Il black metal è
scontatamente anti-islamico, sta di fatto che non sbraita contro
religioni minoritarie, ancorché prepotenti in quanto monoteistiche.
Il black metal anti-islamico è quindi prerogativa di artisti “islam-based”, ovvero originari e operanti in territori di religione ufficiale islamica, o in alternativa ad appartenenti a comunità di immigrati a prevalenza islamica. Tagliamo quindi fuori tutti quei gruppi che trattano di miti e tradizioni arabe ma senza una esplicita posizione anti-islamica; e anche sfuriate anti-islamiche estemporanee da parte di gruppi occidentali, di etnia a volte ignota, come i misteriosi Taghut, che scelgono come nome la parola “eretico” in arabo ma hanno nel logo due croci rovesciate, un 666, risultano di New York, uno potrebbe anche essere di discendenza italiana, ma si dilettano in finezze tipo “Eiaculate on the holy Quran”.
Il black metal anti-islamico è quindi prerogativa di artisti “islam-based”, ovvero originari e operanti in territori di religione ufficiale islamica, o in alternativa ad appartenenti a comunità di immigrati a prevalenza islamica. Tagliamo quindi fuori tutti quei gruppi che trattano di miti e tradizioni arabe ma senza una esplicita posizione anti-islamica; e anche sfuriate anti-islamiche estemporanee da parte di gruppi occidentali, di etnia a volte ignota, come i misteriosi Taghut, che scelgono come nome la parola “eretico” in arabo ma hanno nel logo due croci rovesciate, un 666, risultano di New York, uno potrebbe anche essere di discendenza italiana, ma si dilettano in finezze tipo “Eiaculate on the holy Quran”.
Si possono mettere in fila alcuni nomi di supposta provenienza araba: Janaza e Seed of Iblis (Iraq), Halla (Iran), Tadnees (Arabia Saudita), Ayat (Libano), Al Namrood (“i non credenti”, Arabia Saudita), False Allah (Barhain), e i misteriosi e recentissimi Mother of the deceast (che propongono addirittura un brano in risposta alla strage di Charlie Hebdo).
La effettiva autenticità
di queste creature mediatiche è stata messa in dubbio sulla base
di alcuni dubbi fondati, ovvero l'impossibilità di fare propaganda
anti-islamica in territori sotto il controllo islamico, oltretutto
una forma di propaganda che non riguarda una fazione o il
fondamentalismo, ma i principi e la pratica della religione musulmana
in quanto tali.
A sostegno di questi dubbi il fatto che alcune foto dei membri dei Seed of Iblis, compresa quella della due donne-membro (perdonate il gioco di parole) sono in realtà fasulle. L'aura di mistero sconfina quindi con il sospetto che si tratti sì di black metal anti-islamico, ma forse non realmente operante nei paesi dichiarati.
Il sito della Legione Anti-Islamica si presenta come un circolo artistico-ideologico a cavallo tra Arabia Saudita, Libano e Iraq e Barhain da personaggi che ricorrono talvolta in più progetti (anche geograficamente diversi!). Nelle recensioni si commenta comunque che potrebbe essere un semplice espediente per mascherare le proprie identità senza produrre materiale identificabile, ma riciclando foto (capovolte orizzontalmente però) di altri.
A sostegno di questi dubbi il fatto che alcune foto dei membri dei Seed of Iblis, compresa quella della due donne-membro (perdonate il gioco di parole) sono in realtà fasulle. L'aura di mistero sconfina quindi con il sospetto che si tratti sì di black metal anti-islamico, ma forse non realmente operante nei paesi dichiarati.
Il sito della Legione Anti-Islamica si presenta come un circolo artistico-ideologico a cavallo tra Arabia Saudita, Libano e Iraq e Barhain da personaggi che ricorrono talvolta in più progetti (anche geograficamente diversi!). Nelle recensioni si commenta comunque che potrebbe essere un semplice espediente per mascherare le proprie identità senza produrre materiale identificabile, ma riciclando foto (capovolte orizzontalmente però) di altri.
Sul piano musicale, ci si
aspetterebbe di trovare esotismi sonori di folk orientale,
“arabeschi” su fondo black e testi in arabo. Almeno così,
sperando in un elemento caratterizzante in più.
Alcuni di questi prodotti
sono veramente di bassa qualità sonora, e potrebbero benissimo
essere nastri registrati dai vicini di casa in vena di denuncia per
disturbo della quiete condominiale. Altri sono dei brani di punk a-la
Impaled Nazarene (un membro degli Ayat è tale Mullah Sadogoat, tanto
per intenderci...), in cui il black è compatibile con la voce e poco
più, ma che potrebbero diventare dei discreti successi per l'Estate
in discoteca, come “Blaspheme Muhammad's Name”. Più ipnotica ma
potenzialmente danzereccia anche la prima parte di “No Islam”
dei Seed of Iblis. Non male invece la cura per alcuni dei logo e le
copertine, ricordiamo il fungo atomico sulla Mecca o un Eros messo in
Croce.
Sono i Seed of Iblis gli
unici che si elevano sopra la media, e che hanno appunto quegli
elementi di cui accennavamo sopra a renderli distinguibili. Intanto
nenie da moschea, linee di piffero arabo e di piano dal sapore
folkloristico. Discreti tappeti di black, che alternano blast beat a
ritmi intermedi. Decisamente da ascoltare. Testi prevedibili e
essenziali, unica nota alcune citazione del Corano.
La presentazione
dell'Islam mette al centro l'elemento della costrizione, della
dogmaticità ottusa, ma introduce anche alcuni spunti sulla
persecuzione dei più deboli sotto copertura religiosa, e sul
terrorismo come inevitabile dimensione politica e propagandistica di
un monoteismo basato su menzogna, umiliazione dell'uomo e impurità
spirituale.
Una menzione alla
copertina degli Ayat (Six years of dormant hatred) che raffigura un
Cristo schiodato dalla croce in favore di un Eros maledetto da un o
sconvolto e barbuto Imam, con accanto un attonito maiale. Parrebbe di
capire che i nostri se la prendano con la mortificazione dell'uomo ad
opera di sporchi sacerdoti, che si contrappongono al maiale salvo poi
risultare ancor più mostruosi. Ottima sintesi, questo dipinto, di
anti-cristianesimo e anti-islamismo, di cui al momento ignoro la
paternità.
Mentre quindi il mondo
cerca di fronteggiare le cosiddette derive estremistiche tendendo una
mano all'Islam moderato, questi figuri ci danno la soddisfazione di
proporre una visione diversa, in cui la base del monoteismo è la
base dell'intolleranza e della violenza ideologica, oltre che la
scusa per i più bassi istinti di prevaricazione e di spoliazione
degli altri.
A cura del Dottore