Stoccolma VS Goteborg. Est contro
ovest. Death contro melo-death. Spesso il sensazionale fenomeno dello swedish
death metal viene ridotto a una differenza di stile e approccio delle band appartenenti alle due città
più grandi della Svezia.
La realtà della scena death
svedese in realtà è stata molto più complessa. E a breve, sulle "pagine" di Metal
Mirror ne avrete un quadro esaustivo, con una completa retrospettiva che la
coprirà dalla genesi fino al suo zenit.
Chi conosce a fondo il movimento
death svedese, appunto, sa che esso ha avuto fondamentali diramazioni anche in
tantissime altre città, cittadine e persino piccoli paesi della Svezia. Solo per rimanere
nella zona orientale del paese, quella della capitale, ne possiamo citare
almeno cinque: Uppsala, Nykoping, Fagersta, Eskilstuna. E Vasteras. Da quest’ultima provenivano i
Miscreant.
Uscito nel 1994,
“Dreaming Ice”, debut e unico full lenght della loro carriera, sembrava avere tutto per sfondare e offrire un futuro radioso ai 5
kids di Vasteras: titolo suggestivo, copertina affascinante, ottima tecnica di
base, un cantante non fenomenale ma molto versatile come Johnny Wranning. E, elemento fondamentale, l’appoggio di
un’etichetta, la Wrong Again Rec.,
che seppur nata da pochissimo, vantava un rooster di formazioni svedesi
notevolissime e dal potenziale enorme (tra gli altri, Eucharist, i primi In
Flames e gli Spiritual Beggars di Michael Amott).
Io conobbi i Miscreant come al
solito tramite Metal Hammer che a questo “Dreaming Ice” dava il massimo dei
voti. E siccome all’epoca fagocitavo ogni uscita di death svedese, pensavo di
andare in contro all’ennesimo disco da consumare nel lettore cd.
Si sentiva subito, alla prima
passata: i Miscreant non erano uguali a nessuno dei gruppi che stavano
emergendo dal calderone death svedese. Ma erano…diciamo così…un po’ di tutto. E
di tutti, un po’. Senza scopiazzature beninteso. Ma, come abbiamo già espresso
nella nostra illuminante anteprima, tali da farti dire senza ombra di dubbio:
questi qua sono legnosi!
Il dischetto lo consumai comunque,
quello sì. Cercavo di auto-convicermi di essere di fronte a un cazzo di
capolavoro. Di farmi stregare a prescindere dall’elaboratissimo sound dei
Nostri. E di poter inserire i Miscreant nel novero delle top band del genere
(del resto avevo appena speso il mio budget mensile per i CD per comprarmi
“Dreaming Ice”!!).
E invece no. Dalle prime note di
“Ashes” qualcosa non mi ha convinto. Ero pervaso da una strisciante sensazione di
tedio. Di legnosità, appunto. Eppure il
songwriting dei Miscreant è, sulla “carta”, tutto fuorchè legnoso: miriadi di
cambi di tempo, parti tiratissime e momenti cadenzati, aperture melodiche e
struggenti arpeggi in clean. Basta così? Nient'affatto: contrappunti di tastiera (ad
opera dell’ottimo bassista Magnus Ek), strani tribalismi percussionistici
(“Naked”) fino a piacevoli reminiscenze celticfrostiane. Il tutto filtrato
attraverso una propensione, e un modus operandi, tipicamente progressive. E poi
Wranning che passava quasi senza soluzione di continuità da un growl cavernoso
a strilli acutissimi fino a pulite
recitazioni.
Ma forse è proprio questo il
punto: troppa carne al fuoco. E
troppa dispersività. L’album, che sfiora i 55’, lascia disorientati. Ed
estenuati. E, diciamolo, qualche sbadiglio non può non scappare. Sensazioni finali
tipiche di una band legnosa. Almeno i Dismember (altro gruppo death svedese che
potrebbe star tranquillamente dentro la nostra Rubrica) all’epoca sfornavano dischi di
poco oltre la mezz’ora…
Sarà che nei momenti di maggior
ispirazione, dove davvero il sound dei Miscreant riesce a “bucare” testa, cuore e
pancia dell’ascoltatore, il brano di turno giustappone senza un senso una parte
legnosissima. Vedasi tracks
come “Forever not to be”, “Inside the sadness – part II” o la conclusiva,
bellissima, “Without grace”. In ognuna di queste ci sono momenti di
meraviglioso e originale melo-death, infiacchito e rovinato subito dopo da
canoniche partiture death che non c'azzeccano ‘na mazza. Andando a
rovinare quanto di buono fatto pochi secondi prima.
Rimane l’amaro in bocca di non
aver avuto un seguito per "Dreaming Ice". Un secondo album che, probabilmente, potendo contare sulla maggiore esperienza, gli
sarebbe stato superiore e avrebbe potuto evidenziare una proposta più centrata, e quindi più fruibile. I Miscreant scomparsero nel
nulla. Del talentuoso Peter Kim, chitarrista e principale compositore, si persero le tracce. Wranning passò ai vichinghi
Manegarm (limitandosi però a cantare solamente su un loro demo). E gli altri
tentarono maggior fortuna saltando sul carro della rinascita power fondando gli
scialbi Axenstar…aggiungendo di fatto legno ad altro legno...
Del resto siamo pur sempre in Svezia...patria dell'Ikea...
A cura di Morningrise