Dopo il primo dittico e la pubblicazione di vecchi brani, “Covenant” segna una sterzata. Le contaminazioni annunciate con il disco precedente (flauti, piano) non prenderanno corpo; seguirà invece un disco involutivo, come altri di quel periodo, che farà “marcia indietro”: dalla sperimentazione melodica verso un death più diretto e brutale. Da un punto di vista lirico, permangono conati di teologia satanica, con l'aggiunta di un concetto interessante: quello del “Vuoto”, anticipatore di quel nichilismo e di quel pessimismo cosmico che in seguito diverranno centrali nel depressive black metal.
Il satanismo dei Morbid Angel non sembra
trovare mai una via affermativa, e rimane sul piano di una ribellione
distruttiva. Comunque un paio di slogan vincenti ce li regalano: “No
word left unburned”, ossia “Ogni verbo brucerà”, da
interpretare sempre secondo l'equazione tra verbo divino e bugia. E
“All but emptiness expelled”, ovvero “Tutto espulso
tranne il vuoto”, in cui la verità anticristiana è indicata
come un “vuoto” che prende il posto lasciato vacante dalle bugie
espulse dalla coscienza: l'autenticità che prende aria come un
polmone liberato dalla gabbia dell'illusione divina. In questo stesso
senso è da interpretare la “privazione” della vista dichiarata
di fronte agli dei come segno di consapevolezza (“Morte ai miei
occhi, cieco sarò vostro servitore”). Non male anche l'immagine
“Respinto dalla luce, il mio cuore pompa ghiaccio, così freddo
su questo mondo” (da "Sworn to the Black").
Purtroppo ai Morbid manca
la trascendenza, cioè quella fase di superamento della negazione: per questo non si troverà mai un accenno ai connotati dell'uomo nuovo,
o dell'uomo ritrovato, come nei Decide. I Morbid Angel rimangono semplicemente
“votati al nero” ("Sworn to the Black"), ma niente oltre questo.
L'unico buon tentativo concettuale che fanno in senso affermativo è
la tardiva sintesi del rifiuto satanico delle
verità: “Nel mio essere, niente è, niente diviene, e niente
non-esiste: nel tuo mondo, ogni cosa riporta a me” e
poi ancora “Nel mio essere io sono, io voglio, io creo:
nel tuo mondo, ogni cosa riporta a me”.
La vena creativa del
gruppo a mio avviso si è arenata con "Covenant", e la trovata maggiore
del corso successivo è quella di intitolare i dischi in ordine
alfabetico (siamo alla I e già si soffre non poco con “Illud
divinum insanus”, già dal titolo sgrammaticato). Una cosa è
certa: i Grandi Antichi si sono spallati, anche perché qui non
c'è rispetto. Prima sono chiamati a combattere una guerra non loro
contro gli angeli di Dio. Poi invocati perché vengano in
aiuto; infine si passa ai solleciti e all'agitazione gratuita: “Svegliatevi
fratelli nella vendetta, andiamo a travolgere il nemico, a illuminare
quelli che dormono”. Quindi gli Antichi sono svegliati dal loro
sacro sonno per andare a svegliare altri che dormono. Ma poi alla
fine se “Il nostro scopo massimo è il vostro riposo” - e
infatti questo sarebbe il culto rispettoso da tributare agli Antichi
– perché cazzo li dovete svegliare, oltretutto con arroganza!?
Ora è chiaro che così si rischia anche di confondere le acque: chi sono i buoni e chi i cattivi? L'ambiguità regna sovrana: da una parte si celebra il fatto che “i pagani hanno scelto una luce diversa, quella della visione attraverso gli occhi dell'anima”. Dall'altra li si addita con disprezzo: “I pagani, mi hanno combattuto con crociate e hanno perso, sono venuti a morire invano”. Infine, i testi prendono la linea dell'autoesaltazione e della millanteria, ci si dichiara “una cosa sola” con gli dei e addirittura si parla a loro nome, in prima persona, attribuendosi i loro connotati “Ageless still I am”.
Gli Antichi, non sapendo se a questo punto combattevano per Allah o Satana, e irritati da questa tracotanza, hanno abbandonato il campo. Assenti in “Domination” e in “Gateways to Annihilation”, in “Formulas Fatal to the Flesh” il solo Chthulhu è invocato a sproposito come “Chthulhu the most high” (ma quale alto, Chthulhu vive negli abissi!!). A questo punto rimangono solo gli dei Sumeri, e qui si raschia il fondo del barile: in un unico pezzo sono invocati Tiamat, Anunna, Amah-Ushumgal-Anna, Humbaba, Asag, Mummu e Mahummuhu. Confermato Belzebù coadiuvato dal Leviatano, e ci scappa anche un Centauro. Fa il suo misterioso ingresso una divinità femminile, nascosta sotto l'epiteto di “Lady of Splendour”.
Ma quando si dichiara che “Belzebù, signore delle mosche, per mano tua perirà Zamanu”, anche Satana ci deve aver ripensato: “E chi cazzo lo conosce? No, io contro i colleghi non mi ci metto!” (A quanto pare Zamanu si deve intendere come un'entità ostile.) Il caos è totale, maggiore di quello di cui sono capaci i Grandi Antichi.
Col penultimo disco,
“Heretic”, è rimasto solo un timido Absu. Infine
con “Illud Divinum Insanus” si millanta un'alleanza con
Satana/Baal, ma non è chiaro se lo abbiano informato. Le
invocazioni in sumero lasciano tragicamente il posto a frasi in
spagnolo e da espressioni latine prive di senso compiuto. L'unica
corretta è “Mea culpa”, e speriamo che l'accettino anche
i Grandi Antichi, per ispirare meglio i loro passi futuri.
A cura del Dottore