Trentaquattresima puntata: “Thy Light” – “Suici.de.pression” (2007)
Con il presente capitolo apriamo un’altra significativa breccia metodologica nella nostra rassegna. Oggi parliamo di un'altra demo (eresia!), un format che in genere evitiamo nelle nostre trattazioni, solitamente consacrate al nobile medium del full-lenght. Ma il depressive black metal, come genere, si presta a questa trattazione un po’ disordinata, perché spesso è disordinato proprio il modo con cui sono costruite intere discografie: un mare di demo, EP, split in cui galleggia ogni tanto qualche album ufficiale.
Stando bene attenti a non farci fagocitare dal turbine delle misantropiche registrazioni in cassetta che circolano negli ambienti, ci siamo concessi le nostre dovute eccezioni: abbiamo così rispolverato le vecchie demo dei Manes, anche perché era l’unico materiale per cui la band poteva essere contemplata nella rassegna e considerata seminale per il genere (visto che i norvegesi avrebbero rilasciato il loro album di debutto sulla lunga distanza per poi virare presto verso altre sonorità). Abbiamo poi considerato la demo e l’EP degli Strid, che non hanno nemmeno fatto in tempo a pubblicare un full-lenght (ma come potevamo parlare di DBM senza citare gli Strid, considerati gli iniziatori del genere?). Non ce la siamo sentita, infine, di ignorare nemmeno i grandissimi Life is Pain, autori di una sola demo, ma irrinunciabile anch'essa.
Ed adesso eccoci ad esaminare questa demo del 2007 dei brasiliani “Thy Light”. A lavarci la coscienza è il fatto che si tratta di un prodotto bello sostanzioso (ben tre quarti d'ora di durata!) e positivamente considerato negli ambienti, tanto che cinque anni dopo sarebbe stato ristampato su CD. Ma a parte tutto questo, non ci sembrava il caso di escludere da una rassegna sul DBM un titolo come “Suici.de.pression”...
Dannati pregiudizi!...Depressive, demo, Brasile...debbo confessare che appropinquandomi al prodotto in questione sono stato vittima dei soliti preconcetti: ecco dunque che, aspettandomi la materia sonora più rancida, marcia, rozza, selvaggia e registrata male che vi potesse essere su questa terra, mi sono invece ritrovato innanzi ad una delle forme di DBM più raffinato, fluido, equilibrato ed elegante che mi sia capitato di ascoltare. Pensate ad un black metal melodico, ben orchestrato e meglio ancora suonato. L’incipit è “scioccante” da questo punto di vista: la strumentale “Suici.de.pression (Introduction to My End)” è una bella introduzione di pianoforte (quasi quattro minuti) dove una mano assai sciolta scorre agilmente lungo i tasti di avorio, non voglio dire con estro classicheggiante, ma quasi, e con interventi di tastiere a mimare avvolgenti carezze di archi.
Come se non bastasse, la traccia successiva “In My Last Mourning” entra a sua volta in punta di piedi con un lontano arpeggio di chitarra acustica. Il brano si permetterà anche una breve pausa, qualche suggestione meteorologica (del vento, della pioggia) per poi ripartire con un altro intenso giro di chitarra arpeggiata, ricordandomi non poco il passo indugiante di una “Pioggia...January Tunes” dei nostrani Novembre. Non si va evidentemente di fretta ed infatti dovranno trascorrere diversi altri minuti (il brano ne dura in tutto undici) affinché si possano palesare la chitarra elettrica, la batteria e finalmente la voce.
Il suono è stranamente carezzevole, i vari strumenti risulteranno ben amalgamati e l’impressione iniziale è quella di un ibrido fra black e gothic metal. Quello dei Thy Light è un suono archetipico, voglio dire, non hanno una personalità debordante ma nemmeno rimandano a nessuno in particolare: nel loro sound vi troviamo dentro reminiscenze burzumiane (la solennità delle percussioni, la reiterata ossessività delle chitarre), il pathos dei Bathory più meditativi, i Cradle of Filth degli interludi sinfonici, gli Arcturus delle partiture classiche e persino alcuni rimandi ai primi Anathema per la vocazione melodica dei brani, sia per quanto riguarda i momenti acustici che per quanto riguarda gli assoli. Un tratto stilistico da rimarcare, infatti, è l’abbondante impiego che si fa della chitarra solista, molto presente lungo lo svolgimento delle tracce: assoli che stupiscono per pulizia, fluidità ed eleganza.
Ad agevolare la componente melodica è l’andamento pacato dei brani, trasportati sistematicamente da sconsolati quattro quarti: una sezione ritmica che, nel suo fare dimesso, va a valorizzare gli intrecci fra chitarre e tastiere. Lo screaming è estremamente sofferto ed ispirato ma armonico anch'esso, nel senso che si immerge con grazia nel maelstrom sonoro, contrariamente ad altre realtà del DBM dove il cantato procede in modo del tutto indipendente rispetto alle trame strumentali. Di tipico del DBM, invece, ci sono i testi, brevi, essenziali e che toccano i consueti temi della insignificanza della vita e della volontà/necessità di morire.
La palma di miglior episodio va alla conclusiva “....And I Finally Reach My End”, una suite di 13 minuti che riprende le atmosfere dell’intro per espanderle in una vera sinfonia del dolore: dopo un incipit di chitarra arpeggiata, il brano si avvia con passo quasi pinkfloydiano, dove chitarre ritmiche, chitarre soliste e avvolgenti tappeti di tastiere vanno a comporre una matassa iridata di atmosfere fra il funereo e il sognante. A colpire più di ogni altra cosa è lo scontro-incontro fra la tensione crescente data dalla parte strumentale e l’efferatezza delle raggelanti urla che vi si stagliano sopra: un lamento senza possibilità di ristoro che non recita versi (il brano non ha un testo), ma che deve essere inteso solo come “grida di dolore ed odio”. L’operazione, del resto, è dedicata ad Everaldo Dolensi Junior, morto suicida all’età di 22 anni.
Vale la pena a questo punto ricordare che, a parte la presenza nella line-up di tale Alex Witchfinder, responsabile della scrittura dei testi, i Thy Light sono da considerare la creatura del solo Paolo Bruno, autentico factotum che si occupa di tutto, dagli strumenti alla voce: cosa che stupisce ulteriormente se si considera il senso di compiutezza irradiato dal sound che invece sembrerebbe emanazione di un ensemble di musicisti.
Sempre con la stessa formazione nel 2013 sarebbe stato rilasciato “No Morrow Shall Dawn”, unico full-lengh ad oggi licenziato dal progetto. Nel 2017 Bruno si è poi trasferito a Glasgow, in Scozia, cosa che tuttavia non sembra aver interrotto il lento cammino dei Thy Light: i Nostri, infatti, si sono ripresentati nel 2021 con l’EP omonimo “Thy Light” e a partire dal 2022 hanno anche iniziato a mettere piede sul palco e muoversi in una vera e propria dimensione live grazie all’ausilio di un paio di session musician, cosa che farebbe sperare nell’avvio di una nuovo ciclo vitale per il progetto.
Chi vivrà vedrà (modo di dire che negli ambienti del suicidal black metal si dice porti male...).