una band che ai Queen si rifaccia in modo pedissequo, è
possibile rinvenire "pezzetti" di Queen sparsi qua e là ad arricchire
l'ampia tavolozza di colori a disposizione del metal. Li troveremo nei cori
polifonici, nei sinfonismi dei Savatage; li incontreremo in certi
passaggi più "pop oriented" dei primi Dream Theater, ed
in particolare nelle vocalità calde ed avvolgenti di LaBrie.
Una volta sdoganati, sarà frequente imbattersi in loro in quasi tutte le
incarnazioni del prog-metal e soprattutto del power metal che,
accanto al restauro dell’ortodossia metallica, riabilitava, soprattutto nelle
sue estrinsecazioni più virtuose, il carattere epico, elegante, operistico dei
Queen. In particolare i Blind Guardian, ben conservando la ruvidità del
power teutonico, si faranno ambasciatori della visione artistica di Mercury e
soci nel Reame del Metallo, sia direttamente (con la cover di
"Spread Your Wings", intitolando un album "A Night of
the Opera") che indirettamente, assorbendo una lezione di libertà
compositiva e complessità esecutiva (ai limiti della musica classica) che determinerà
la maturità artistica dei Bardi di Krefeld.
Lezioni
che erano state recepite qualche anno prima anche dai colleghi Helloween,
che in occasione del loro album più sperimentale (il sottovalutato "Chameleon")
dichiararono di essersi ispirati ai Queen: Kiske all'epoca spiegava
infatti che la volontà della band era di suonare in modo imprevedibile,
scrivere brani diversi fra di loro proprio come facevano i Queen. L'eredità
della band di Mercury non si riduce quindi ad una manciata di spunti
stilistici, ma è un qualcosa di ben più grande, facendosi suggeritrice di un approccio
di grande apertura mentale che incita a non fermarsi innanzi ai recinti
spinati che perimetrano i vari generi musicali.
Nonostante
oggi mi faccia bello con queste edificanti parole, devo ammettere che anche la
mia storia personale non è stata molto diversa da quella di molti altri: ho
dunque conosciuto ed amato i Queen nel "neolitico" della mia vita di
metallaro, li ho poi abbandonati ed infine rivalutati in vecchiaia.
Oggi,
però, la mia mente non può non correre a quel fatidico 24 novembre del 1991. La
notizia mi colpì in modo particolare, sebbene all'epoca non stravedessi più per
loro: sentii come un vuoto, era l'assenza improvvisa di chi mi aveva tenuto
buona compagnia per molto tempo ed insegnato tante cose. La sera, poi, la
passai sul divano a guardare un piacevole speciale-fiume trasmesso da
Videomusic: cullato dalla calda e confortevole voce del VJ (Mixo?),
ripercorsi la storia incredibile dei Queen, attraverso i loro video, in tempi
in cui in TV si parlava ancora con passione di musica.
Qualche
tempo dopo vi fu il mitico Freddie Mercury Tribute Concert allo stadio
di Wembley: era il 20 aprile del 1992 ed anche quella fu una grande
maratona televisiva per me. I successi dei Queen venivano ripercorsi con il
supporto di uno folto stuolo di nomi illustri della musica del rock e del pop
come Robert Plant, David Bowie, Annie Lennox, George
Michael, Elton John, Liza Minnelli ecc., ma non mancavano
band e personaggi da noi meglio conosciuti come Metallica, Guns 'N
Roses, Extreme, Def Leppard e Tony Iommi (sua la
chitarra in una versione terremotante di "Stone Cold Crazy", con
dietro al microfono niente meno che James Hetfield). Insomma, uno spettacolo
all'altezza dell'evento che era chiamato a celebrare e che certo offriva più di
uno spunto di interesse per il cultore del Metallo. Del resto, tutto ruotava
attorno alla sempre ottima musica dei Queen, anche se il fantasma di Mercury
aleggiava amaramente fra le note, misurando l'abisso che c'è fra lui stesso e
qualsiasi altro chiamato ad interpretare le sue canzoni: tutti ci provarono, ma
nessuno ci riuscì ("The Show Must Go On", per esempio, fu arrangiata
qualche tonalità sotto per adattarla alle corde vocali di Elton John).
Non
dico che Mercury sia il migliore, mi limito ad affermare che è unico. E' una
impressione limpida, che si ha ascoltando questa sfilata di grandi cantanti ed
interpreti che, ognuno con la sua sensibilità, chi più goffamente, chi meno,
non è riuscito a centrare il bersaglio con la stessa magia e disinvoltura. La
stessa identica impressione che ebbi quando ascoltai un cd che trovai in un
uovo di Pasqua: era un cd di cover di canzoni famose eseguite da
band sconosciute e nemmeno accreditate nel booklet. Dai Nirvana agli
U2, dai R.E.M. agli Oasis, l'unico brano che veramente non
convinceva era quello dei Queen. Provate ad indovinare perché...
Lunga
vita alla Regina!
Playlist per metallari:
1) The March of the Black Queen", ("Queen 2", 1974)
2) "Stone Cold Crazy" ("Sheer Heart Attack", 1974)
3) "The Prophet's Song" ("A Night of the Opera, 1975)
4) "Bohemian Rhapsody" ("A Night of the Opera, 1975)
5) "Hammer to Fall" ("The Works", 1984)
6) "One Vision" ("A Kind of Magic", 1986)
7) "Princes of the Universe" ("A Kind of Magic", 1986)
8) "I Want It All" ("The Miracle", 1989)
9) "Innuendo" ("Innuendo", 1991)
10) "Headlong" ("Innuendo", 1991)
Playlist per metallari:
1) The March of the Black Queen", ("Queen 2", 1974)
2) "Stone Cold Crazy" ("Sheer Heart Attack", 1974)
3) "The Prophet's Song" ("A Night of the Opera, 1975)
4) "Bohemian Rhapsody" ("A Night of the Opera, 1975)
5) "Hammer to Fall" ("The Works", 1984)
6) "One Vision" ("A Kind of Magic", 1986)
7) "Princes of the Universe" ("A Kind of Magic", 1986)
8) "I Want It All" ("The Miracle", 1989)
9) "Innuendo" ("Innuendo", 1991)
10) "Headlong" ("Innuendo", 1991)