Il concerto degli Ulver non è iniziato alle ore 9:01pm di mercoledì 15 novembre 2017.
No, il concerto dei Lupi è iniziato molto, molto tempo prima…
"Il lungo concerto degli
Ulver"
(Da "Diari di un pazzo")
Il “lungo concerto” degli
Ulver forse ebbe inizio quasi dieci anni fa, con la data del 19 febbraio del 2010 al Teatro Rasi di Ravenna, a cui non presenziai. Fu in proposito di quell’evento che
lessi la prima recensione di un concerto degli Ulver, per questo fui molto
interessato alla lettura.
Di fatto era solo dall'anno
precedente che i norvegesi avevano deciso di intraprendere l'attività
concertistica, prima resa impossibile dalla innata ritrosia di Krystoffer Rygg per la vita da tour.
Conservo immagini confuse di
quel live-report: un pianoforte a
coda e dei laptop (i Nostri all'epoca
portavano sul palco il bellissimo "Shadows of the Sun"). Ma conservo anche il ricordo di una esibizione non
proprio eccelsa, minata comprensibilmente dalla scarsa esperienza on stage della band.
Il "lungo concerto” degli
Ulver è poi proseguito nel corso degli anni con esibizioni sempre diverse a
seconda delle vesti stilistiche indossate: un tracciato che ho giocoforza dovuto
seguire da lontano attraverso le parole (in rete) di chi di volta in volta vi
ha presenziato.
Parole tiepide, a dire la
verità, perché pare che questi Lupi
non abbiano mai convinto seriamente dal vivo (salvo che in occasione del tour di supporto a "Messe I.X-VI.X", dove però il
carattere multimediale dell'evento aveva influito significativamente sulla resa
finale dello spettacolo). Concerti brevi,
quelli degli Ulver, con scalette
risicate e tarate sul materiale di volta in volta rilasciato. Zero classici. E poi lunghe fasi improvvisate
a diluire il discorso in un contesto di suoni non sempre a fuoco. Della voce di
Rygg non è dato sapere, non si capisce se per pietosa cortesia del recensore di
turno, o perché elemento poco rilevante di per sé, visto che in molte
circostanze il Nostro ha preferito sostare dietro i famosi laptop o darsi alle percussioni, piuttosto che impugnare il
microfono e marchiare il pubblico con il suo carisma vocale.
Questo però non è stato il
caso dell'ultimo tour, quello
chiamato a supportare "The Assassination of Julius Caesar", lavoro che presenta ben otto brani
cantati, in netta controtendenza rispetto agli album di ispirazione in
prevalenza strumentale rilasciati nel nuovo millennio. Anche in questa
circostanza le reazioni non sono state entusiastiche (mi riferisco in
particolare alla tappa italica nella suggestiva location del Labirinto della
Masone a Fontanellato, Parma), dato che la band si è limitata a rimescolare
l'ordine dei brani dell'album, buttando nel mezzo la strumentale "The Future Sound of Music" (dal
capolavoro "Perdition City").
Eppure tutto questo insieme di
cose non mi ha mai tolto il desiderio di vedere i miei amati Ulver dal vivo. E
quando si parla di una band che segui dal ‘95, l'evento si tinge
inevitabilmente di forti connotazioni esistenziali. Un po' come per i Paradise Lost, che conobbi nel '93 e
che ho avuto modo di vedere dal vivo solo di recente. Con la differenza però
che della formazione di Halifax avevo praticamente perso le tracce fin dalla
fine degli anni novanta, mentre Rygg e soci non li ho mai abbandonati.
Dal momento in cui, diversi
mesi fa, appresi del loro concerto di Londra,
per me la data del 15 novembre ha assunto connotazioni simboliche di una certa
pregnanza, fino a divenire una sorta di spartiacque della mia vita recente: c'è da cercare un nuovo lavoro perché il
contratto scade? C'è da cercare una nuova sistemazione perché i coinquilini
rompono il cazzo? Tutto rimandato a dopo il 15 novembre!
Ma in un batter d'occhio
questo giorno fatale da lontano si è fatto vicino. Il conto alla rovescia nella
testa si è intensificato fino a raggiungere picchi di fastidio importante
nell'ultima settimana. Il controllo del sito internet del locale si è fatto
quotidiano, forse per avere la certezza che l'evento non venisse cancellato all’ultimo
minuto. Il problema biglietti invece non sussisteva: li avevo comprati qualche
mese prima (cosa che in pratica non faccio mai...). Poi qualche giorno fa,
insoddisfatto delle poche notizie presenti sul sito del locale (chi sarebbe stata la spalla?, per
esempio), sono andato su quello ufficiale dei Lupi, scoprendo che i Nostri hanno rilasciato (o stanno per
rilasciare) un EP di prossima uscita, "Sic Transit Gloria Mundi": tre brani, di cui due
"scarti" dell'ultimo album, che in realtà ho trovato molto belli, ed
una cover, "The Power of Love" dei Frankie
Goes to Hollywood (una scelta, un
programma).
Dietro al mixer è stato confermato il grande Martin “Youth” Glover a certificare la forte convinzione della band
nel voler proseguire sul tracciato delle sonorità del lavoro precedente. Come
se i Nostri avessero trovato la loro dimensione ideale fra avanguardia e pop (la
chiamano Intelligent Dance Music), dando in pasto agli intellettualoidi
quello che sotto sotto cercano: musica
orecchiabile condita da un po' di seghe mentali.
Poiché il missaggio era
avvenuto nei giorni precedenti proprio qui a Londra, mi spiego il motivo per
cui questo breve tour novembrino
sarebbe partito proprio dalla capitale inglese. Chissà, ho pensato, magari
gli Ulver sono già in città, magari quel tipo con la barba che fa finta di
non conoscermi è Kristoffer Rygg. Perché
mi evita? Forse non mi vuole dire
qualcosa di spiacevole? Che il
concerto è saltato per un maldigola?
Gli ultimi giorni sono stati
così un crescendo hitchcockiano di sospetti, paranoia e circospezione. Come mai la metropolitana è più affollata
del solito? E quello che vuole? Perché mi guarda? E perché il barbone rovista
proprio in quel bidone? Starà cercando i biglietti per gli Ulver?
Fino al fatidico Ulver
day, che si è aperto all'insegna di foschi incubi del primo mattino:
ero al concerto, e c'era pure mio cugino, che fra l'altro mi confidava
l'indiscrezione che la sera i Nostri avrebbero suonato non l'ultimo album,
bensì una sorta di best of
rimaneggiato sulla falsa riga di "ATGCLVLSSCAP"
(cazzo! Avrebbero riproposto
sicuramente "Nowhere/Catastrophe"!).
Insomma, tutte buone notizie, salvo il fatto che nel sogno c'era qualcosa che
non andava: mi scappava molto da pisciare e non riuscivo a trovare il cesso,
finendo così per perdermi in un labirinto di corridoi ed anfratti come in un
racconto angoscioso di Kafka.
Mi sveglio ed ovviamente mi
scappa da pisciare. Capisco subito che l'Ulver day sarebbe stato più difficile
del previsto. Lo capisco quando mi metto le mutande e sento che mi stanno
strette: no, non posso assistere ad un
concerto degli Ulver con questo fastidio! Me ne provo un altro paio ma la
sensazione è la stessa. Quindi le cose son due: o nella notte mi è cresciuto il cazzo o sono in preda al delirio!
Mi torna in mente quel mio
amico che il giorno della finale di Champions
League era così preoccupato per la sua squadra del cuore, che si vide
costretto, lui manager aziendale, ad uscire prima da lavoro, impossibilitato a
trovare la giusta concentrazione. Io vedo invece il lavoro come una
benedizione, perché quelle otto ore monotone e ripetitive mi serviranno per
distrarmi. Del resto mancano ancora
dodici ore!
Ma non sarà una passeggiata:
sono diffidente, facilmente irritabile, ogni cosa mi inquieta. Per esempio: il
collega più sbadato ed inaffidabile mi chiede in prestito il cavo per
ricaricare il cellulare. Glielo presto, perché non sono uno stronzo, ma a che
prezzo: le paure più irrazionali mi assalgono (e se si scorda di restituirmelo? Come faccio a ricaricare il mio cellulare? E se mi si spegne come faccio ad esibire la mia prenotazione che mi è
stata confermata via e-mail??).
La giornata scorre così, alla
ricerca di segni premonitori, fra lo sconforto e l’esaltazione, fino a quando mi dovrò convincere che è una fottuta giornata come le altre.
Vivo l'ultima ora in una stato
simile al dormiveglia, guidato da automatismi interiori. Purtroppo conosco la
strada: mi recai all'Islington Assembly
Hall circa un anno fa per assistere ad un concerto degli Swans. Già sold out da mesi, mi presentai senza biglietto, sperando nel
miracolo dell'ultimo minuto, che però non si verificò: rimbalzai miseramente.
Per questa è una strada
maledetta quella che percorro. Ma i piedi mi portano avanti e giungo alla fila
dei fan degli Ulver: poca gente tutto
sommato, e nemmeno bella, ma finalmente potrò scoprire chi cazzo è che ascolta
gli Ulver!