I 10 MIGLIORI ALBUM GLAM METAL
CAPITOLO 3: "STAY HUNGRY" (10/05/1984)
Continuiamo, in rigoroso ordine
cronologico, la nostra analisi dei dieci migliori album Glam metal della Scena
statunitense (periodo 1983-1989). E per farlo ci spostiamo dalla California dei Motley Crue all’East Coast, alla Grande Mela. Da Long Island, New York, ecco i
Twisted Sister!
Un adolescente è chiuso nella sua
cameretta, sta ascoltando un pezzo rock imbracciando una chitarra elettrica e
facendo finta di suonare la canzone che gira nell’hi-fi. Ma tutt’a un tratto la
musica si ferma bruscamente all’irrompere in stanza del padre che comincia ad
apostrofare con arroganza e sdegno il povero figlioletto: ”Ok signorino, cosa
pensi di fare??!” lo apostrofa il genitore. “Questa la chiami una stanza??” e
comincia a insultarlo e a buttare all’aria i libri dagli scaffali, intimando al
malcapitato di mettere in ordine tutto quanto e continuando a urlargli a mezzo
metro dalla faccia, sputacchiando saliva e con il volto deformato dalla rabbia.
A far precipitare le cose è la scoperta di un poster sul letto del figlio, un
poster dei Twisted Sister…a quel punto…apriti cielo!! La rabbia dell’adulto
tocca vertici inauditi davanti al ragazzino sempre più intimidito e impaurito: ”Che
razza di uomo sei?? Non fai niente…NON SEI niente! Te ne stai tutto il giorno
seduto qua a suonare queste nauseanti e ripugnanti melodie elettriche! Ma da
dove sei uscito?? Mi stai ascoltando?? Cosa vuoi fare della tua vita??”. A
questo punto il povero adolescente è completamente sdraiato sul letto sovrastato
dalla figura paterna oramai fuori di sé per lo sdegno verso quel
figlio…degenere! Ma la risposta del ragazzo, coraggiosa, sofferta e
imprevedibile è… ”I WANNA ROCK!!”
E una plettrata ben assestata alla sua sei
corde fa sì che il riverbero elettrico spinga direttamente fuori dalla finestra
l’adulto che finisce a terra completamente sorpreso, coperto dai detriti e
umiliato dalla moglie che gli versa in testa un catino d’acqua…
Nel frattempo il
ragazzo comincia a girare vorticosamente su se stesso fino a cambiare forma e
diventare…Dee Snider!! Il frontman della Sorella Svitata porta subito lo
scompiglio in casa trasformando il resto dei componenti della tranquilla
famigliola medio-borghese negli altri membri della band. Il padre despota,
rientrato nell’abitazione, viene preso a porte in faccia e ricacciato di nuovo
giù dalla finestra mentre il figlio, a quel punto libero, si ritroverà
direttamente in prima fila in un live infuocato della band.
Questo videoclip di “We’re not
gonna take it” fa il paio con l’altro celebre video che venne girato per il
secondo singolo estratto dall’album in oggetto, “Stay Hungry”, e cioè “I Wanna Rock”,
che ne ricalca lo schema, utilizzando per la parte del “cattivo” perfino lo
stesso attore, ma spostando l’ambientazione nell’aula di una scuola.
La scuola
fu uno dei temi ricorrenti nelle liriche del gruppo, tanto che nel disco
dell’anno successivo, dal titolo programmatico “Come out and play”, venne
inserita “Be chrool to your Scuel”: la canzone non era granchè ma sarà
ricordata negli anni per l’ennesimo video-scandalo, girato con il solito
stile molto ironico, ma anche molto esplicito, in cui gli scolari, dallo
sguardo vacuo perchè annoiati all’inverosimile durante la lezione, diventeranno poco
dopo, all'erompere della musica, degli zombie che imperverseranno nei corridoi del Liceo! Il video, che vedeva anche la partecipazione di Alice Cooper, venne addirittura bandito da MTV perchè considerato troppo offensivo (aridaje!)
Nella nostra Anteprima avevamo
già accennato all’importanza dei video musicali nell’estetica Glam per la
facilità con la quale questo strumento può veicolare determinati messaggi, e
quelli dei TS sono tra i più esemplificativi in merito.
Come tanti loro colleghi, anche la band newyorkese, per i testi di queste canzoni e per questi video, che esprimevano sicuramente
un grandissimo senso di ribellione ed anticonformismo, cadde sotto la scure
della Sig.ra Gore e del suo P.M.R.C. che l'accusò di incitare i giovani alla
violenza verso i genitori, tanto da venir inserita all’interno della black list dei “Filthy fifteen”,
costringendo con ciò il povero Dee a presenziare all’udienza della commissione
senatoriale sul Rock nel settembre ‘85.
Per spirito documentale e curiosità
personale, sono andato a vedermi l’intera audizione di Snider in Senato. Fa
davvero effetto vedere costretto da un’istituzione rappresentativa di uno Stato
democratico un libero artista rispondere al fuoco di fila di questi politicanti
laccati (tra cui spicca un agguerrito Al Gore che porse le domande più affilate
a Dee), doversi giustificare sui testi delle proprie canzoni, o, peggio,
esprimere cosa ne pensasse circa il comportamento da tenere da parte dei genitori nei
confronti della musica che ascoltavano i figli (sic!).
E’ un filmato comunque
istruttivo che fa emergere plasticamente la differenza di ragionamento e la
distanza che intercorreva tra i due mondi delle due parti in causa. “I nostri video vogliono
semplicemente essere dei cartoni animati con attori umani”, dovette
incredibilmente “difendersi” Snider. E per tutta risposta il senatore E.
Hollings (peraltro appartenente al Partito
democratico…) gli rispose: “Sono
semplicemente sporcizia scandalosa!”. Per dire il clima che si respirava
all’udienza nonché l’atteggiamento bipartisan della politica americana di
allora nel tentativo di censurare determinati contenuti…
La
“pericolosità” dei Twisted Sister risiede quindi non tanto nell’aver trattato i classici
temi “scabrosi e devianti” (cioè sesso e droga, i cui eccessi Snider, da
cristiano credente, non praticava e non aveva interessa a trattare) quanto nell’aver posto al centro dei loro video e dei loro testi quella conflittualità
tra genitori e figli e la critica verso il sistema educativo in generale che
l’establishment annotò e cercò di bloccare.
Tentativo ovviamente fallito:
l’album vendette solo negli States 3 mln di copie. La grande presenza scenica
del frontman, capace come pochi di aizzare il pubblico e creare uno spettacolo
dentro lo spettacolo, con la sua inconfondibile voce roca e potente al
contempo, spianò infatti la strada alla band che però, proprio sul più bello,
non seppe mai ripetersi qualitativamente negli anni successivi come riuscì in
“Stay hungry”, full lenght della consacrazione e al contempo dell’apice
artistico toccato da Snider&Co..
Dee Snider…piccola parentesi su
quest’uomo, che proprio quest’anno ha toccato i sessanta: è davvero un
personaggio unico e seminale per l’intero movimento Glam, a partire da un look in cui spiccava prima di tutto
quella massa di capelli biondi e ricci, (che a me ricordano quasi le fronde di
un salice piangente) che facevano da contorno a un viso del tutto particolare,
quasi “di gomma” da quanto riusciva a deformarlo e allungarlo, sempre
immortalato in pose molto accentuate, grottescamente espressioniste. La sua
chioma può far capire come, a causa di tipi come lui, il Glam venne anche
ribattezzato, in un’accezione derisoria, “hair” metal (appartenenza che
peraltro i TS rifiutarono sempre). Anche il suo trucco era unico, così marcato
sia nel rossetto che nell’azzurro intorno agli occhi, e immediatamente
riconoscibile per le due larghe strisce rosse sulle guance, una sorta di
simbolo tribale, e il neo finto sopra il labbro ridicolmente inquietante! Un’immagine
peraltro non del tutto omologabile ai principali gruppi glam losangeliani, in quanto meno
androgina e/o edonistica, più giocata sul grottesco e la presa in giro, oltrechè su un
approccio più stradaiolo, da periferia suburbana lower class.
Ma tornando al nostro disco: si presenta con una celebre copertina,
che dà già l’idea dell’originalità e dell’autoironia della band con il singer, appiattito in un angolo tra due
grigie mura (una casa fatiscente? una prigione?), in una
versione assimilabile più ad un troglodita, ad un uomo preistorico piuttosto
che a un rocker, il make-up di cui sopra in evidenza, con gli occhi spiritati, intento ad azzannare un osso
sanguinolento. L’imperativo, espresso dal titolo, di rimanere affamato campeggia
in un rosso sangue su sfondo grigio. E’ di fatto un’intimazione e l’omonima
opener track lo ribadisce con un ritmo elevato, che incita a scatenarci e ad
urlare a squarciagola il ritornello di facile presa.
Ma attenzione: se è vero che
l’album rimarrà negli annali del rock più per questa canzone e per i due singoli di cui abbiamo parlato prima, fondamentali maggiormente per i testi che
per le musiche, è altrettanto
assodato che questi sono forse gli episodi più semplici, punkettari e
probabilmente composti per fare da traino sul mercato e in sede live. Ma a mio
modo di vedere il bello dell’ascolto sta nei restanti brani: se
estrapoliamo la dolcissima ballad "The price" e l’ottima “Don’t let me down”, dal forte sentore NWOBHM e in cui i
due axemen, J.J. French e Eddie Ojeda, dimostrano di saperci fare anche
tecnicamente, alternandosi in assoli semplici ma di gusto; nei restanti brani,
dicevo, a prevalere è invece un mood
oscuro, a tratti sabbathiano, con
maggior enfasi posta sui ritmi lenti o medi. Ed è per questo che ascolterei ad libitum “Burn in hell”, dall’inizio
lento ed ossessivo che poi esplode in un refrain vorticoso con un ottimo A.J.
Pero (scomparso proprio quest’anno per un attacco cardiaco) dietro le pelli a
“dare il bianco”; o la complessa e oscura “Horror-Teria”, divisa in due parti,
quasi progressiva nel suo crescendo trascinante. E una certa vena doom la
ritroviamo anche nella penultima, evocativa “The beast” che rimanda ancora con
le sue sonorità alla copertina del disco, e nella conclusiva “S.M.F.”
(scopritelo da soli cosa sta a significare quest’acronimo…), dal testo che
racchiude tutta la ribellione della musica dei TS.
Ma, al di là delle etichette,
sempre poco appassionanti e veritiere, rimane il fatto indiscutibile che i Twisted
Sister furono nella loro apparente semplicità probabilmente la band che meglio
esemplificò l’atteggiamento glam, un modus
vivendi libertario e anticonformista, scanzonato ma serio e professionale
nello stesso tempo, inteso a dissacrare ed a rompere le catene delle regole
sociali riconosciute dagli States dell’era-Reagan.
E non erano concetti nascosti tra
le righe…
We’ve got the right to
choose and / there ain’t no way to lose it / This is our life, this is our
song! / We’ll fight the powers that be just / don’t pick our destiny ‘cause /
you don’t know us, you don’t belong! (da “We’re not gonna take it”)