Cosa sappiamo dell'Uganda?
In agenzia di viaggi due suore africane si presentano per parlare col
titolare, Carlo Verdone, in “Stasera a casa di Alice”
“Noi avere grave
rimostrassione da fare: vostra agensia no buona agensia”
“E perché nostra no
buona agenzia?”
“Noi venuti da Uganda
per incontrare Papa, ma Papa oggi non c'è”
“eeeeh , e dove Papa?”
“Uganda...”
Uganda, paese quasi
completamente cristianizzato, una media di 8 figli a famiglia, che
però pare sia riuscito a minimizzare l'incidenza di HIV grazie ai
consigli vincenti di un programma di prevenzione sanitario chiamato
“ABC”, cioè Abstience – Be faithful – Condom, che tradotto
significa: Basta trombare! Ok, solo con tua moglie però...E va
bene brutto sudicio, ma almeno mettiti il preservativo!
Ora, in Uganda danno
retta, in Nigeria hai voglia ad ammonirli, come parlare al muro. Però, mentre in Nigeria non trovano il tempo di fare cose
costruttive tipo suonare metal, impegnati evidentemente in altre
attività, in Uganda, dovendo passare le serata anche in maniera
alternativa, un po' di scena metal è nata.
I Threatening sono una
band multirazziale, dal suono maideniano, come ci si attende anche
dalla scelta dei caratteri per il logo. I nostri si presentano come
“East Africa's Platinum Rock Band”, “Africa's first
international rock act”.... quindi la punta di diamante del metal
africano. Hanno una strategia commerciale ben collaudata per
consolidare questo loro status. Iniziano con un singolo
(strumentale), come a far capire al pubblico che non sono lì a
buttarsi via per un po' di notorietà, una canzone basta ed avanza per essere al vertice della scena. L'Observer gli dedica un trafiletto,
sentenziando che Finalmente l'attesa per la nascita di una scena
rock in Uganda è finita! Segue un altro singolo, tratto
dal fantomatico lp “Pain” che per il resto ancora dovevano
registrare, e poi l'annuncio di un nuovo singolo ("The Ritual") , poi
un altro ("Princess of the Night"), poi ancora un altro. Ma qui il
colpo di genio...di questi si trovano le copertine, il resto non
risulta da nessuna parte.
Un vero peccato, perché
in effetti promettenti lo erano, almeno i singoli che esistono. Per
gli altri ci sono le copertine, un po' in stile Cradle of Filth, che
hanno il pregio, rispetto a questi – e qui secondo me sta
l'intuizione – di offrire le stesse suggestioni dei Cradle
evitandone però la musica.
I Vale of Amonition (il
luogo degli illuminati) sono il gruppo che non ti aspetti. Partono
con un demo, ma poi secondo le usanze ugandesi cominciano a
rilasciare singoli, un'antologia (che al massimo potrebbe contare su
10 brani, quelli fino ad allora incisi, ma loro scelgono di fare
un'antologia di tre brani, di cui due inediti! - quindi due brani
neanche sono usciti in forma di demo, e già sono antologici...); dopo
di che approdano ad un lp, nel 2013 (quasi tutti pezzi già
realizzati), e nello stesso anno non sanno resistere e sfornano una
compilation. Un delirio discografico insomma. Ma la musica com'è? Allora, partono come un
gruppo satanico, con testi trascurabili, ma una proposta musicale troppo
delirante per non essere presa seriamente. Sembrano una sorta di
Abruptum del doom. Si definiscono prog-doom. Ricordano anche i Goblin
di Profondo Rosso per alcune distorsioni e parti jazzate. Del doom
hanno il senso del “rallentamento”: non lentezza in sé, proprio
rallentamento, che è la cifra del vero doom. Non si tratta però di
doom funereo, piuttosto di quello che utilizza molto anche i “vuoti”
sonori, le dissonanze, l'ibridazione dei timbri e degli spunti. La
struttura prog è messa al servizio di testi che illustrano storie,
per esempio il mondo dell'Antico Egitto, coi suoi segreti e i suoi
riti, che hanno fatto la fortuna di gente come i Nile o il mago
Anubi. I 12 minuti di “Egypt after the chasm” sono
esemplificativi della musica dei Vale, che dichiaratamente hanno i
loro punti di riferimento metallici nel doom dai Candlemass ai My
Dying Bride, nel prog metal alla Mercyful Fate. Però siamo alle
solite con l'Africa: non sono malinconici e lamentosi, ma positivi.
Infatti “epic doom” si definiscono anche. In qualche modo i Nostri cercando anche di fare, come si dice, un certo discorso:
sembrano alla ricerca di un filo comune tra satanismo, tribalismo ed esoterismo. Un segreto sommerso alla radice della tribalità: “Tribes
of the undeground”. Ma se già questo tentativo è ardito,
raggiunge decisamente il delirio quando si approda a tematiche
sociali come l'omosessualità, in cui i Vale invocano una corretta
interpretazione della religione, e non una sua distorsione in chiave
omofoba. Satanico-tribalisti che si fanno alfieri dell'ortodossia
cristiana.
Musicalmente parlando
però, il brano “Dont' tread on me” sul tema dell'omofobia sembra
invece raggiungere un buon punto d'incontro tra ritmo tribale,
rallentamento doom e chitarrismo metal. Alla fine, una della realtà
del metal africano tra le più curiose, e magari anche iniziatori di
una soluzione musicale “afro-metal” davvero interessante.
In conclusione, ci
eravamo addentrati in Uganda con poche speranze, e in effetti abbiamo
trovato solo due gruppi, che però bastano e avanzano.
E mi raccomando, al di là del metal tenetevi stretto il trittico ABC del Ministero della Salute Ugandese.
E mi raccomando, al di là del metal tenetevi stretto il trittico ABC del Ministero della Salute Ugandese.