L’Arabia Saudita è una di quelle nazioni a me ancora
incomprensibili. Ricca di risorse, ma fautrice di un regime che
applica la legge coranica in maniera severa; aperta alle presenze
straniere e all'immigrazione a scopo lavorativo, è però l'ultimo
paese al mondo per limiti religiosi alla libertà d'espressione.
Neanche in termini di
metal la situazione è chiarissima. Secondo gli Al-Namrood, che
abbiamo menzionato a proposito di anti-islamic black metal, essere
dichiaratamente anti-religiosi implica la clandestinità, ma ciò non
si estende evidentemente al resto del metal. Il punto è che il metal
non necessariamente si scaglia contro i dettami
religiosi. Il corano vieta forse di parlare di “emorragia
cerebrale”, o di “imbalsamazione dei decapitati”? Non si può
mangiare il maiale né mettere in dubbio Allah, ma disquisire sul
tema del “divorare cadaveri” (senza prendere posizione, a puro
titolo speculativo) sarà offensivo verso l’Islam?
Il nome Al-Namrod è come
dire “Erode”, un re che avversava l'avvento di Abramo e del
monoteismo che egli avrebbe diffuso, e gli si contrapponeva come
alfiere della non-verità terrena.
Fatto sta che mentre gli Al-Namrood tengono nascosta la loro identità, altri musicisti si mostrano apertamente, come un nostro nuovo idolo: Emad Mujalled, noto in zona come La bestia del Medio Oriente, frontman degli Wasted Land. Qui in Arabia capita che la polizia faccia retate ai concerti e punisca con frustate chi si esibisce, come è capitato ai nostri, che però non per questo desistono dal proporre la loro musica. Un metal classico alla Iron Maiden, almeno fin che non entra la voce...a quel punto si trasformano negli In Flames prima maniera. Qui i generi più gettonati sono il melodic death (Immortal Pain, Breeze of the Dying), il thrash classico (Takatak, Octum) e, che non manca mai, il death brutal (Deathless Anguish).
Il dramma, al di là
dello squallore di impedire esibizioni musicali, secondo me è che le
autorità accomunano in un calderone unico ogni attitudine
“occidentale” o comunque non conforme ai dettami dell'Islam,
anche perché non credo che possano comprendere di cosa si parla nei
testi. O ti tradisci col nome, o ti stampi col ferro rovente una
croce sulla fronte alla Benton, oppure tutto passa sottotraccia. Il
gargarismo dei Flesh Laceration non è blasfemo e se fatto col
colluttorio aiuta anche l’igiene dentale. I Mephisophilus saranno
forse blasfermi, ma trovo geniale come cavillo il nome satanico
alterato, che li pone al riparo da qualsivoglia accusa formale di
satanismo (toglierei anche le croci rovesciate a questo punto, come
furbata definitiva).
I titoli apocalittici dei
Deathless Anguish potrebbero destare scalpore, ma chi ha detto che
non si riferiscano agli occidentali da abbattere ("The end of it all", "Catastrophe"), o alla dissolutezza dei costumi degli infedeli
("Inauguration to dissolution", "Failure of mankind", "Abdication to
nihility")? In effetti titoli come “Massacro rivoluzionario”, o
“massacro purificatore” potrebbero far riferimento alla guerra
santa. Comunque, si tratta di un gruppo che ha una sua poetica ben
definita, catastrofismo cosmico e metafisico, un classico del filone
death. In questo caso, un death alla Obituary con sfumature
thrasheggianti e sconfinamenti brutal. Oppure, diamo per buono che
ciascuno sogni l'apocalisse della propria società, e che quindi la
cifra comune del death sia rappresentata da una distopia morale con
il contesto in cui si vive. Questa può prendere la via della critica
alla religione, al consumismo, oppure della stessa esistenza, la
distopia cosmica espressa dal culto dei Grandi Antichi. E anche i
monoteismi, in una concezione così intransigente e integralista,
finiscono per essere distopici rispetto al mondo: l'ossessione per
l'impurità, l'apostasia e l'integrità finiscono per generare niente
altro che una furia iconoclasta e fantasie di olocausto.
I Deathless Anguish,
nell'intervista a una testata di Ryhad si lamentano un po' perché la
Società artistica Saudita non li caga molto, e pretenderebbero un
riconoscimento ufficiale come realtà musicale. Il Ministero della
Cultura infatti proibisce la vendita dei loro cd e la “Commissione
per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio” mette il
veto ai loro concerti. Loro si consolano e pubblicano in Polonia, ed
infatti esiste una radio Polacca che dedica al metal Saudita una
intera rassegna disponibile su youtube.
Musicalmente parlando,
l'arabicità alla fine è presente proprio nel gruppo più
anti-sistema, gli Al-Namrood, anche se riferita alla tradizione
pre-islamica. La cosa interessante è che un video del gruppo
rappresenta la contrapposizione tra la religione governativa e
quella spirituale (mistica), individuale. Così, non è tanto
l'ateismo in sé a essere presentato come nemico dell'islam, ma il
pensiero individuale. Si vede un ricco sceicco che consuma vari
piaceri, tra cui quello di assistere alla decapitazione di quelli che
sembrano mistici o artisti. Allo stesso tempo lo sceicco si abbandona
a godimenti carnali cono una certa soddisfazione. Che cos'è la
religione se non spiritualità istituzionale, e quindi trasformata in
una anti-spiritualità individuale? A che cosa può essere
funzionale l'istituzionalizzazione di qualsivoglia forma di pensiero,
se non all'esercizio di un potere ai fini di un accumulo di beni e
godimenti da parte di una classe eletta? Fino a che esisterà una
classe di soggetti più deboli, e soprattutto di soggetti che hanno
bisogno di sapere se sono nel giusto, la religione istituzionale avrà
presa, e con essa la distinzione tra schiavi e padroni. Allo stesso
tempo lo sceicco si abbandona a godimenti carnali cono una certa
soddisfazione: come peculiarità del monoteismo islamico, c'è una
consumazione dei piaceri terreni, sottraendoli con l'inganno alla
massa per concentrarli nelle mani del ricco, mentre altri vanno al
macello in nome di una carnalità trascendente (il paradiso carnale).
Tutto questo dietro gli
Al-Namrood? Forse sì. Sicuramente il metal, da queste parti, è uno
dei movimenti culturali in cui trova sfogo la necessità di esprimere
l'individualità. Un tipo scrive, scherzando, che la musica death
metal sembra quello che forse ascoltano le truppe dell'Isis prima di
iniziare un massacro. Ebbene, passi la battuta, ma la verità è
esattamente l'opposto. Il metal suona come la musica di chi non
sopporta l'orrore istituzionale, organizzato, consacrato da una
verità che schiaccia l'individuo. La truffa monoteistica, al centro
dell'attacco del pensiero black metal, qui assume dei connotati
particolari: il dio unico è un furbo predone (di vita), anziché
essere un padre sadico o un ricattatore morale come nelle altre
teologie.
Forse è di questa
apocalisse sociale e morale che parlavano gli stessi Deathless
Anguish, l'apocalisse di una cultura che cerca la verità da imporre,
da rivelare, e dalla tragica inconsapevolezza degli individui
spiritualmente persi che chiedono al loro sovrano se li preferisce
schiavi, mummie, o complici da tradire.
A cura del Dottore
(vedi il resto della Rassegna)