Se non fossero stati battuti sul
tempo dallo strepitoso, impareggiabile omonimo debut album dei New York Dolls (1973), ci sarebbero
stati loro nel nostro post di Anteprima ai Migliori Album Glam Metal
anni 80: gli Sweet di “Desolation
Boulevard” (1974).
Quella prima metà della decade settantiana produsse il meglio per quanto riguarda il versante rock del glam, sia in Inghilterra che negli Usa: i capolavori immortali di D. Bowie, le esibizioni rivoluzionarie di Marc Bolan e dei suoi T-Rex; le bizzarrie shock-horrorifiche di Alice Cooper, i primi, convincenti passi dei Kiss, la delicatezza di Elton John e le meraviglie dei Queen…
Ma per il nostro Genere
Preferito, oltre a quei pazzoidi, sguaiati e “maledetti” di David Johansen e
Johnny Thunders, furono proprio gli Sweet coloro che ebbero l’audacia
necessaria per portare il glam su sentieri diversi; i sentieri in cui ci si
incontrava e si copulava in allegria con l’hard rock, realizzando ibridi sonori
tali da spianare la strada a quello che verrà poi negli eighties: il pop/glam metal, appunto.
Chi si fosse perciò sorpreso del
fatto che anche gli Sweet siano stati inseriti nella nostra Rassegna dei 500 album per il cinquantennale del Metal, sappia che le ragioni, ascoltando
“Desolation Boulevard” (soprattutto nella sua versione per il mercato americano
tramite Capitol Rec.), le troverà da
solo. E facilmente.
Il disco, infatti, è un perfetto
anello di congiunzione tra quella baldanza goliardica, quella superficiale
leggerezza (che nel Glam è sostanza e che aveva fatto nascere il genere tra il '71 e il '72; vedasi il proto-punk sguaiato dell’opener “Ballroom Blitz”) e
certe soluzioni marcatamente hard and
heavy.
I Nostri dividono tale merito con
la coppia di produttori-songwriters Mike
Chapman e Nicky Chinn (dei veri
e propri membri aggiunti alla line-up della band) che griffano tutta la prima
metà del disco, contenente la succitata “Ballroom Blitz”, la top-song “The Six Teens” e le telluriche “No you don’t” e “A.C.D.C.”.
Ma anche quando Andy Scott, chitarrista e principale
mastermind degli Sweet, si cimenta a livello compositivo, i risultati rimangono
notevoli e si avvicinano alle soluzioni che anche i Queen stavano provando in
quegli anni nei loro due primi capolavori (“Queen I” e “Queen II”). E così
“Sweet F.A.”, l’adrenalica “Set Me Free” e la dura “Into the Night” sono delle
belle batoste nei denti che faranno felici le nostre orecchie da metalheads.
Se le Bambole Newyorkesi con la loro musica esprimevano il lato disadattato, turpe e delinquenziale della vita delle periferie delle metropoli americane, gli Sweet in quest’album diedero risalto e dignità, con un anticipo davvero preveggente, a quegli umori decadenti (pur nascosti da un atteggiamento da party-infinito 24/7/365), che sarebbero stata peculiarità del glam metal futuro. E lo sguardo quasi triste e rassegnato, ma con una punta di rabbia e senso di sfida dei 4 in copertina, è un messaggio alquanto esplicito...
Sotto ai lustrini, le paillettes,
gli abiti sgargianti e il trucco pesante del Glam rock dell'epoca, gli Sweet lanciarono così messaggi di
disagio giovanile da non sottovalutare, potenzialmente eversivi. Buttando in
faccia all’ascoltatore tutta la carica rabbiosa, e dolorosa nello stesso tempo,
dei tanti Julie & Johnnie, Suzie & Davie, Bobby & Billie…i protagonisti six
teens che cercano la loro strada nella vita:
But life
goes on, you know it ain't easy
You've just gotta be strong
If you're one of the sixteens
And life goes on, you know, you know it ain't easy
You know you'll never go wrong
'Cause you're all part of the sixteens
Insomma, gli Sweet, sempre con il
fondamentale apporto del duo Chapman-Chinn, fu come se volessero gridare ai
giovani ragazzi britannici, in fase post-adolescenziale: “Ehi, vi vediamo,
sappiamo che ci siete e quali sono i vostri problemi e li rispettiamo”.
Un messaggio che verrà riproposto
anche nella loro ultima, vera hit, il singolone “Teenage Rampage”, una vera e propria dichiarazione d’intenti:
All over
the land, the kids have finally startin' to get the upper hand /
They're out on the streets, they turn on the heat /
And soon they could be completely in command
Come and
join the revolution
Get yourself the constitution
And join the revolution now
And recognise your age, it's a teenage rampage
Basti dire che l’effetto che ebbe questo brano sulle giovani
generazioni inglesi di quegli anni è paragonabile a quello che accadrà con la carica eversiva dei Twisted Sister negli Usa dieci anni più tardi.
Insomma, un disco da conoscere e
da capire; uno degli ultimi grandi album glam rock della storia. Prima che, di
lì a poco e nel giro di appena un mese,
la morte di Marc Bolan da un lato (16/09/77) e l’uscita di “Never Mind the
Bollocks, Here’s the Sex Pistols” dall’altro (28/10/77) cancellassero (quasi)
tutto con un colpo di spugna…