Si fa preso a dire
foresta. Innanzitutto, va ammesso che prima dell'avvento del black,
il metal era poco boschivo. L'epic metal faceva riferimento a foreste
mitiche, ma tolto questo il topos della foresta non era frequentato
molto. Oggi, su 170 gruppi che scelgono di includere “foresta”
nel proprio nome, 140 sono black, nelle sue varie declinazioni. La
foresta è un topos che attira tutti, da tutte le direzioni. Voglio
dire, suona naturale che una forest provenga dal repertorio di
tali Ferocia della Stregoneria Nera, e quasi scontato che
scrivano una forest talaltri Il coro dei corvi morti;
quasi obbligatorio che abbiano una forest gli Alberi Morti. E
con tutt'altra valenza, forse bucolica e ecologica vanno a parare
nella foresta Anti-society, per esempio.
Inoltre, la foresta è
per eccellenza quella nordica, e se non nordica, invernale. Solo per
tali Melkor la foresta è Dark Southern, per tutti gli altri è
quella lontana dall'equatore, e fredda anche in Estate.
La foresta del metal non
è quindi la pineta mediterranea: è buia, nera, è selva oscura,
“acromatica” (Mythanos). L'oscurità è attributo essenziale
perché si pongano tutti i principali significati collegati alla
foresta. La foresta vive di barriere che preludono ad aperture
sconfinate: barriera di tenebra dentro, e di ghiaccio e neve fuori.
Già, perché le stagioni della foresta che interessano sono Inverno
e Autunno. Con qualche eccezione che ci apre interessanti squarci
sulle foreste riscaldate dal sole d'Estate: i Cradle of Filth offrono
una suggestiva immagine della fine dell'Estate ("Summer dying fast") e
dei suoi alberi carichi di frutti non colti che cadono putrefatti,
mentre i rami sembrano crescere a vista d'occhio, in uno spasimo
frenetico e disperato di vita, prima che la scure del gelo porti via
le illusioni (the trees are growing restless, they feel the season
change / their fruit has putrified, forbidden once, now bound to
die).
Ci sono rare foreste “solari” (Haunt), o foreste dell'alba (Sabathon), ma sostanzialmente la luce rimane fuori e sopra la foresta. Quando vi entra, nelle radure, non si fonde con essa: Burzum descrive le radure luminose come una specie di trappole o luoghi di pena, in cui Dio colpisce sadicamente l'uomo bruciandone la pelle, e distraendolo da se stesso ("Hvys lyset tar oss"). Si salva la luce lunare, di per sé già fredda, e facilmente eclissabile ("When woods make graves").
Ci sono rare foreste “solari” (Haunt), o foreste dell'alba (Sabathon), ma sostanzialmente la luce rimane fuori e sopra la foresta. Quando vi entra, nelle radure, non si fonde con essa: Burzum descrive le radure luminose come una specie di trappole o luoghi di pena, in cui Dio colpisce sadicamente l'uomo bruciandone la pelle, e distraendolo da se stesso ("Hvys lyset tar oss"). Si salva la luce lunare, di per sé già fredda, e facilmente eclissabile ("When woods make graves").
La prima barriera della
foresta è poi la distanza: lontana, distante, dimenticata (i famosi
Forgotten Woods), perduta, in attesa da lungo tempo. Un luogo quasi
nascosto, o comunque “lontano” poiché luogo coperto separato dai
luoghi “scoperti” più rassicuranti.
Una vola entrati nella
foresta, con il beneplacito del guardiano che ci mettono gli Shadow
Wolf, ci si imbatte in una fauna variegata: lupi, tigri, orsi, corvi.
E non possono mancare, senza alcun nesso logico, le capre (Granatus),
che nel metal estremo sono piazzate un po' dappertutto, come le
pecore nel presepe. Gli abitanti umani della foresta sono anch'essi
di varia tipologia: eremiti, giganti che lanciano urla disperate
(Desperation), cannibali. La foresta quindi è tangeziale
all'umanità, è un luogo “in limine vitae” in vario modo:
l'isolamento dell'eremita, la disperazione che piega anche la potenza
fisica del gigante, e la vita che si nutre di altra vita. Si capisce
quindi come invece sia piena di elementi di morte, fino alla metafora
della foresta-sepolcro. Nella foresta sono collocati in maniera più
o meno verosimile obitori, funerali, tombe, anime, fantasmi, spiriti,
impiccati. In senso metafisico, la foresta è genericamente un luogo
“di caduti”, e i Murder Hill parlano di Foresta dell'Eterno Omicidio, e non mancano i Foresta del Suicidio come gruppo e
come brani.
La foresta stessa, oltre che da contenitore di morte, è essa stessa suolo morto: pietrificata, qualcuno si allunga anche nello specifico geologico (“di granito”), decaduta. Preparandosi e arrivando per tempo, anziché trovare questa morte assoluta e ormai impalpabile si possono invece reperire elementi mortuari, come teschi, corpi, carni smembrate, frattaglie varie, chiodi sporchi e insanguinati (Vardan), fino al punto che le ossa sparse per terra diventeranno le radici di una foresta (Blecanthra) e legno che diviene carne.
La foresta stessa, oltre che da contenitore di morte, è essa stessa suolo morto: pietrificata, qualcuno si allunga anche nello specifico geologico (“di granito”), decaduta. Preparandosi e arrivando per tempo, anziché trovare questa morte assoluta e ormai impalpabile si possono invece reperire elementi mortuari, come teschi, corpi, carni smembrate, frattaglie varie, chiodi sporchi e insanguinati (Vardan), fino al punto che le ossa sparse per terra diventeranno le radici di una foresta (Blecanthra) e legno che diviene carne.
Nessun buon auspicio,
quindi. Per i gruppi doom e depressive la foresta è il luogo isolato
dell'incomunicabilità del dolore, la via del non ritorno verso
l'annichilimento. Foreste dell'oblio, delle anime perdute, dei sogni
dimenticati, della disperazione, del dolore perpetuo, senza speranza,
dei pensieri mai nati....del niente (oh, ci voleva tanto, un premio
alla semplicità). E ancora, foreste dell'ignoranza, delle risposte
perdute, delle promesse rotte (premio della critica per i Dunnoc).
Personificando la foresta in questi termini, essa diviene malata,
sadica (!), misantropica, atroce.
Ricordiamo che, nella
cronaca nera legata al metal, almeno due episodi avvengono nella
foresta. Uno è l'omicidio di Sandro Beyer ad opera dei primi Absurd,
che fu appunto attirato in un bosco. Gli stessi Absurd descriveranno
l'evento in un loro brano, con un testo che fa trapelare una vena
amara. L'altra vicenda è quella delle Bestie di Satana, che nel
bosco di Somma Lombardo uccisero e seppellirono due giovani metallari
loro amici. La storia venne alla luce a seguito di un altro omicidio
nei boschi di Golasecca, sempre ad opera di membri delle Bestie.
La foresta sembra parlare
di questo suo ruolo negativo, di questa suo farsi carico del dolore
degli uomini. La voce della foresta è fatta di vento e di silenzio.
Gli Wrathful Plague immaginano venti amari e pungenti, e i Solus
concepiscono le ossimoriche “urla della foresta silenziosa”, così
come i Neige Noire i “suoni dalla foresta abbandonata”. Più
criptici i Frozen Scars che odono “suoni argentati”.
Per i meno pessimisti,
amanti della versione più fiabesca della foresta, essa è un luogo
sacro, forse perché coacervo di fenomeni naturali, scrigno di vita
selvatica. Per questo si è meritata una divinità dedicata
(Artemide/Diana, Pan o Cerunnos che sia), . Reclamano un posto nella
foresta divinità positive e negative, fate e streghe, si erigono
costruzioni di vario tipo, dagli altari alle templi, fino alle
speculazioni edilizie che vedono addirittura una cattedrale (tanto
inutile quanto la cattedrale nel deserto).
La foresta è un
richiamo. In essa risiede un polo di attrazione, che risucchia l'uomo
e inghiotte, per proiettarlo poi in genere in un immaginario e ideale
punto centrale della foresta. Dal centro l'uomo domina il territorio
circostante, di solito quindi diviene “re” della foresta, e va a
sedersi sul suo trono naturale, che lì lo attendeva, lo reclamava, addirittura (Algoma).
Il baricentro della
foresta è quindi un punto di comando, di controllo e di dominio, non
è ben chiaro se su stessi o sull'esterno, e rappresenta quindi un
punto di equilibrio in un sistema articolato tra chi siede al centro,
la fascia forestale che lo circonda, e la fascia esteriore che
corrisponde al mondo. In una specie di rapporto di esclusività che
ritorna eternamente, cosicché ciascun uomo, nel suo percorso
esistenziale, dovrà entrare “nella foresta dove nessuno ha mai
messo piede”...ancora vergine, per scoprire poi magari che l'ha
data a tutti.
Andare verso il bosco,
del resto, è una metafora della morte. Gli anziani montanari vanno a
morire nel bosco (così come i più giovani Forlorn), per esempio, in
una specie di ascensione alla vetta della vita, solitaria, brulla e
gelida come la morte.
In alcune popolazioni
africane invece, il bosco è il luogo in cui si risolvono i problemi.
Ad esempio una persona estromessa dalla comunità per qualche
crimine, o che ha subito qualche torto, si rifugia nel bosco e là
scompare per un po' di giorni, dopo di che torna indietro e compie
una strage di chi lo ha oltraggiato, ristabilendo così l'equilibrio,
con l'aiuto dell'ispirazione boschiva.
E, sulla scia di
quest'idea della foresta come culla di un male che cova per esplodere
all'esterno, essa diviene anche il quartier generale delle forze
pagane, da cui muoverà la riscossa, e da cui si ode già il respiro
della vendetta (Myrkvids Draumar).
Una volta entrati, che
cosa significa “essere” nella foresta? Prevalgono gli “stati
in luogo” deprimenti, come la foresta dell'inumana crocifissione,
dell'isolamento, e (premio della critica) la foresta della bocca
cucita (Lost Eden), nonostante qualcuno si azzardi a parlare di
foresta d'amore (Manipulated Slaves) o armonia (Hanestesia).
In conclusione, l'epic metal l'aveva in pugno, e l'ha incredibilmente trascurata. Ci hanno
messo la buona volontà i Rhapsody a ripopolarla di unicorni, ma non
è bastato. La pletora di gruppi depressive e black l'ha decisamente
infettata di negatività, peggio della Xylella per gli ulivi del
Salento. Triste è entrarvi, e a differenza di Dante la via d'uscita
non è un mistico viaggio verso la conoscenza, ma una triste
disillusione che può finire già dentro la foresta, o oltre la
foresta, quando l'uomo non trova quello che sperava, al termine del
viaggio. Questa tematica è la stessa di Fossati, di cui mi vengono
in mente due testi. Uno è "Lindbergh", quando dice “non sono che
l'anima di un pesce con le ali, volato via dal mare per annusare le
stelle; difficile non è nuotare contro la corrente, ma arrivare in
cielo, e non trovarci niente”. L'altro è la tristissima “La
volpe”, che appunto riporta al tema della foresta. L'ombra di una volpe in lontananza fa immaginare le cose più svariate, che ci
vengono a consolare del nostro dolore: un amico che viene a farci
visita, la nostra amata che ci ha ripensato.... e invece è soltanto
la volpe, che quando viene l'inverno si muove per tornare nella tana.
Si arrende al gelo.
In alcuni casi la foresta
è un passaggio, un tramite. Come la “selva oscura” dantesca, è
metafora di smarrimento, di errore, o di irrisoluzione esistenziale,
che va attraversata per approdare oltre. In questa terra di mezzo
possono esservi prove, pericoli ed enigmi da risolvere, che aprono vie
d'uscita una volta superati. Questo spiega perché gli uomini vadano
a cercarsi il buio della foresta, a rischio di perdersi, quando
devono trovare una soluzione per la propria vita. Entrano nel cuore
buio e fitto del problema, per trovare da dentro la soluzione, in una
sfida con la sorte. Oltre la foresta può
quindi esservi l'illuminazione, l'eldorado, la libertà, ma non è
scontato che sia così.
L'oltre può essere
immaginario, velleitario, mentre il destino umano si esaurisce dentro
la foresta, si realizza nella solitudine e nell'alienazione, magari
dignitosa per chi ha provato ad addentrarvisi e a trovare una
soluzione. I generi “pessimistici” del metal, dal doom al
depressive, vedono l'uomo sfidare la foresta per trovarvi infine il
proprio vero destino irrisolto e perduto, al centro di un groviglio e
di una tenebra che non lo restituirà alla vita, ma lo sequestrerà
per sempre. I Crucifix ammoniscono sul “peggior sogno oltre la
foresta”. D'altra parte, anche l'inquietante metafora dei
Perdergast forest, “gli intestini della foresta”, ci fanno
immaginare che alla fine di questo viaggio spirituale la foresta ci
defechi in qualche latrina esterna che sarà la nostra ultima tappa.
Per dirla con gli Ecksurcyst, “dove la foresta stessa non osa metter piede”...
A cura del Dottore
Per dirla con gli Ecksurcyst, “dove la foresta stessa non osa metter piede”...
A cura del Dottore